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Carissimi operatori, come cambierà il vostro lavoro?

Ogni giorno hanno a che fare con consumatori e spacciatori, ma sulle nuove tabelle hanno idee diverse. Per alcuni siamo sulla strada giusta, per altri è pericolosa una controriforma

di Redazione

Con la tabella unica come cambierà il lavoro di chi tutti i giorni è in trincea a fronteggiare un fenomeno in decisa crescita (almeno per quanto riguarda cocaina, cannabis e droghe sintetiche)? Vita ha messo intorno a un tavolo quattro protagonisti del settore – operatori pubblici, privati e magistrati – con l?obiettivo di misurarsi su una legge che due big storicamente considerati affini al centrodestra hanno giudicato in maniera polemicamente opposta. Per Andrea Muccioli, leader di San Patrignano, siamo di fronte a «un pasticcio preelettorale», mentre don Pierino Gelmini della Comunità Incontro ha salutato a colpi di spumante «l?introduzione di una legge che aspettavamo da anni». Don Mario Sozzi, braccio destro di don Chino Pezzoli alla fondazione Promozione e solidarietà umana, è moderatamente soddisfatto: «Dal punto di vista concreto sarebbe stato importante affrontare la questione del sostegno economico sia degli operatori pubblici sia di quelli privati. L?idea di una sola tabella a prescindere dai tetti va però nella giusta direzione», che secondo Sozzi significa stampare nella testa dei ragazzi che «se ti droghi devi prepararti a soffrire». Senza per questo arrivare a sostenere «come forse vorrebbe Muccioli, l?inutilità della distinzione fra uso e spaccio». Una tesi che non convince per nulla Riccardo De Facci, responsabile tossicodipendenze del Cnca – Coordinamento nazionale comunità di accoglienza, reduce da un vivacissimo incontro con 200 dei suoi operatori. «Questa storia della tabella unica rischia di mettere in ginocchio una strategia di intervento rodata in anni di esperienza». In che modo? «A chi ha sperimentato lo spinello sarà molto più semplice far passare il messaggio che in fondo la cocaina non è poi tanto differente», risponde De Facci. Non solo. «Questo corto circuito inciderà molto concretamente anche sui materiali che distribuiamo nei nostri incontri, attraverso i quali cerchiamo di rendere consapevoli i ragazzi dei differenti rischi che passano consumando cannabis, pastiglie od eroina. Così siamo tornati agli anni 80 in cui la battaglia contro la droga era combattuta al grido ?tutto è morte?». Il ritorno al passato per Riccardo Gatti, direttore del Dipartimento dipendenze della Asl Città di Milano, è molto più profondo. «Ormai da 30 anni, dalla legge del 1975 che stabiliva la sanzione per il consumo di stupefacenti, si sta giocando sui confini dell?area di punibilità», sostiene Gatti, «ma il principio è sempre lo stesso». La tabella unica quindi di fatto non modificano l?attività degli operatori, «ma semmai permette ai prefetti di sanzionare con un?ammonizione anche i consumatori di droghe pesanti per i quali prima era inevitabile un percorso terapeutico». A Gatti però interessa sfondare un altro muro: la dipendenza degli operatori rispetto al potere politico. «Con questo sistema il prossimo governo instaurerà un pool a lui favorevole e saremo da capo». La soluzione? «Creare un organismo stabile e autonomo, per esempio una Conferenza nazionale sulla droga permanente, che dia voce e autorevolezza ai tecnici». Significativa infine la considerazione di Roberto Cascini, magistrato del tribunale di Genova, che fin dalle prossime ore sarà chiamato ad applicare sul campo la nuova normativa. «Mi pare che per noi pratici del diritto, al di là della facciata elettorale, nulla sia cambiato: le pene sono sostanzialmente le stesse della precedente legislazione».


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