Welfare

Carcere: oggi un suicidio e 8 assoluzioni per la morte di Acquaviva

Entrambi gli episodi in Sardegna: il suicidio nel carcere di Oristano, le assoluzioni riguardano invece agenti della polizia penitenziaria accusati di aver ammazzato di botte Acquaviva

di Gabriella Meroni

È avvenuto un suicidio all’interno delle mura della Casa circondariale di piazza Manno ad Oristano. Secondo quanto trapelato dallo stretto riserbo che caratterizza la tragica vicenda, nella serata di ieri un detenuto avrebbe deciso di togliersi la vita impiccandosi con un lenzuolo. Nessun elemento e’ emerso sull’identita’ del giovane, la cui eta’ sarebbe intorno ai 30 anni. Sembra che l’uomo soffrisse di crisi depressive e che piu’ volte avesse manifestato la volonta’ di farla finita. Coordinati dal magistrato di turno Elisabetta Murru, gli inquirenti hanno comunicato immediatamente le indagini: sono al lavoro per far luce sulla tragica vicenda e per chiarire i tanti interrogativi emersi intorno a questo episodio. Rimanendo nell’ambiuto del carcere in Sardegna, si e’ conclusa l’inchiesta sulla morte del detenuto Luigi Acquaviva, ufficialmente suicidatosi nella sua cella di Badu’ e Carros il 23 gennaio dello scorso anno, dopo che il giorno prima aveva sequestrato e tenuto in ostaggio per alcune ore una guardia penitenziaria. Il procuratore della Repubblica di Nuoro Roberto Faieva, e il sostituto, Maria Grazia Genoese, hanno depositato l’avviso di chiusa indagine, che riguarda 8 persone, tutte appartenenti al corpo di polizia penitenziaria. Si tratta dell’allora capo delle guardie, ispettore Antonio Deidda degli ispettori Vittorio Leoni e Giovanni Dessi’, dei sovrintendenti Franco Ignazio Trogu, Guido Nurchi, Mario Crobu, Antonio Salis e Angelino Calaresi. Per quest’ultimo l’accusa piu’ pesante: omicidio colposo. Per tutti gli altri le accuse di lesioni. Acquaviva, nelle ore che precedettero la sua morte, fu al centro di una brutale aggressione. Lo dicono i periti incaricati dell’esame necroscopico. Nel corpo del detenuto, un’infinita’ di lesioni, ecchimosi, contusioni. Il giorno prima del decesso, Acquaviva, che stava scontando l’ergastolo, per un omicidio di stampo camorristico, aveva sequestrato l’agente Raimondo Firinu. Voleva parlare con il direttore del carcere, gli voleva chiedere di avvicinarlo a casa sua in Campania. Dopo ore di trattativa il detenuto era stato convinto a lasciare andare l’agente dall’intervento del suo legale, l’avvocato Antonello Spada. Che ora tutela gli interessi dei famigliari dei detenuti, i quali hanno sempre urlato un’altra verita’, ben diversa da quella ufficiale: ”Ma quale suicidio, lo hanno ammazzato di botte” sostengono. Ora le parti hanno 20 giorni di tempo per presentare memorie o chiedere nuovi accertamenti. Poi la procura dovra’ fare le sue mosse: chiedere il rinvio a giudizio o il proscioglimento. Emettere qualche punto fermo su una vicenda che ha fatto finire Badu’ e Carros sul libro nero del rapporto annuale di Amnesty international sulle stato delle carceri nel mondo.


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