Famiglia

Cari mamma e papà la colpa non è sempre di internet

La solitudine dell'on line è una dipendenza?

di Redazione

Ma Internet è davvero quella “bestia nera” che si mangia il tempo, la socialità e perfino il cervello dei nostri ragazzi, stando all’idea, piuttosto diffusa, che la solitudine on line sia perfino una nuova forma di dipendenza? Oppure si tratta di uno strumento che bisogna imparare a usare senza demonizzarlo né farlo diventare partner esclusivo?
Ogni volta che la scienza e la tecnologia mettono a nostra disposizione un nuovo oggetto che ci aiuta a realizzare o realizza per noi una certa funzione o ci permette di ampliare, allargare, approfondire la limitatezza del nostro corpo e dei nostri sensi, c’è chi grida alla catastrofe pronosticando sciagure ai malcapitati che si lasciassero tentare da queste diavolerie. Nella nostra epoca la produzione di questi oggetti è incessante, martellante. Il mercato globale offre continuamente nuovi oggetti sempre più strabilianti e diffonde l’illusione che un oggetto potrebbe riempire efficacemente la mancanza strutturale che ogni soggetto sente dentro di sé e che invece sappiamo essere ineliminabile. Mancanza che una volta spronava all’amore e all’amicizia, cioè al rapporto con partner umani capaci di offrire soddisfazione e appagamento alle angosce della creatura umana. Ma il rapporto con un partner umano richiede tempo, pazienza, una certa competenza nel fare e nel parlare, venire a patti con i desideri dell’altro, elementi che mal si accordano con la spinta al godimento continuo, immediato e ininterrotto che propone la civiltà contemporanea. Il mercato punta a fornire un “partner” che, a differenza di quello umano, è sempre disponibile, non ha alcuna esigenza e non parla, né c’è alcun bisogno di parlargli, quindi spinge alla solitudine nella sola compagnia di quell’oggetto, cibo o droga o iPod ecc ecc.
Internet rientra in questa tipologia di oggetti? Bisogna distinguere tra chi va on line per estrarre da ciò un godimento solitario e chi ci va per incontrare gli amici o per farsene di nuovi. Ci sono tanti modi di “usare” internet e non tutti comportano la solitudine. Molte volte i genitori si preoccupano perché i figli si chiudono in cameretta e a loro sembra che prendano una piega asociale. Spesso i genitori si spaventano, ragionando con concetti ormai antiquati: l’adolescente sembra essere da solo, ma sta chattando con diversi amici, scambiando le foto delle vacanze, amoreggiando con una ragazza pure lei internauta e probabilmente organizzando la serata, che però si svolgerà IRL (In Real Life).
Cosa devono fare i genitori se il loro figlio mostra una tendenza preoccupante all’isolamento e alla solitudine dell’on line? In primo luogo capire che se il figlio ricerca la solitudine e rifugge il contatto umano la colpa non è di internet. Bisogna esaminare tutto quello che è già successo nella vita del figlio e della famiglia per capire le ragioni dell’asocialità. I ragazzi timidi e introversi sono sempre esistiti, ma una volta si rinchiudevano in biblioteca o in bagno con un giornalino.
Sono stati proposti come antidoto la famiglia di stampo tradizionale, un maggior controllo genitoriale sulle attività dei figli, maggiore severità. Ma non è facile per i genitori odierni impersonare queste figure tradizionali. L’autorità ha perso lustro, i ragazzi di oggi non si fanno impressionare dai discorsi e dalle prediche, tanti veli sono caduti e loro vedono benissimo che i propri genitori sono spesso molto lontani dai modelli che vorrebbero imporre. I ragazzi hanno bisogno di una bussola, ma si fidano di più di ciò che i genitori sono e fanno piuttosto che di quello che dicono. Tramontato il genitore autoritario, la sola possibilità è essere un genitore autorevole. Un genitore capace di dare testimonianza, con la propria vita vissuta, delle soluzioni che ha trovato per porre rimedio alla solitudine, all’angoscia, alla mancanza. Un genitore capace di amare il proprio partner umano e i propri figli, di occuparsi di loro e di trovare assieme a loro le invenzioni che possano mettere d’accordo la spinta irrefrenabile che agita l’adolescente con le modalità di soddisfazione che offre la cultura del suo tempo.


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