Leggi & Norme
Caregiver: stanchi di promesse, servono risorse e un quadro organico
Si sono svolte alla Camera le audizioni dei rappresentanti delle associazioni, nell’ambito dell’esame delle proposte di legge “Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno dell’attività di assistenza e di cura svolta dal caregiver familiare”. Roberto Speziale, presidente Anffas: «Speriamo che finalmente si arrivi a una legge organica e strutturata. Il problema vero di questa legge sono le coperture»
I disegni di legge “Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno dell’attività di assistenza e di cura svolta dal caregiver familiare” sono entrati da un paio di settimane nell’agenda della commissione Affari sociali della Camera. Sono testi di legge che fanno ben sperare che, finalmente, il nostro Paese si doti di una legge che riconosca, in modo organico e completo, la figura del caregiver familiare.
Un passo in avanti lo abbiamo fatto con la legge 205/2017 (la legge di bilancio 2018), che ha riconosciuto la figura del caregiver e ha previsto l’istituzione del fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare. Alle audizioni dei giorni scorsi (QUI e QUI sono disponibili i due video) hanno partecipato i rappresentanti della Federazione italiana per superamento dell’handicap-Fish e dell’Associazione nazionale di famiglie e persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo-Anffas.
«Sono stato audito e ho presentato la memoria che è stata firmata congiuntamente da Anffas e Fish», dice Roberto Speziale, presidente nazionale di Anffas e vice presidente vicario della Fish.
Speziale, come sono andate le audizioni?
Come Anffas e Fish abbiamo depositato due atti. Uno è una nota descrittiva con i punti che riteniamo più rilevanti, poi ci siamo spinti a depositare anche quello che, per noi, potrebbe essere un testo unificato rispetto a tutte le proposte di legge. Sono numerose le forze politiche che hanno ritenuto di voler presentare una proposta di legge sul tema, in ognuna di esse ci sono degli spunti interessanti, ma nessuna ha un’organicità complessiva sul tema del riconoscimento e del sostegno della figura del caregiver familiare. Nel testo della memoria della Fish, si può leggere anche (da pagina 15, ndr) la proposta di legge unificata Fish-Anffas.
Perché avete ritenuto importante proporre una proposta di legge unificata?
Diventa complicato districarsi tra le varie proposte, dove ognuna tocca un argomento e valorizza uno specifico elemento. La nostra speranza è che finalmente si arrivi a una legge organica e strutturata. Affinché ciò avvenga bisogna avere un quadro di insieme.
Questa è una legge che ha bisogno di cospicue risorse. Il problema vero sono le coperture. Le risorse attualmente disponibili non sono sufficienti. Non bastano i 20-25 milioni di euro che attualmente vengono attribuiti al fondo
Roberto Speziale
Qualche punto, in particolare, che vuole evidenziare delle osservazioni mosse nell’audizione alla Camera?
Bisogna fare una legge che, concretamente, non solo riconosca e valorizzi il ruolo del lavoro di cura del caregiver familiare, ma lo sostenga. Deve essere costruita attorno a questa figura una rete di servizi che consenta al caregiver familiare di avere una propria vita. Molto spesso le nostre famiglie ci raccontano che avere una persona con disabilità, che ha bisogno di sostegno, non autosufficiente in famiglia significa, per chi se ne prende cura, non avere più spazi per se stesso, per potersi curare, per poter avere del tempo libero (anche solo per andare dal parrucchiere). Nella vita reale queste situazioni sono tante, sono più numerose di quello che pensiamo.
Cosa dovrebbe mettere al centro la nuova legge?
Il ruolo del caregiver, che consenta di godere della propria vita, con delle tutele, quello che noi definiamo un sistema “a tutele crescenti”, partendo dal carico di cura, dall’intensità di questo carico. A volte il caregiver familiare è presente 24 ore su 24, 365 giorni l’anno; anche se ci sono altre figure di assistenza, il caregiver deve essere sempre, costantemente attento, a vigilare. Il caregiver familiare, in questi casi, deve avere una rete integrata di servizi, delle agevolazioni, dei riconoscimenti. Anche e soprattutto delle tutele previdenziali. Questa persona, nell’arco della propria vita, non potrà lavorare. Il rischio è che, dopo aver trascorso una vita ad occuparsi del proprio caro, arriva all’età pensionistica non avendo una pensione. L’idea è di avere dei contributi figurativi, tarandoli al lavoro di cura, in modo che almeno possa godere di una pensione dignitosa che la metta in condizione di vivere, potendo anche continuare a mantenere in essere un reddito che prima era della persona che assisteva, quando viene meno, in modo da dare una continuità: altrimenti il caregiver rischia di diventare, dall’oggi al domani, una persona in povertà assoluta.
Oggi in Italia quasi il 70% dell’intero carico di cura delle persone con disabilità, anziane, non autosufficienti è in carico alle famiglie: il vero welfare italiano sono le famiglie
Un altro punto importante della vostra memoria?
Questa è una legge che ha bisogno di cospicue risorse. Il problema vero sono le coperture. Le risorse attualmente disponibili non sono sufficienti. Non bastano i 20-25 milioni di euro che attualmente vengono attribuiti al fondo. Perché non pensare a trovare una forma di contribuzione generalizzata solidaristica, ad esempio, da parte di tutti i lavoratori pubblici, privati, liberi professionisti, per creare una sorta di mutualità che vada a costituire un Fondo nazionale? Rischiamo che anche questa legislatura passi con tanti annunci, tante attese, anche con tante illusioni, che tutto si azzeri e bisogna ricominciare tutto daccapo. Se c’è la volontà politica vera, diamoci una mano per arrivare a un risultato.
Terminate le audizioni, come si procede?
Con l’audizione dei rappresentanti del “Tavolo tecnico per l’analisi e la definizione di elementi utili per una legge statale sui caregiver familiari”, istituito sei mesi fa dal ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli e dal ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Marina Calderone (VITA ne ha scritto QUI), dovrebbero terminare le audizioni. La Commissione dovrebbe redigere, a quel punto, un testo facendo una sintesi delle varie proposte di legge. Se le viene assegnata la funzione redigente, la Commissione stessa lo approverà, poi andrà all’approvazione delle Camere, altrimenti il testo proposto dalla Commissione va alle aule parlamentari, con le discussioni fino alla sua approvazione. Questo iter già è stato intrapreso nella passata legislatura per poi arrivare a un nulla di fatto. Tutti ovviamente speriamo che questa sia la legislatura buona per fare la legge: sono 20 anni che il nostro movimento attende una legge che dia dignità al caregiver familiare.
Rischiamo che anche questa legislatura passi con tanti annunci, tante attese, anche con tante illusioni, che tutto si azzeri e bisogna ricominciare tutto daccapo. Se c’è la volontà politica vera, diamoci una mano per arrivare a un risultato
Il lavoro di cura quanto è importante nel nostro Paese?
Oggi in Italia quasi il 70% dell’intero carico di cura delle persone con disabilità, anziane, non autosufficienti è in carico alle famiglie: il vero welfare italiano sono le famiglie. Questo significa che, in assenza di risposte, noi stiamo condannando agli arresti domiciliari tantissime persone, soprattutto donne (mamme, sorelle), senza aver commesso alcun reato. Questo significa, ripeto, che stiamo negando a queste persone una dignità di vita, una possibilità di trovarsi ad avere il giusto supporto, il giusto riconoscimento e, per chi lavora, quelle agevolazioni, quelle flessibilità per conciliare il lavoro con l’attività di care giving. Anche la commissione Onu ha richiamato l’Italia per il fatto che non c’è una legge sui caregiver (il 3 ottobre 2022 il Comitato Onu sui diritti delle persone con disabilità ha condannato l’Italia per la mancanza di tutela giuridica dei caregiver, accertando la violazione degli obblighi internazionali assunti con la ratifica della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità del 2006, ndr). Prima o poi la legge sul caregiver familiare riguarda tutti i cittadini: chiunque di noi si occupa o si dovrà occupare di un familiare.
Carer: «Caregiver familiari non sono solo i conviventi»
Tra le associazioni audite in questi giorni dalla Commissione c’è anche Carer-Associazione caregiver familiari, che ha espresso una posizione differente da quella di Anffas e Fish. Anche Caree concorda che «è necessario pervenire in tempi brevi ad una legge nazionale organica, inclusiva ed equa di riconoscimento e sostegno ai caregiver familiari, consentendo al caregiver una conciliazione tra esigenze di vita, di cura e di lavoro», ha detto Loredana Ligabue, la segretaria, auspicando «che il confronto in Commissione Affari sociali consenta di pervenire a una legge unitaria che riconosca diritti del caregiver basati su inclusione, uguaglianza sociale, risorse adeguate». Carer ha evidenziato l’importanza di una definizione del caregiver ampia ed inclusiva e di una esplicitazione del ruolo del caregiver centrata sulla dimensione/relazione affettiva, di supporto e accompagnamento, non sulla convivenza e sul fatto che tale definizione guardi al caregiver come una figura integrativa (non sostitutiva) di figure professionali nella attività di cura e di cure. Nello specifico, «sulla base di proposte riportate in audizione tese a limitare la definizione dei caregiver ai soli conviventi», Ligabue ha ribadito che «il tema della cura familiare – stante la pur comprensibile pressione del dolore e della rabbia dei caregiver conviventi – non può essere preclusivo rispetto a coloro che (figlie/i, sorelle/fratelli adulti non conviventi…..) svolgono funzioni di cura continuativa verso propri cari senza essere necessariamente conviventi». Per questo Ligabue ha sostenuto con forza l’esigenza che il legislatore «affronti questo tema cruciale per il nostro welfare con una visione strategica e aperta, capace di guardare al futuro della cura, in grado di rispondere in modo articolato ai bisogni di milioni di persone nel contesto evolutivo delle patologie che affliggono i loro cari».
Il riconoscimento del caregiver, con assenso della persona assistita, per Carer dovrebbe essere effettuato da parte dei servizi territoriali e dovrebbe un sostegno a tutele crescenti in base all’effettivo carico di cura individuato nel Piano assistenziale, integrando l’intervento statale con i provvedimenti delle Regioni. A livello statale il finanziamento della legge dovrebbe essere adeguato e coerente alla dimensione sociale della realtà della cura a domicilio a lungo termine nella disabilità e nella non autosufficienza.
Foto in apertura di Josh Appel su Unsplash. Foto Anffas
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