La stretta del Governo

Carceri a un anno da Caivano, a che serve la giustizia minorile?

A distanza di 12 mesi dal decreto-legge del 15 settembre 2023, qual è la situazione? Lo abbiamo chiesto a Christian Serpelloni, co-responsabile del settore penale dell’Unione nazionale camere minorili. «La giustizia minorile, a differenza di quella per adulti, si riferisce a persone in fase di maturazione: una logica basata solo sul controllo e la punizione non può funzionare»

di Ilaria Dioguardi

«La maggior parte dei minori che seguo non ha alcuna idea di futuro. Questi ragazzi non hanno una progettualità, vivono il presente come possono e il futuro rimane un concetto astratto», dice Christian Serpelloni, co-responsabile del settore penale dell’Unione nazionale camere minorili insieme ad Ilaria Summa.

Serpelloni, a un anno dal Decreto Caivano, cosa vuole dirci della situazione negli Istituti penali minorili – Ipm?

Recentemente si sono verificati gravi disordini in vari istituti penali minorili, sia nel Nord che nel Sud Italia. Francamente non so se questo sia un effetto delle recenti modifiche normative introdotte dal cosiddetto “Decreto Caivano”. Sta di fatto, però, che i dati relativi ai minorenni detenuti, riportati dal VII report di Antigone sulla giustizia minorile destano qualche preoccupazione. Attualmente sono circa 500 i minorenni ristretti nelle carceri italiane, un numero mai raggiunto negli ultimi 10 anni, a fronte di un tasso di criminalità minorile più o meno stabile negli anni. Anzi, secondo i dati riportati nel report del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, Direzione Centrale della Polizia Criminale, sulla “Criminalità minorile e gang giovanili”, aggiornato all’aprile 2024, le segnalazioni a carico di minori tra il 2022 e il 2023 hanno un trend decrescente: si registra una diminuzione del 4,3% a livello nazionale.

La maggior parte dei minori che seguo non ha alcuna idea di futuro. Questi ragazzi non hanno una progettualità, vivono il presente come possono e il futuro rimane un concetto astratto

A suo avviso, quali sono le maggiori criticità e i primi interventi che bisognerebbe fare per migliorare la situazione?

Francamente è una domanda alla quale faccio davvero fatica a dare una risposta. Nessuno ha la bacchetta magica, ma in un momento come questo, caratterizzato da una fortissima conflittualità a livello internazionale e da forti tensioni interne, bisognerebbe forse soffermarsi a riflettere maggiormente sui principi, avendo a mente un presupposto che ritengo fondamentale.

Quale?

La giustizia minorile, a differenza della giustizia per adulti, si riferisce a persone in fase di maturazione. Questo significa che una logica basata solo sul controllo e la punizione non può funzionare. Come ci insegnano le scienze sociali, per abbattere la recidiva in ambito minorile è fondamentale, tra le altre cose, accertare le cause che stanno alla base del reato. Il professor Alfio Maggiolini ci insegna che spesso il reato è un modo disfunzionale per realizzare un bisogno di crescita.


Per la sua esperienza, i ragazzi come stanno? Sono sempre più disillusi o riescono ad avere speranza e una prospettiva di futuro?

La maggior parte dei minori che seguo non ha alcuna idea di futuro. Questi ragazzi non hanno una progettualità, vivono il presente come possono e il futuro rimane un concetto astratto. Ad un ragazzo ho chiesto: «Come vedi il tuo domani?». Mi ha risposto: «Avvocato, che domanda mi fa? Ha letto le notizie che girano in rete? Ci sono guerre dappertutto. Meglio divertirsi e non pensare troppo».

In un’intervista che ci rilasciò sei mesi fa insieme ad Ilaria Summa, disse: «Il nostro diritto penale minorile lo paragono sempre ad una fuoriserie… con poca benzina». Continua a pensarlo?

In un recente scambio di messaggi l’avvocata Summa mi ha scritto che la fuoriserie oramai è stata venduta. Sia io che la collega rimaniamo della stessa opinione espressa sei mesi fa. È necessario far comprendere che settori come la giustizia minorile sono strategici per il futuro di un Paese. Risulta fortemente illusorio pensare di risolvere i problemi di devianza e/o criminalità minorile inasprendo il sistema nel suo complesso, anziché immettere le risorse per rendere effettive molte norme che già ci sono e funzionanti, e le strutture necessarie per un reale recupero dei ragazzi e delle ragazze devianti.  Sarà comunque interessante attendere le pronunce della Corte Costituzionale.

Spesso il reato è un modo disfunzionale per realizzare un bisogno di crescita

Quali pronunce?

Sulle questioni di costituzionalità sollevate dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale per i minorenni di Trento, il dottor Gallo, in ordine all’art. 27 bis dpr 448/88 (definizione anticipata del procedimento) e dal giudice collegiale dell’udienza preliminare presso il Tribunale per i minorenni di Bari, in ordine alle limitazioni introdotte dal decreto Caivano per accedere alla messa alla prova.

Di recente, è stata emessa una circolare dal Dipartimento di Giustizia minorile che impone agli agenti di Polizia penitenziaria, in servizio presso gli Istituti di pena per minorenni – Ipm, di «smettere gli abiti borghesi e indossare sempre l’uniforme».

Se una divisa potesse risolvere i numerosi problemi che in questo momento attanagliano gli Ipm, ben venga la divisa. Onestamente, però, non penso che questa sia la strada giusta da percorrere.

Nella foto di apertura, di Cristina Di Paolo per Agenzia Sintesi, un’immagine del carcere minorile romano di Casal del Marmo.

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