Welfare

Carcere, Vallanzasca: “Sono stanco, non ho più voglia di lottare”

Il bel Renè è in prigione da 32 anni e da 4 chiede invano il trasferimento da Voghera a Milano. Questo il suo commento alla decisione di concedere permessi premio a Giovanni Brusca

di Redazione

”Sono esausto e non ho piu’ voglia di lottare, ma non perdo la speranza, che e’ l’ unico conforto rimastomi, ne’ la voglia di poter esprimere il mio sdegno di fronte a certe cose”. Cosi’ Renato Vallanzasca, che sta scontando quattro ergastoli per altrettanti omicidi, commenta la decisione del Tribunale di sorveglianza di concedere permessi premio a Giovanni Brusca, ex boss della mafia ed oggi collaboratore di giustizia. Vallanzasca parla della decisione adottata per Brusca in una lettera inviata al giornalista Mario Campanella, che l’ ha resa nota. Campanella sta intervistando Vallanzasca insieme alla psicoterapeuta Maria Rita Parsi, nell’ ambito di un progetto editoriale educativo sul ”male che educa il bene”. ”Cerco una logica per tante cose – aggiunge Vallanzasca nella lettera -. Io e Graziano Mesina siamo rinchiusi nel carcere di Voghera da una vita, mentre altri come il signor Brusca, che a differenza nostra si sono ‘pentiti’, anche se hanno ucciso bambini meritano addirittura i permessi premio. Ho accettato di pagare per rispetto delle persone cui ho fatto del male e non ho mai chiesto permessi: ho solo chiesto, inutilmente, di essere trasferito a Milano per curare i disturbi odontoiatrici di cui soffro e rivedere mia madre, che ha 87 anni e che non incontro dal 2001. Chi si ‘pente’ dopo avere ucciso bambini di 12 anni puo’ addirittura uscire dal carcere e penso che questo sia un problema da affrontare in Italia”. ”Non sono in carcere per avere ucciso delle mosche – scrive Vallanzasca a Campanella – ma persone e di questo sono consapevole. Ma so anche che 32 dei miei 54 anni li ho trascorsi in galera e che e’ inumano non concedere ad una persona il diritto di curarsi e di vedere la propria madre senza che questo comporti un giorno di sconto della pena”.


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