Formazione

Cari colleghi prof,Pennac ci dà la scossa giusta

Un insegnante e l'ultimo libro dello scrittore francese sulle cause e le soluzioni al mal di scuola

di Redazione

Non tutti gli alunni diventano insegnanti, ma tutti gli insegnanti sono stati alunni e in qualche caso sono diventati scrittori.

Grandi scrittori, di quelli che impastano il testo con le esperienze vissute e sanno guardare la verità, anche quando questa fa spietatamente affiorare i piccoli dolori dell?infanzia.

Nel suo ultimo autobiografico Diario di scuola (Feltrinelli, pp. 241, euro 16), Daniel Pennac intreccia, nella trama duttile della scrittura brillante, il ricordo del proprio io bambino e adolescente con il pensiero, lieve di profonda consapevolezza, dell?adulto che per 25 anni, a partire dal 1969, è stato insegnante. Due itinerari che il miracolo della letteratura rende simultanei: uno a ritroso dentro il ricordo del proprio io in divenire, l?altro attraverso i modi di sentirsi dei suoi giovani ex alunni. E il tratto unificante, l?essere in fieri, sembra produrre una specie di complicità transgenerazionale.

Quel prof di francese
Pennac documenta generosamente il suo passato, rovista nel mal di scuola (Chagrin d?école è il titolo francese del libro) di un pessimo alunno vissuto in uno stato di ebetudine scolastica, segnato dalla sofferenza di non capire, ingabbiato dal senso di inadeguatezza, dalla rovinosa certezza bambina di attraversare per sempre l?esistenza senza lasciare traccia, giungere a un risultato.

Arrivato di fatto alla maturità a vent?anni, in ritardo di due rispetto alla media dei coetanei, il somaro, che si riconosce la fortuna di essere scampato, è diventato insegnante, ha accolto giovani dall?ineluttabile destino di somari e ha ascoltato, consigliato, indirizzato i loro genitori.

E dipana il mistero della sua incredibile metamorfosi, addirittura in scrittore, con un tributo di gratitudine ai suoi quattro insegnanti salvatori, ai maestri che lo hanno salvato da se stesso, le grandi rivelazioni sulla strada dell?abbandono della somaraggine che, non proprio a caso, si manifestano proprio quando scopre l?amore, quando incontra una donna.

Che, nel racconto e nel saggio, l?ingrediente essenziale, senza retorica e sentimentalismi triti, sia l?amore altro della relazione pedagogica, non lo si legge solo alla fine del testo, lo si intuisce con chiarezza molto prima, nel ritratto appassionato del professore di francese che ignorava il Daniel disortografico e promuoveva il piccolo narratore.

Ecco uno dei quattro maestri che hanno scagliato pensieri come razzi illuminanti, scatenato curiosità voraci, allenato memorie prodigiose, insomma aiutato a nascere la nostra autostima. Gli insegnanti preferiti da tutti noi, i pilastri della nostra voglia di sapere ancora e di più, sempre con il sottofondo delle loro voci tonanti, magari diventate con il tempo più discrete e intime.

L?utilità dei dettati
Oggi che il somaro è molto d?antàn, il non-bravo-a-scuola, con ricca gamma di varianti terminologiche (scaldabanco, sfaticato, fannullone, scavezzacollo, cattivo soggetto) è ancora il cardine di questo Diario, che rappresenta molto più di un esame amaro della scuola dal solo simpatico osservatorio asinino!

Quando l?analisi di Pennac sfiora la sociologia, non si risparmia, spingendosi lucidamente dalla criminalità giovanile alla violenza nelle scuole: smonta la genericità di opinioni comuni cristallizzate in dogmi, a proposito di banlieue e immigrazione come odierni acceleratori di catastrofi sociali, riportando una piccola ma significativa galleria di violenze ai danni di docenti e bidelli già fra gli anni 60 e gli 80.

Ha il rigore di un saggio completamente alieno dalle farciture grottesche degli strafalcioni degli allievi, comune a molta letteratura di genere, e la forza di mettere in discussione la generazione dello scrittore, con le false credenze che ha divulgato: per esempio dimostra l?inesauribile vitalità di pratiche scolastiche considerate stantìe come la valutazione, il dettato, la memorizzazione dei testi. E gli ex colleghi di Pennac vengono sollecitati con garbo a posare uno sguardo critico sulla loro attività di insegnanti, a dispensare ai giovani, con ininterrotta tenacia, parole chiare e fiduciose, a vivere con il miglior equilibrio possibile quella specie di polivalente sentimento, misto di vocazione tenace, ottimismo, frustrazione, che fa associare il nostro Diario di scuola a un bel Registro di classe, quello postumo di Sandro Onofri.


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