Volontariato

Caritas: indagine sugli immigrati “romani”

Sarà presentata questo pomeriggio nella capitale

di Maurizio Regosa

Istruiti, laboriosi, poco inclini al consumo, economicamente autosufficienti, aperti alla solidarieta’, sempre piu’ attaccati all’Italia. È l’identikit degli immigrati “romani” emerso dall’indagine ”Le condizioni di vita e di lavoro degli immigrati nell’area romana”, che la Commissione d’indagine sull’Esclusione sociale ha affidato al Dossier statistico immigrazione Caritas/ Migrantes e che verrà presentato oggi alle 16,30 nell’Auditorium di via Rieti a Roma.
All’inizio del 2007, secondo la stima del Dossier Caritas/Migrantes erano circa 430.000, con oltre 180 nazionalità rappresentate, in prevalenza euroasiatiche e con il primato di romeni (22,3%), filippini (9,1%) e polacchi (6%).

Dalla ricerca, condotta tramite questionario telefonico ad un campione di oltre 900 persone, emerge una fotografia dell’immigrazione nell’area romana per diversi aspetti inedita: questi ”nuovi cittadini” stanno realizzando un crescente livello di inclusione, e questo nonostante le lacune delle strategie di inserimento finora perseguite.
La maggioranza, ovvero quasi 6 intervistati su 10 (57,9%), è giunta prima del 2000, ma sono meno della metà (47,6%) quelli che hanno ricevuto il permesso di soggiorno entro la stessa data. Circa la metà (50,6%) ha fruito di un provvedimento di regolarizzazione (un 25% fino al 1998 e un 25% nel 2002). In assenza di adeguati spazi di ingresso regolare, molti sono stati di fatto costretti a iniziare da irregolari la loro storia migratoria, il che sollecita un’attenta e realistica riflessione tanto a livello istituzionale che dell’opinione pubblica. A questi, rileva la Caritas, si affiancano coloro per i quali il datore di lavoro non si è reso disponibile a presentare una domanda di assunzione in occasione delle quote annuali di ingresso (15,8%), una sorta di ”regolarizzazione” di fatto per chi, pur lavorando in Italia, si trova sprovvisto di un’autorizzazione al soggiorno, con scarsi spazi di contrattazione e di tutela.

Per quanto riguarda la condizione abitativa, l’indagine rileva che 1 su 10 (si tratta in prevalenza della quota di popolazione insediata da più lungo tempo) è proprietario della casa in cui vive, quasi 7 su 10 sono in affitto, in qualche caso come ospiti non paganti (5,8%), e quasi un sesto (15,1%) vive sul posto di lavoro, mentre appena 24 persone tra gli intervistati (1 ogni 42, 2,6%) sono ospitate in una struttura di prima o di seconda accoglienza. La larga maggioranza, in altri termini, vive a casa sua e non in strutture assistenziali: con i propri familiari (61% del campione), con amici e parenti (32,2%) e appena il 6,8% da solo. I prezzi medi degli alloggi in affitto, sottolinea la ricerca vanno dai 622 euro mensili per un appartamento ai 329 per una stanza o ai 212 per un posto letto. Questi dati di sintesi, avverte però la Caritas, nascondono situazioni anche molto diverse tra loro, ma danno conto della pressione esercitata dai canoni d’affitto. Anche gli immigrati sono stati investiti dal “caro affitti”; tra le strategie messe in campo per fronteggiarne gli effetti, le più diffuse rimangono la coabitazione e il progressivo trasferimento verso le aree più periferiche della città o verso i comuni della provincia. Mediamente, gli intervistati dividono un’abitazione di circa 70 mq con altre 3 persone (identificabili, tendenzialmente, in 2 familiari e 1 non familiare).

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