Cultura

Cari “svegliardi” ora tocca a voi

Un gruppo di nonnetti rivoluziona una radio giovanilistica. Una metafora, ma anche il sogno di una vecchiaia fuori degli stereotipi. «Perché un Paese che non rispetta gli anziani non ha futuro»

di Roberto Copello

Sono dodici combattivi vecchietti, tra i 66 e i 92 anni, e hanno fondato la Libera Cooperativa La Svegliarda. Li chiamano a condurre per dieci giorni una trasmissione alla giovanilistica Radio Ténéré, «la radio del nulla, il deserto dei deserti, la voce delle teste vuote». Si tratta di spiegare ai ragazzi che cos’è la vecchiaia. Il programma avrà un successo strepitoso e un esito imprevedibile: con un’azione pubblica clamorosa, i nonnetti mostreranno al mondo di cosa sono capaci.
No, non è un romanzo fantasenile: è l’ultimo, intrigante ?saggio narrativo? dato alle stampe dallo psicoterapeuta Fulvio Scaparro, due anni dopo il grande successo di Talis Pater. Con queste divertenti Storie del mese azzurro (Rizzoli, 25 mila lire), Scaparro ci dà il quadro clinico di cosa significhi essere vecchi (la parola anziani non gli piace, puzza di eufemismo) nell’Italia di fine millennio. Lo scopo cui mira lo scrittore-psicologo si può riassumere in una parola: fertilità.
«Spesso», ci spiega Scaparro, «giudichiamo gli altri – giovani, vecchi o adulti che siano – sulla base di stereotipi. Ci aspettiamo una cosa, mentre si può verificare qualcosa di diverso. È proprio questo che aiuta a vivere: non considerarsi persone con la storia già bella e pronta. A nessuno piace essere prevedibile in tutto, sulla base di scontate categorie di età o di altro. Perciò ho pensato a una radio immaginaria, Radio Ténéré, che in lingua tuareg significa Radio Nulla. È la radio del deserto, del deserto mentale».
Dove arrivano questi scatenati vecchietti a raccontare cose serissime… Ma è davvero immaginabile una cooperativa La Svegliarda?
«Molto difficilmente. Però basterebbe si realizzasse solo metà della metà di quanto indicato. Perché non ipotizzare che i vecchi possano organizzarsi o unirsi? Prima delle realizzazioni ci sono sempre i sogni. E negare ai vecchi il diritto ad azzardare sogni o progetti è frutto di stereotipia mentale. Per farci rispettare serve essere imprevedibili. Non stare al nostro posto ci tiene vivi. Se fai tutto quello che ti viene detto o comunque che ci si aspetta che tu faccia, sei già defunto».
Hay que aprender a resistir, insomma, bisogna imparare a resistere, come dice un poeta citato dai vecchietti. Anziani che possono anche avere i loro difetti. Manzoni, descrivendo il più anziano dei bravi, dice che non v’è nulla di peggio di un vecchio invecchiato male… Anche lei cita Hemingway e Shakespeare, per dire che non è scontato che un vecchio sia saggio…
«Non si tratta infatti di beatificare i vecchi, ma semmai di darne un’immagine non edulcorata. Ciò che di solito non viene attribuito agli anziani sono vitalità e fertilità. Li si descrive come creature che si aggrappano disperatamente alla vita, che si lamentano in continuazione. Non c?è mai l?idea di battaglia e di lotta. E così si toglie ogni senso di umanità. Insomma, o sei un vecchio eccezionale e riconosciuto come tale dagli altri, o non sei nessuno, Eppure la maggior parte dei vecchi, quelli ?normali?, non ha glorie alle spalle. Per questo sono polemico con chi dice che in Italia c?è il potere dei vecchi. Forse se si parla del potere politico o di vecchi che non si schiodano dalle poltrone è vero, ma quelli non sono i vecchi normali. Ma quale potere vuole che abbia un pensionato normale? Subisce solo lo strapotere della fascia intermedia, dei cosiddetti maturi, quelli per i quali ?la maturità è tutto?. Questa fascia in futuro forse si sposterà più in avanti, ma non tanto da poter far pensare a una società di vecchi».
Anche se la società sta invecchiando, insomma, è illusorio pensare che l’Italia sarà salvata dai vecchi?
«Può essere salvata solo dall?uscita dagli stereotipi, dal non considerare vecchi, adulti e bambini come categorie sindacali al pari dei postelegrafonici o degli autoferrotranvieri. Le frontiere andrebbero aperte anche tra le generazioni. E comunque, tra 50 anni, anche ammettendo che l’Italia invecchi, avremmo dei vecchi diversi perché sarà diversa la società: saranno vecchi in una società con meno giovani e meno bambini. Io sono però convinto che una forte immigrazione sarà inevitabile, e che la vera novità sarà semmai l?incontro tra culture diverse, tutto da scoprire. Chi lo sa gli anziani come saranno trattati».
Il suo libro può portare a una proposta politica a tutela degli anziani?
«L’invito del libro è questo: gli anziani non si aspettino nulla senza che lo abbiano sollecitato loro stessi. Proposte di legge adeguate scarseggiano. E allora bisogna che chi ne ha la possibilità si faccia sentire. Per il bene di tutti. Perché un Paese che non ha rispetto per gli anziani non ha futuro. Così come quello che non ne ha per i bambini. Poi possiamo aggiungere tutte le possibili minoranze…».
Scaparro, lei quanti anni ha?
«Sessanta, e mi considero in lista d?attesa. Forse ho scritto il libro per prepararmi il terreno, sperando un giorno di essere trattato meglio degli anziani di oggi. Poi al momento opportuno semmai scriverò un libro anche sulla morte. Almeno per avere un funerale decente…».

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