Welfare
Carlo Costalli: «Il populismo si batte coi corpi intermedi»
Intervista al presidente del Movimento Cristiano Lavoratori, in occasione della tre giorni (6-7-8 settembre) del Seminario Nazionale di Studi e Formazioni del Movimento che si apre oggi a Senigallia
di Redazione
“Dai diritti alla responsabilità — Un nuovo futuro per il Paese”. Non ha un titolo convenzionale il tradizionale appuntamento di Senigallia (6 -7- 8 settembre) del Movimento Cristiano Lavoratori. Un titolo fortemente provocatorio e sfidante. Come spiega il questa intervista il presidente di Mcl, Carlo Costalli.
Perché questa scelta?
Sì, è un tema provocatorio che mi pare tuttavia funzionale a richiamare l’attenzione su una questione molto sentita in questo tempo di crisi delle democrazie liberali, alle prese con un processo di disintermediazione e di svuotamento della rappresentanza politica. Le ragioni di questa impasse sono molte, ma ciò che qui voglio sottolineare è che viviamo in un’epoca caratterizzata dalla moltiplicazione dei diritti, in una continua escalation di nuovi diritti da riconoscere e tutelare, che nasconde in realtà una rincorsa alla conquista di consensi. È evidente infatti che il richiamo ossessivo ai diritti (e lo abbiamo visto anche nel corso dell’ultima campagna elettorale, giocata a suon di sogni irrealizzabili e di trovate demagogiche) è indubbiamente un fattore accelerante di consensi, capace di sollevare l’indignazione popolare. Il rischio è di trasformare i diritti individuali, che sono stati il motore della democrazia contro gli assolutismi e i totalitarismi, in malattia della società. Serve un profondo cambio di rotta: dobbiamo legare i diritti alla responsabilità (che è cosa molto più significativa del concetto di dovere) in modo da non fermarci solo all’analisi, ma rilanciare proponendo un’alternativa che ci aiuti a guardare al futuro e ai giovani in particolare, con maggior serenità.
Il seminario sarà anche l’occasione per presentare il libro di Alessandro Barbano “Troppi diritti, l’Italia tradita dalla libertà”. In che senso l’Italia è stata tradita dalle troppe libertà?
Il punto che Barbano sottolinea nel suo libro — e mi trova sostanzialmente d’accordo — è che quando i diritti diventano strumenti di potere, di esercizio e di acquisizione del consenso, quando le pretese soggettive si fanno sempre più pressanti e prevalgono sui doveri, si finisce di fatto col negare quelli che sono i cardini della democrazia rappresentativa. La crisi della delega, ossia la rinuncia a qualunque tentativo di mediazione tra gli interessi di pochi e quelli del corpo sociale, la diffidenza nella classe dirigente e il diffuso astensionismo, la piazza che tende a sostituirsi alla mediazione politica, il radicalismo di massa che sostituisce la partecipazione democratica: sono solo alcuni degli effetti di questa cattiva interpretazione dei diritti che vengono trasformati in pretese. E, soprattutto, è la resa del senso di responsabilità che, a mio avviso, dovrebbe invece essere il nodo centrale intorno a cui ricostruire la partecipazione democratica e civile alla res publicae. Certo non è semplice, la proliferazione incontrollata dei diritti è una tendenza che investe tutto il mondo ed è un caposaldo della cultura che ci circonda, eppure passare dalla tirannia dei diritti alla libertà della responsabilità significa ridare un futuro, anzi, un presente al nostro Paese.
Quali ricadute avrà la vostra riflessione sull’operatività di Mcl?
Le ricadute ci saranno senz’altro. In particolare penso al campo educativo: dobbiamo andare oltre la formazione generalista (ormai inutile) e impegnarci invece nell’offrire una formazione di qualità. In questo percorso focalizzare la centralità di questi temi, forse anche controcorrente, è cosa indispensabile se si vuole dare un futuro ai nostri giovani e, insieme, far crescere la democrazia e, con essa, il Paese…
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