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Care maestre, l’educazione motoria è una risorsa, non un castigo

di Pasquale Coccia

Mariapaola concluderà il quinquennio di studi in scienze motorie a giugno. Ha scelto come argomento di tesi di laurea l’educazione motoria nella scuola primaria, e vuole mettere a confronto la situazione italiana con quella di altri Paesi europei. Da me è arrivata in un baleno (l’ha mandata internet), perché qualche anno fa commisi l’imprudenza di pubblicare un libello sull’educazione fisica e lo sport nelle scuole d’Europa, affidando la stampa, finanziata dalla Commissione Europea, a un piccolo libraio dietro casa, che minacciava il suicidio ogni giorno, tanto era oberato dai (finti) debiti. Da allora, studenti di scienze motorie, desiderosi di allargare gli orizzonti, mi chiedono informazioni e do loro appuntamento al bar all’angolo della via dove abito, tanto che il barista, convinto che sia un docente universitario, mi chiama «dottore».
Mariapaola dice di essere stupita della situazione di trascuratezza, sotto l’aspetto motorio, in cui versano i bambini delle elementari. Ha visto alunni messi in castigo in palestra perché in classe si erano comportati male, e sentito maestre minacciare i bambini di non portarli in palestra, se non avessero fatto i bravi. I bambini italiani detengono il triste primato di essere i più obesi d’Europa, e uno su tre da grande andrà incontro a malattie cardio-circolatorie e al diabete, ma nonostante questo trascorrono meno tempo all’aperto rispetto ai loro coetanei di altri Paesi. Non c’è da stuprisi allora che l’Italia sia il Paese europeo con il più alto tasso di abbandono dell’attività sportiva in età adolescenziale.
Perché nessuno si indigna? Chi sono i responsabili di questo disastro? Ministri dell’Istruzione, attenti al loro oggi più che al futuro dei bambini della scuola primaria. Assessori allo Sport (10mila in Italia), pronti a sponsorizzare solo marce non competitive da svolgersi possibilmente nei centri storici, che si concludono con la sagra della salamella o dello gnocco.

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