Cultura

Carissimo ministro, la situazione è questa…

Il confronto tra il ministro Ferrero e i rappresentanti del Comitato editoriale di Vita. Un'occasione per trattare le questioni che stanno a cuore all'Italia che costruisce capitale sociale

di Riccardo Bonacina

Caro ministro, innanzitutto una parola su questo ?luogo?, questa riunione del Comitato editoriale di Vita. È il cuore di un editore nato dal basso, da un patto diretto tra giornalisti in cerca di un senso e di una pienezza nel proprio lavoro, e un gruppo folto, oggi foltissimo di associazioni tra loro diverse per ispirazione e settori di intervento ma che insieme riconoscono il valore di un punto di comunicazione e di informazione indipendente e capace di moltiplicare voci e istanze com?è Vita. Non è una rappresentanza del terzo settore, ma un luogo di lavoro sulla comunicazione e sull?informazione che ormai raggiunge ogni settimana una comunità di 350mila persone con tutti i suoi mezzi. Da questa intuizione semplice è derivato un patto che è stato recepito sin nello statuto della nostra società editoriale. Da questo patto ne sono derivate una serie di battaglie che proprio qui, in queste assemblee, vengono discusse e definite. Sono state tante le battaglie in questi anni, piccole e grandi, qualcuna vinta e altre inascoltate. Solo due esempi: quella vinta perché non fosse cancellata con un blitz parlamentare la legge 185 sulla trasparenza delle transazioni riguardanti il commercio d?armi; e quella sinora inascoltata sul No dumping che riguarda lo scandalo della Pac. Ma soprattutto abbiamo lottato in questi anni perché diventasse un dato di consapevolezza condivisa il fatto che questo paese non può guardare al suo futuro facendo spallucce dell?enorme capacità di mobilitazione nelle relazioni, nella capacità di donazione e di esercizio del senso di responsabilità di almeno un terzo dei suoi cittadini. Cittadini che nelle pratiche sociali quotidiane tengono insieme il paese, generano percorsi di fiducia, donano, tempo, energie, denaro. Abbiamo combattuto la battaglia per dare diritto di parola all?Italia di chi si mette in mezzo. Abbiamo fatto battaglie ed elaborato pensieri perché anche da noi si riconoscesse come donare fosse un grande e lato gesto economico, non un fatto privato, residuale, ma il primo e più grande scambio economico, perché libero, gratuito, tra pari in una relazione di reciprocità. Ci abbiamo messo tre anni, tre anni di copertine e assemblee in giro per l?Italia, per arrivare alla legge 460/97 (legge istitutiva delle onlus) che per la prima volta, timidissimamente, riconosceva il valore civile della donazione riconoscendo un piccolo sconto. Ci abbiamo messo poi altri anni per far capire (a tutti, destra e sinistra) come fosse ingiusto considerare reddito tassabile ciò che i cittadini donano a soggetti che lo Stato riconosce impegnati in attività di pubblica utilità. Proprio qui è nata la proposta di legge e poi la campagna nota come +Dai -Versi che finalmente ha introdotto anche in Italia, con la legge 80 del marzo 2005, il principio della deducibilità delle donazioni. Ora cosa chiediamo ministro? Innanzitutto che questo governo non torni indietro ma che prosegua nel cammino della consapevolezza cui accennavo all?inizio e che si inaugurò proprio con il primo governo Prodi. Valorizzate, incoraggiate, non imbrigliate i facitori della ricchezza prima del paese, quel pezzo d?Italia che produce ogni giorno capitale sociale. Ci ha commosso l?accenno a questa Italia nel discorso d?insediamento del presidente Napolitano. Non tornare indietro vuol dire esprimere negli atti di governo quanto sottolineato dal presidente della Repubblica: «Quando ci domandiamo se possiamo farcela, dobbiamo guardare alle risorse di cui dispone l?Italia… Sono le risorse di un ricco tessuto civile e culturale, da cui si sprigiona un potenziale prezioso di sussidiarietà, per l?apporto di cui si è mostrato e si mostra capace il mondo delle comunità intermedie, dell?associazionismo laico e religioso, del volontariato e degli enti non profit. Sono le risorse della partecipazione di base, che le istituzioni locali tanto possono stimolare e canalizzare». Avere questa consapevolezza e non fare passi indietro significa, per esempio, non buttare a mare il 5 per mille solo perché è un?idea di Tremonti; ci sono idee che non sono né di destra né di sinistra, e un percorso che mira a cedere un pezzo di sovranità fiscale nelle mani dei cittadini è una buona cosa. Miglioratelo, verificatelo, ma non fatevi prendere dalla tentazione di azzerare tutto. Chiediamo, caro ministro, che non solo non si torni indietro ma che si vada avanti, inaugurando una stagione in cui si smetta di guardare a questo terzo del paese solo dal punto di vista fiscale (basta con la stagione degli sconti, mille e diversi), si lavori perché quest?Italia sia riconosciuta per il suo valore civile. Com?è possibile che in questo paese il Codice civile (libro V art. 2247) preveda come forma di impresa solo la società di capitali e di profitto, cioè l?impresa capitalistica? La realtà ci dice che l?impresa senza fine di lucro non solo ha creato ricchezza e posti di lavoro, ma anche equità e inclusione sociale: vogliamo riconoscerla una volta per tutte? A questo proposito c?è l?esigenza di portare avanti la legge sull?impresa sociale, c?è l?esigenza di mettere mano al Codice civile che addirittura ha parti che risalgono al 1936. C?è da fare tanto e per fare bisogna guardare avanti, non indietro. Noi, come punto di espressione di questa Italia che raccontiamo ogni giorno, la pungoleremo, caro ministro, nella libertà e nel rispetto dei ruoli diversi. Le chiediamo solo una cosa (chissà quanti già in queste settimane le avranno chiesto favori e convenzioni), ecco noi non chiediamo favori, solo una cosa: ci legga se vuole avere una rappresentazione reale e libera di questo terzo di italiani.

Riccardo Bonacina


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