Formazione

Cari filantropi, imparate da loro

Il dono che libera chi lo riceve ma anche chi lo fa: i tre re, infatti, per primi hanno riconosciuto nell’altro una cosa importante. Cioè un dono per loro, di Luigino Bruni

di Redazione

I re Magi di cui narra il vangelo di Matteo, sono tra i personaggi più affascinanti e popolari della cristianità, che hanno alimentato ed alimentano la cultura occidentale, e non solo questa.

Di loro sappiamo molto poco, e oggi sono in molti gli esegeti a mettere in dubbio la loro storicità. Essi ci dicono, comunque, alcune cose molto importanti per l?oggi, anche per la dimensione economica.

I re Magi, saggi e, secondo un?antica tradizione, conoscitori delle stelle (forse di religione zoorastriana) partono da lontano, da Oriente, per venire ad adorare un re che nasce. Fanno un lungo viaggio solo perché vogliono riconoscere qualcosa di importante. Il secondo messaggio che troviamo nel Vangelo è associato ad Erode che, saputo dai Magi della nascita del nuovo re, inizia a preparare il suo piano per ucciderlo. È forte il contrasto tra i sentimenti dei Magi e quello di Erode, tra il riconoscimento e l?invidia. È molto forte il contrasto dono-invidia: il dono è la non invidia. L?invidioso vede l?altro come una minaccia alla propria identità e al proprio potere. Il dono nasce dal bisogno e dalla stima dell?altro, dal riconoscimento del suo valore, di cui ho bisogno per essere pienamente me stesso.

E infine c?è il dono, ci sono oro, incenso e mirra. Cosa dice al tema del dono il racconto dei Magi? In dono dei Magi non è un dono-munus, cioè un dono che obbliga l?altro al controdono, e che quindi nasconde un rapporto asimmetrico di potere. Dei re Magi il Vangelo non ci dice altro che gratuità: non portano doni in cambio di qualcosa, né di materiale né di immateriale. Nel Vangelo si parla di un dono che nasce dal desiderio di «adorare Gesù». I Magi ci parlano di un dono gratuito che ha in se stesso la propria ragione d?essere: esprimere con le cose una stima, un riconoscimento, il valore intrinseco che ha l?altro in se stesso.

Una questione di relazionalità

Infine, i Magi portano oro, incenso e mirra, simboli delle varie dimensioni della regalità del nuovo nato. E questo è importante. Il dono non può essere davvero gratuito se non riconosco la regalità dell?altro: se lo vedo come un problema, come un ?poveretto?, non posso donare nulla, ma farò solo ?elemosine?. Il dono diventa una espressione alta di relazionalità, forse la più alta, quando nasce dal desiderio di dire all?altro «tu sei importante, hai un valore per me». È questa la componente ?erotica? del dono, cioè del dono che pur restando gratuità (agape) nasce dal desiderio che spinge ad avvicinare l?altro perché lo si stima, lo si vede un re.

Tutti i grandi donatori, inclusi i filantropi di ieri e di oggi, sono stati capaci di liberare con il dono tante persone solo quando donando riconoscevano che l?altro era una cosa importante, e l?altro si sentiva re, e gli nasceva dentro la voglia di rialzarsi in piedi e di immaginare un futuro migliore. Diceva Vincenzo de? Paoli alle sue ?signore della carità?: «Quando andate da un povero, dovete chiedere loro scusa per la vostra non-povertà». Una intuizione carismatica che dice il bisogno di riconoscere il valore della condizione dell?altro, della povertà in questo caso: solo così il dono davvero libera e redime chi lo riceve.


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