Giovani fuori famiglia

Care leavers e università, tre best practice da copiare

Oggi arriva alla laurea solo l'1% dei ragazzi che hanno vissuto la loro adolescenza fuori famiglia. L'urgenza di avere un reddito li allontana da percorsi di studio più lunghi, ma molti all'Università ci vorrebbero andare. Tre strumenti fanno la differenza: esenzione dalle tasse, Isee indipendente dalla famiglia di origine, accedere agli alloggi per i fuori sede. Ecco le università che queste tre cose le stanno già facendo (e come copiarle)

di Emanuela Rossini

Care Leavers in Senato per la Terza Conferenza Nazionale (2025)

Alla Terza Conferenza delCCare Leavers Network, lo scorso 18 marzo, i ragazzi con le loro raccomandazioni hanno lanciato un appello a concentrarsi sull’attuazione e l’estensione delle buone pratiche presenti sul territorio nazionale, in modo da renderle strutturali e permanenti. Tra queste quelle per il Diritto allo Studio Universitario. 

In tutta Italia si stanno sperimentando oggi delle buone pratiche che facilitano la vita dei care leavers, i giovani neomaggiorenni in uscita da percorsi di tutela (affido o comunità) e che a 18 anni si trovano soli ad affrontare una vita autonoma. Dieci anni dopo la nascita della loro associazione, Agevolando, possiamo fare un bilancio dicendo che il loro grandissimo lavoro di advocacy e di sensibilizzazione ha portato a fare molti passi avanti in Italia. Progetto Care Leavers, la sperimentazione nazionale con il Tutor per l’accompagnamento, è la principale misura. Eppure, tutto ciò che si sta facendo fa fatica a diventare strutturale, nonostante la stessa Corte dei Conti abbia parlato nella Raccomandazione 95/2024 «dell’opportunità dell’entrata a regime della misura analizzata… tenendo opportunamente conto del permanere delle esigenze e dei bisogni espressi dalla specifica categoria di giovani destinataria del Progetto Care leavers».  Le buone pratiche rimangono sui luoghi dove si sperimentano, non riescono a diventare permanenti nonostante la loro validità e necessità. Ogni territorio e città sembra partire sempre da zero. L’invisibilità dei care leavers ancora permane in Italia. Ce l’hanno confermato alcuni dei parlamentari che sono intervenuti alla Conferenza: di questo tema «non ne sapevamo nulla». 

Per rendere effettivo il Diritto allo Studio Universitario stiamo lavorando molto quindi per estendere su tutti i territori l’esenzione delle tasse, borse di studio e accesso agli alloggi per studenti anche ai care leavers. 

Esenzione dalle tasse

In questi anni abbiamo ottenuto una misura importante: l’esenzione totale delle tasse universitarie per i care leavers negli atenei di Verona e Catania, a cui è seguita poi Pavia. Nei mesi scorsi abbiamo sensibilizzato i rettori degli  atenei di Trento, Milano Bicocca e Ferrara, che ora stanno adeguando i loro Statuti. Per estendere questa misura agli altri atenei aiuterebbe la possibilità di fare un’audizione all’Assemblea dei rettori (CRUI). Parlando con gli atenei, infatti, mi sono accorta di quanto sia subito compresa la ratio della richiesta di avere un’esenzione dalle tasse universitarie per i care leavers. Inoltre, il fatto che sia già stata attuata da alcuni grandi Atenei agevola molto perché si può utilizzare la stessa ‘formula’ e dicitura da inserire nelle proprie policies. Raggiungere tutti i principali atenei però è un lavoro enorme (sono 99 solo quelli pubblici). Per questo vorremmo attivare la rete dei garanti regionali dei Minori, per fare da ambasciatori presso i propri atenei di questa proposta.

Emanuela Rossini

Alle amministrazioni universitarie questa misura costa poco, essendo ancora molto bassi i numeri dei care leavers che si iscrivono all’Università, ma per i ragazzi in affido o in comunità sapere di essere sostenuti nelle loro tasse ha un grandissimo impatto. Si sentono incoraggiati,  si sentono “visti”. Perché il grande tema è proprio l’invisibilità di questi giovani. Quasi 35mila in Italia sono i minori sotto tutela e circa 7mila di loro, ogni anno, raggiungono la maggiore età senza più alcun tipo di supporto perché per legge diventano adulti. 


Solo l’1% dei care leavers si laurea

Secondo dati disponibili, solo una piccola percentuale (1%) di care leavers si laurea (Belotti & Mauri, 2021).  La gran parte di loro si è orientato, alla secondaria di secondo grado, verso le scuole professionali. Chi accede ai percorsi universitari spesso quindi arriva dopo una maturità professionale: sono poche le situazioni, ma molto motivate. La percezione di non potercela fare, il non essere supportati e l’ansia di dover subito cercare un lavoro, dopo i 18 anni, portano la maggioranza dei care leavers a trascurare lo studio e la propria formazione. L’abbandono scolastico dopo i 16 anni infatti rimane alto tra questi giovani. Questo ‘abbandono’ viene sentito da molti come un ‘tradimento’ o sogno ‘impossibile’.

Offrire un accesso agevolato all’università, in modo specifico per questi ragazzi,  avrebbe un grande impatto sulla loro motivazione allo studio anche in età scolare, perché permetterebbe loro di proiettarsi in avanti, immaginare di poter farsi una strada e una professione come i loro coetanei, costruirsi una prospettiva autonoma con la voglia di  riscattare un destino percepito sfortunato. Perché la peggior povertà per un giovane è quella percepita. 

Sappiamo che oggi la formazione è indispensabile per ogni giovane, qualunque tipo di lavoro vada a fare. Non solo per sviluppare il proprio potenziale, in un’età fondativa per la vita da adulto, ma anche per ricevere un’educazione alla società e al lavoro. Lo studio per i careleavers può diventare anche un forma di riscatto sociale, crea autostima e fiducia, che servono per gestirsi di fronte a “trappole” di illegalità, lavoro nero, contratti capestri e altro ancora, a cui un giovane lasciato solo dopo il 18 anni può non riconoscere.  

L’Isee della famiglia

I care leavers però quando si presentano ad una amministrazione, per iscriversi ad un ateneo per esempio, incontrano diverse difficoltà. Hanno spesso problemi nel vedersi accettata la propria Isee. Nonostante una circolare ministeriale fatta approvare nel 2022 definisca per loro una Isee indipendente, troppi ancora devono fare riferimento all’Isee familiare, anche se non vivono più nella famiglia d’origine da quando erano minori, perdendo così la possibilità di accedere ad agevolazioni. A livello burocratico questi ragazzi, raggiunti i 18 anni, si trovano nel mezzo di tante complicazioni, perché non si crede che un ragazzo così giovane davvero viva da solo, perché se poi lavora per mantenersi agli studi supera subito le soglie minime e scattano le tasse universitarie. Eppure, un sostengo ed incoraggiamento allo studio è quanto mai urgente per questi ragazzi. 

Gli alloggi per i fuori sede

Per rendere effettivo il Diritto allo Studio Universitario sono importanti anche gli alloggi studenteschi e per questo va risolto un inghippo burocratico che impedisce ai care leavers di fare richiesta di accesso di un alloggio nelle residenze universitarie. Le policy infatti degli studentati limitano comprensibilmente l’accesso delle domande agli studenti che vivono “fuori sede”, perché si dà per implicito che chi vive “in sede” viva con la propria famiglia. Un care leavers però, che non vive in famiglia, attualmente non può fare domanda per un posto nello studentato della propria città.

Un esempio virtuoso invece è l’ERSU di Catania che non solo ammette i care leavers a presentare domanda, anche se vivono in città, ma riserva loro 7 borse di studio e, in caso di indisponibilità di posti letto nelle residenze universitarie, concede un contributo economico integrativo riservato agli assegnatari di borsa di studio. Una misura analoga, che permette di presentare domanda di alloggio studentesco ai care leavers anche se vivono in città – sta per essere inserita nel Regolamento dell’Opera Universitaria di Trento e vorremmo farla conoscere a livello nazionale ad altri studentati universitari. 

Fino ai 25 anni

L’appello fatto dai ragazzi alla Conferenza del Care Leavers Network è stato di considerare l’età dei 18-25 cruciale per una vita giovane. Rendere strutturale la misura di un Tutor di accompagnamento e di supporti in quella fase di vita 18-25 anni permetterebbe ai ragazzi di poter completare un percorso di formazione, ottenere una maturità, un diploma, accedere a un titolo universitario o fare un tirocinio professionale. Ecco perché sarebbe importante giungere ad un riconoscimento giuridico dello stato dei “ragazzi soli” (18-25 anni), a cui indirizzare misure specifiche, senza mutuarle od estendere, come stiamo facendo, da quelle dei minori o da quelle per adulti. La fase di transizione è una fase specifica e cruciale perché fondativa per il futuro dell’adulto. 

Tale l’orientamento rientra già nelle nuove Linee Guida Nazionali sottoscritte dalla Conferenza Stato-Regioni il 9 aprile 2024, in cui si legge «laddove il rientro in famiglia può non essere possibile/opportuno neppure al raggiungimento della maggiore età – possibilità di sostegno alla crescita anche oltre il 21° anno (prosieguo amministrativo) e fino a 25 anni per consentire il completamento dell’istruzione universitaria o professionale per un migliore ed efficace percorso verso l’autonomia» (Le Linee Guida sono in attesa della ratifica dalle singole Regione per essere operative). 

Tantissimi care leavers sognano di poter accedere a un titolo di studio. Aspettano un segnale. Le Università sono cambiate in questi anni, hanno corsi di laurea serali, con la laurea triennale si può concludere il percorso universitario in tempi più certi. Noi vorremmo alzare quella percentuale dell’1% e certamente fare in modo che non si abbassi. 

Emanuela Rossini, policy maker e docente di Inglese all’Università degli Studi di Milano. È stata deputata nella XVIII legislatura e con due suoi emendamenti fu rinnovato il Fondo dedicato alla sperimentazione per i percorsi di accompagnamento dei care leavers e istituito il Collocamento Mirato per i care leavers. In copertina un momento della Conferenza Nazionale del Care Leavers Network a marzo 2025.

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