Welfare

Caritas: di fronte a tutti questi sbarchi le istituzioni sono impreparate

Parla il direttore della Caritas di Catania don Piero Galvano. «Per aiutarli veramente dobbiamo creare lavoro nei loro Paesi di origine e aprire corridoi umanitari. Così non possiamo andare avanti per molto»

di Lorenzo Alvaro

La Caritas ospiterà 260 migranti, distribuiti presso i propri Centri di accoglienza straordinaria (Cas), “Centro Santa Rosalia” e Punto Incontro Giovani. Per rispondere all’emergenza sono state aperte anche le porte della Chiesa San Carlo, dove sono state predisposte delle brandine per la notte. Un gruppo di immigrati verrà accolto, invece, nell’Oasi Giovani di don Puglisi, una struttura diocesana di Giacalone. Hanno dato, inoltre, la loro disponibilità all’accoglienza anche quattro chiese di Palermo, a cui la prefettura potrebbe fare riferimento in caso di necessità.

Insomma la Chiesa, mentre gli sbarchi continuano inarrestabili sulle coste siciliane, dimostra di aver recepito l'invito di Papa Francesco mettendosi a disposizione dei profughi. Un afflusso quello che arriva dal mare che non accenna a diminuire: oggi è attraccata al porto di Palermo una nave mercantile panamense con a bordo i 529 migranti soccorsi due giorni fa nel Canale di Sicilia. Tra loro anche 120 donne, una decina delle quali in stato di gravidanza, e 42 minori non accompagnati. Che si vanno a sommare ai 5mila arrivi nelle ultime 72 ore. Una situazione che le istituzioni locali faticano a gestire come sottolinea il direttore della Caritas di Catania don Piero Galvano.
 

Il direttore della Caritas di Catania, don Piero Galvano

Sembra che la macchina sia in affanno, è così?
Purtroppo le istituzioni non riescono a venire incontro, forse anche per mancanza di strutture adeguate, alle esigenze di numerosi minori che sbarcano in Sicilia e che, per motivi logistici, devono obbligatoriamente transitare qui a Catania, perché Catania è un punto di partenza. Devo essere sincero, anche la Prefettura di Catania non risponde alle numerose esigenze di tanti minori.

In questo caso, qual è la loro sistemazione?
La loro sistemazione è in alcuni istituti per minori; ma ce ne sono pochi, pochissimi. Noi interveniamo per altre esigenze: per gli immigrati in genere.


Quali sono le principali richieste che vi vengono fatte?
Quelle registrate al nostro Centro ascolto riguardano soprattutto la soddisfazione di bisogni primari, come il mangiare, il dormire, il lavarsi, l’assistenza medica, quella legale e soprattutto burocratica.

Come si può affrontare in modo efficace il problema?
Come si è fatto in passato: dobbiamo seriamente venire incontro ai loro bisogni. L’Italia ha risolto il problema dell’Albania e non vi sono più immigrati albanesi che vengono in Italia. Abbiamo dato lavoro lì sul posto. Questo, allora, è un problema a livello europeo, se si vuole veramente risolverlo. Ma io so, ad esempio, che tante banche, hanno comprato terre nel Nord dell’Africa per quattro soldi e le hanno rivendute, togliendo la possibilità a tanti africani di lavorare la terra.

Aiutare le popolazioni nel Nord dell’Africa creando lavoro. Tutto qui?
Non solo. Questa sarebbe la soluzione migliore. Poi c'è da sottolineare che in tutta Europa c'è bisogno di manodopera. Bene, invece di tenerli in centri, bloccati, mandiamoli là dove vogliono andare. Creiamo un corridoio umanitario e proviamo ad inserirli lavorativamente  
 


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