Politica

Caritas: Pnrr, verso quale sussidiarietà?

Nella governance del Recovery plan va superata la logica che vede i soggetti sociali schiacciati su due ruoli: potenziali beneficia­ri di risorse per i progetti, spettatori all’inter­no dei luoghi di concertazione dello svolgi­mento dei processi attuativi, con il rischio di assumere una funzione meramente di dife­sa degli spazi ottenuti. I soggetti sociali sono attori di policy e portatori di proposte di tipo generale e vanno riconosciuti come tali.

di Redazione

Oggi il Consiglio dei Ministri si confronta sulla nuova proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) da presentare alle Camere il 26 e 27 aprile e da inviare alla Commissione Europea entro il 30 aprile. Il PNRR è il programma di investimenti in 6 anni con cui l’Italia – nell’ambito del Next Generation EU – definisce il quadro delle politiche pubbliche da mettere in campo per far ripartire il paese.

In attesa di conoscere e poter valutare più nello specifico la versione finale della proposta, Caritas Italiana pubblica il Dossier dal titolo "Sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Contributo a un percorso di riflessione, analisi e proposta" in cui, a partire dall’analisi dei documenti già prodotti dal Governo Conte, al di là della ripartizione delle cifre, si pone l’accento sulla necessità di governance sussidiaria attraverso il dialogo sociale, per raggiungere l’obiettivo di riforme profonde e durature.

I fondi accordati all’Italia ammontano complessivamente a 191,5 miliardi di euro, cui si aggiungono 30 miliardi di fondo complementare stanziati dal governo, per un totale di 221, 5 miliardi di euro. Un piano di investimenti di proporzioni inedite che offre al paese la possibilità non solo di una ripartenza dopo la pesantissima emergenza sanitaria, sociale ed economica provocata dalla pandemia da Covid-19, ma anche di intervenire su ambiti in cui sono presenti drammatiche e strutturali problematicità, come i differenziali regionali, di genere e di generazioni. Problematicità che costituiscono sì un problema etico e un freno allo sviluppo, ma in primo luogo un vulnus all’art. 3 della nostra Carta costituzionale, là dove si afferma di voler “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Si pensi ai dati sulla povertà assoluta resi noti poche settimane fa dall'Istat, oltre 2 mi­lioni di famiglie povere, con un incremento di 335 mila unità rispetto al 2019, per un totale di 5,6 milioni di persone, vale a dire oltre un milione di persone in più rispetto all’anno precedente. Una cifra spaventosa che evoca vite, sto­rie personali, relazioni familiari che da qualche mese devono fare i conti con la scarsità delle risorse econo­miche, la necessità di ridurre i consumi (i dati segna­lano la regressione di questo dato al 2020, vale a dire una spesa ridotta del 9,1% rispetto al 2019), l’incertez­za per il futuro, la ricerca di un lavoro e di un qualche aiuto per andare avanti.

Il Recovery plan va realizzato, se non si vuole sprecare occasione e risorse, solo attraverso un apporto strutturato della società civile, che rappresenta – non solo nelle fasi di emergenza – il volto di un paese solidale e capace di reagire. È necessario dunque attivare una governance nazionale e territoriale capace di costruire una sussidiarietà concreta e fattiva, senza dirigismi ed esclusioni, estranei alla lettera e allo spirito della nostra Costituzione.

Caritas Italiana ha già sviluppato negli scorsi mesi – insieme al Forum Disuguaglianze e Diversità, al Forum per lo Sviluppo Sostenibile, ai gruppi di lavoro del Consiglio Nazionale per la Cooperazione allo Sviluppo – una serie di analisi e proposte su temi specifici, quali la scuola inclusiva, la casa, le aree interne, la coerenza delle politiche per uno sviluppo sostenibile, nella prospettiva di un dialogo sul merito delle questioni, non per rivendicare uno spazio, ma per una vocazione: quella di contribuire a costruire il bene comune, ponendo le basi per un futuro inclusivo e di concreto cambiamento, con tutti coloro che hanno a cuore le condizioni concrete delle persone e delle comunità, soprattutto di quante vivono situazioni di difficoltà e disagio.

Proprio in quest’ottica Caritas Italiana continuerà a monitorare l’iter e i contenuti del Piano, predisponendo ulteriori approfondimenti e proposte su quanto verrà definito nei prossimi giorni, dopo i previsti passaggi istituzionali.

È l'ora di una cultu­ra della sussidiarietà non solo declamata e strumen­tale, non appartiene ancora all’universo politico del nostro Paese, anche per quanto riguarda le forze che avevano la presunzione di dare voce alle istanze dei cittadini sperimentando modalità di democrazia par­tecipativa. In altri termini è ormai il tempo di supe­rare una logica che vede i soggetti sociali schiacciati su due ruoli: potenziali beneficia­ri di risorse per i progetti, spettatori all’inter­no dei luoghi di concertazione dello svolgi­mento dei processi attuativi, con il rischio di assumere una funzione meramente di dife­sa degli spazi ottenuti. I soggetti sociali sono attori di policy e portatori di proposte di tipo generale e vanno riconosciuti come tali.

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