Welfare

Carceri: il 45% dei detenuti è tossicodipendente

Riviste le recenti stime che fissavano al 27% la quota della popolazione carceraria con problemi di droga

di Redazione

Il numero dei tossicodipendenti nelle carceri italiane e’ ”sottostimato”: ad avere problemi di droga non sarebbe il 27% della popolazione carceraria, secondo stime recenti, ma ”almeno il 45%”. A sostenerlo sono gli operatori del settore che oggi, in un’audizione alla commissione Affari sociali alla Camera, hanno anche lanciato un altro allarme: aumentano in ”modo preoccupante” pure le patologie psichiatriche e le malattie infettive come la tubercolosi. A puntare i riflettori sulle condizioni sanitarie all’interno delle carceri il Sindacato autonomo infermieri (Sai), il Coordinamento nazionale degli operatori per la salute nelle carceri italiane (Conosci) e l’Associazione medici amministrazione penitenziaria (Amapi), i cui rappresentanti sono stati ascoltati nell’ambito di un’indagine conoscitiva avviata dalla commissione. Unanime la denuncia delle organizzazioni: ”La situazione sanitaria nelle carceri sta peggiorando e tra le cause vi e’ il costante taglio dei finanziamenti, mentre – aggiungono – si sta rivelando un fallimento la legge delega del 1998 che prevedeva il passaggio della medicina penitenziaria dal ministero della Giustizia a quello della Salute”. ”E’ da anni che siamo tartassati da tagli ai finanziamenti – ha affermato il segretario generale Amapi Pasquale Paolillo – mentre aumenta il numero dei detenuti e aumentano le malattie di tutti i tipi all’interno delle carceri”. Un esempio e’ quello della tubercolosi: ”E’ una patologia in forte crescita, ma gli esigui finanziamenti disponibili – ha affermato – rendono praticamente impossibile la prevenzione”. Nella maggior parte dei casi, ha spiegato, si tratta della ”riacutizzazione di vecchie tbc di cui sono portatori soprattutto gli immigrati e che vengono facilmente trasferite all’interno del carcere”. La soluzione sarebbe, ad esempio, effettuare test di ingresso su tutti i reclusi ma al momento, ha denunciato il segretario Amapi, ”vengono fatti solo se ci sono i soldi”. Ancora peggiore, secondo l’operatore, la situazione per le patologie psichiatriche, vista la ”grossa riduzione degli investimenti attuata, in particolare, proprio in queste sezioni specialistiche, con una conseguente minore presenza di operatori, per altro malpagati”. A tutto cio’, ha sottolineato il presidente del Conosci Sandro Libianchi, si aggiunge il fatto che ”le diagnosi di tossicodipendenza stimate dal ministero della Giustizia si sono rivelate ampiamente sottostimate, e in realta’ la percentuale di soggetti che abusano di droghe raggiunge il 45%”. Ovviamente, ha proseguito Libianchi, la ”sottostima dei carichi di lavoro ha ampliato il problema della sottostima delle piante organiche e dei fondi di investimento. Considerando inoltre la riduzione drastica, dal 1999 in poi, dei fondi a disposizione – ha aggiunto – oggi la situazione e’ veramente drammatica”. Quanto al trasferimento delle competenze di medicina penitenziaria al Sistema sanitario nazionale, affermano le associazioni di settore, ”siamo ancora in una situazione di limbo e cio’ crea enormi disagi”. Un dato su tutti: le 14 strutture penitenziarie specializzate presenti in Italia per il trattamento dei detenuti tossicodipendenti non sono ancora passate al Ssn, nonostante la legge lo preveda dal 1999. La conseguenza? ”Che proprio i luoghi deputati agli interventi specialistici per detenuti tossicodipendenti sono i luoghi di maggiore conflitto e incertezza, perche’ – ha concluso Libianchi – non si sa chi ha oggi la responsabilita’ dei piani terapeutici”.


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