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Care leavers, quando diventare maggiorenni è un problema

L’esperienza, le necessità e le raccomandazioni di questi ragazzi sono state raccontate all'incontro promosso da Sos Villaggi dei Bambini svoltosi al Cnel di Roma sul tema “Il futuro si costruisce giorno per giorno”

di Paolo Biondi

«Il compimento dei 18 anni è per tutti una festa. Ci si prepara a celebrarlo. Per noi invece è il timer che suona e ci dice che il tempo è finito», Raffaella racconta così l’esperienza di circa 3.000 ragazzi ogni anno in Italia. Sono i cosiddetti care leavers, coloro che diventano maggiorenni e, dopo un percorso di accoglienza fuori famiglia, allo scadere della tutela legata al loro status di minorenni, sono obbligati a lasciare il sistema di accoglienza, che avevano avuto in strutture come le case famiglia o in affido, e costretti ai diventare autonomi.

L’esperienza, le necessità e le raccomandazioni di questi ragazzi sono state raccontate dalla loro viva voce e da quella di operatori, di associazioni del Terzo settore e delle istituzioni nel corso dell’incontro promosso da Sos Villaggi dei Bambini svoltosi al Cnel di Roma sul tema “Il futuro si costruisce giorno per giorno”.

Al convegno una rappresentanza dei 60 ragazzi del Gruppo giovani di Sos Villaggi dei Bambini e del Care leavers network di Agevolando ha presentato i risultati di un lavoro compiuto negli ultimi due anni con una serie di 25 incontri a livello nazionale ed europeo. Sono stati gli stessi ragazzi a raccontare le loro esigenze: «A 18 anni non è facile avere i pensieri di una persona adulta, come la preoccupazione per casa, affitto, faccende domestiche, bollette da pagare. Avremmo bisogno di persone di cui ci fidiamo che ci possano sostenere nei nostri percorsi anche dopo l’uscita. A questo proposito gli appartamenti per neomaggiorenni ci sembrano utili per raggiungere sempre più la nostra autonomia, supervisionata da persone di riferimento. Spesso le persone di cui avresti bisogno e che vorresti accanto non possono esserci, almeno non come tu vorresti o avresti voluto».

«Essere autonomi non significa fare da soli, ma significa potersi fidare», ha detto Samantha Tedesco, responsabile Programmi e advocacy di Sos Villaggi dei Bambini citando uno dei ragazzi e ha aggiunto che «i care leavers sono costretti ad affrontare una transizione forzata verso l’età adulta che non tiene in nessun conto il vissuto travagliato di questi ragazzi».

«Non basta raggiungere la maggiore età per essere adulti: 18 anni potrebbero essere pochi per essere indipendenti. Occorre rispettare i tempi di ciascun ragazzo nel suo percorso di crescita verso l’autonomia e allo stesso tempo è necessaria una rete di sostegno», ha commentato Filomena Albano, dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza.

Valerio Belotti dell’Università di Padova ha detto che «le risorse non sono una condizione sufficiente, ma sono necessarie» per sostenere i care leavers nel loro percorso. Samantha Tedesco a tale proposito ha ricordato che «l’approvazione del decreto sul Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, che garantirà 15 milioni di euro per il triennio 2018-20 e accompagnerà i care leavers fino al compimento del 21° anno di età, è solo un primo passo nel percorso verso l’indipendenza dei ragazzi che vivono fuori dalla famiglia di origine». E il direttore della direzione generale per la lotta alla povertà e per la programmazione sociale del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Raffaele Tangorra, ha portato al convegno la notizia che «proprio oggi viene firmato il decreto che dà l’avvio alla sperimentazione prevista dalla legge di Bilancio dello scorso anno. Ma il reddito d’inclusione non fa tempo a consolidarsi che già viene sostituito dal Reddito di cittadinanza e posso dare la notizia che in questa fase di passaggio si inserisce l’intervento per i care leavers e la borsa per l’autonomia sarà ricompresa nel Reddito di cittadinanza».

«Che ci siano le risorse è certamente una buona notizia, ma poi l’accompagnamento chi lo fa?», ha subito commentato Annunziata Bartolomei, vice presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine assistenti sociali.

«Le risorse sono importanti, ma sono tutto. Abbiamo bisogno di ascolto e di qualità dell’ascolto da parte delle istituzioni perché, come ha detto un care leaver, diventare adulti non è un gioco che si fa da soli, ma si fa in squadra», ha concluso i lavori Roberta Capella, direttore di Sos Villaggi dei Bambini.

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