Politica
Care leavers: una chance in più per il lavoro
La quota di riserva prevista dalla legge 68 è attribuita anche a chi, al compimento della maggiore età, vive fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria
di Redazione
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«La quota di riserva di cui all'articolo 18, comma 2, della legge 12 marzo 1999 n. 68, è attribuita anche a coloro che al compimento della maggiore età vivano fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria»: la novità sta in un emendamento al DL Rilancio approvato oggi in Commissione Bilancio, a firma dell’onorevole Emanuela Rossini.
«Sono particolarmente felice perché questo è un grande passo per l’autonomia di questi giovani, i neomaggioremni in uscita da percorsi di affido o comunità, che a 18 anni si trovano soli ad affrontare il futuro. Da oggi i care leavers hanno una chances in più nella ricerca del posto di lavoro», spiega la deputata. «In parole semplici, tutti i datori di lavoro pubblici e privati con più di 50 dipendenti, che per legge sono tenuti ad avere alle loro dipendenze una percentuale di lavoratori appartenenti a determinate categorie, potranno assumere con le modalità agevolate del collocamento mirato anche i care leavers».
In occasione della seconda conferenza nazionale del Care Leavers Network Italia, a gennaio 2020, una ricerca ha raccontato i giovani tra i 15 e i 25 anni che stanno affrontando l’uscita dai percorsi di accoglienza. Una fotografia che mostra come la pressione per l’autonomia, per loro, non sia paragonabile a quella che vivono i coetanei. Le situazioni di vita sono variegate, ma uno degli aspetti che conferma l’intensità delle pressioni sociali a cui devono rispondere i giovani in uscita dai percorsi di protezione è che ben la metà dei neomaggiorenni intervistati (18-24 anni, 251 intervistati), precisamente il 52%, vive già in una situazione di autonomia dalla famiglia di origine e, in parte, anche dal sistema di accoglienza. Ciò a fronte dell’esiguo 6% riguardante tutti i giovani di questa fascia di età rilevato nel 2018 dall’Istat. Tale pressione si esercita non solo sul versante della neo-residenzialità, ma anche delle condizioni sociali: il 44% tra i care leaver neomaggiorenni lavora già in modo continuativo (a cui si aggiunge un 16% che ha lavori occasionali), contro il 26% dei loro coetanei.
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