Non profit

Cari volontari sveglia, elda e pierluigi chiamano

Caro direttore...

di Riccardo Bonacina

Negli ultimi tre mesi sono successi tre fatti drammatici. A commentarli, i mass media, hanno chiamato quelli che si definiscono “esperti” (che spesso esperti non sono. Ma che fanno aumentare solo le tirature, l’audience, e il loro portafoglio). Non si interpellano mai persone che vivono in un contesto sociale simile a quello che ha dato origine al fatto stesso. Succede così che non si comprendono i “veri” problemi e che chi può contribuire a risolverli non ha gli “strumenti” utili per farlo. Ecco la mia opinione in merito ai fatti suddetti.
Solliera (Mo): settembre 2001, una madre soffoca il figlio autistico. Bologna: 23 ottobre, una madre provoca con il gas la morte della figlia disabile. Formignana (Fe): 3 novembre, un padre strangola la figlia paraplegica.
Nessuna meraviglia se succedono simili fatti. Bisogna viverle le situazioni per capirle. Chi assiste una persona con handicap vive un dramma tremendo. Più lo ami il familiare che assisti e più ne avverti e ne condividi il disagio, le sofferenze. Il suo handicap diventa il tuo handicap. Ho 57 anni, sono tetraplegico da 27. Mi assiste mia moglie. Ha sempre fatto da sola. Non ha più avuto tempo per se stessa. è diventata la mia schiava. Si vive in simbiosi: i miei problemi, le mie ansie diventano le sue, e viceversa. Perfino i dolori diventano reciproci.
Ho bisogno di tutto. Ho il timore di perdere il suo aiuto, lei ha il timore di non potermi sempre aiutare. E intanto le mie necessità aumentano e le sue forze calano. E ti chiedi: come sarà il domani? è così che si vive! Ci si sente fragili. Ci si sente soli. Se hai fede resisti. Sai che Dio ti aiuta. Ma ti viene la tentazione di…!
Senti che la società è lontana. Vedi che chi potrebbe contribuire a educarla (i mass media) a una maggiore solidarietà, la istupidisce (con il Grande Fratello, ad esempio) per poterla meglio dominare; non deve aver voce chi disturba! Trionfano l’arroganza, l’egoismo, l’indifferenza. Ti viene la tentazione di “staccare la spina”! Se almeno ti fossero vicine le istituzioni, lo Stato: con le leggi, con i servizi.
Per ogni piccola necessità pretendono timbri, visti, visite. E c’è di peggio. Non esistono leggi che tengano in considerazione il tempo che le persone dedicano alla assistenza continua, prolungata negli anni, a un familiare disabile. Danno tutto pur sapendo che non riceveranno nulla. Si assumono un’enorme responsabilità perché si fanno carico del destino di persone in gravi difficoltà, non le abbandonano a se stesse o in un istituto. Eppure sono ignorate! Lo Stato non comprende che quel tempo è un servizio reso anche alla società, allo Stato. Quel servizio non è a loro riconosciuto. Non si comprende che quel tempo è sottratto a un lavoro. Non si comprende che sono senza stipendio o lo hanno a metà se sono impiegate part time, e che saranno, di conseguenza, senza pensione non avendola potuta maturare.
Lo Stato non dice chi penserà a loro quando e se saranno loro ad aver bisogno, quando saranno anziane. Lo Stato le ignora! Soffrire per le proprie e per le altrui sofferenze, dare, dare, dare e sapere di non essere considerati… Beh, è dura.
Si vive in simbiosi, dicevo. Se ci si sente sospesi nel vuoto…si può anche precipitare! Spero di leggere la vostra opinione su questi miei pensieri. Cordiali saluti.
Pierluigi Pirani, Pieve di Cento

Buongiorno, sono la mamma di un ragazzo disabile grave, nonchè vostra affezionata lettrice. Mi piacerebbe che Vita facesse da tramite tra le migliaia di famiglie con all’interno disabili gravi, che frequentano Cse o ricoverati in Crh, e i nostri politici, per sapere che fine ha fatto il decreto attuativo dell’art.3 c.4/2ter del decreto legislativo 130/2000.
Questo articolo, tanto reclamizzato, che fa riferimento al solo reddito dell’assistito per le compartecipazioni ai costi dei servizi socio assistenziali per handicap grave e gravissimo, è finito nel dimenticatoio, con grande soddisfazione dei Comuni che, quindi, hanno la scusa per non applicarlo. Un vostro servizio in proposito, potrebbe, magari, dare la sveglia all’on. Maroni e Sirchia e compagnia, e aiutare noi genitori che tanto contavamo su questo decreto. Mi scuso per il disturbo, ringrazio e porgo cordiali saluti.
Elda Bonfanti, email

Risponde Riccardo Bonacina: Carissimo Pierluigi, carissima Elda, innanzitutto vi confesso che le vostre lettere mi fanno sentire un po’ in colpa. Cavolo, mi sono detto, anche noi dovremmo fare di più, noi giornalisti di Vita, la nostra struttura. Che ci stiamo a fare se non per dare voce a voi, per mettere in relazione famiglie con problemi come i vostri dandovi un luogo, un pulpito per parlare a una politica che resta sorda e a un sistema dei media ripiegato irrimediabilmente su se stesso? Insieme la vostra lettera ci dà coraggio, ci dice di insistere nel nostro tentativo editoriale che non smette di crescere, perché noi siamo nati proprio per questo.
A Pierluigi dico: carissimo, la tua lettera spiega la realtà più di mille articoli e di diecimila talk show. E racconta di un grande amore, quello tra te e tua moglie, che è oggi un dono così raro. A Elda un grazie per averci segnalato un tema di inchiesta per i prossimi numeri. Elda, i giornalisti dovrebbero servire a questo, no?
Lasciatemi tirare una conclusione seppur sommaria dalle vostre due lettere. Innazitutto speriamo che anche i politici provino vergogna pensando al carico di sofferenze che provocano le loro omissioni. In secondo luogo, le vostre lettere chiedono anche una sveglia al volontariato tanto celebrato in questi giorni. Un volontariato ridotto a segmento di mercato, ad argomento per talk show. Fa specie vedere in questi ore sacerdoti indignati speciali perché hanno perso qualche commessa per le loro opere o leader del volontariato passare di convegno in convegno per discettare sui valori e sulle strategie. Le vostre lettere ci riportano con i piedi per terra. Dio mio, quanto c’è da fare ancora! Basta convegni, talk show, celebrazioni e torniamo a rimboccarci le maniche e a sporcarci le mani dentro la realtà.

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