Welfare

Carcere. L’appello di Vallanzasca e il post indulto senza lavoro vero non c’è reinserimento

I penitenziari scoppiano di nuovo, e solo un detenuto su tre svolge un’attività, spesso fittizia. E da febbraio, pure tassata.

di Daniele Biella

“Il segreto per salvare il pianeta carcere? Fate lavorare davvero i detenuti”. A chiederlo è l?ergastolano più famoso d?Italia: Renato Vallanzasca, da quasi 40 anni dietro le sbarre e una richiesta di grazia rifiutata da Napolitano lo scorso settembre. È lui, nel suo blog, a lanciare l?ultimo appello per far uscire i penitenziari dal baratro in cui stanno ricadendo dopo la speranza tradita dell?indulto. «Fateci lavorare, tutti, e con lavori veri», strepita Vallanzasca ai politici dal suo ?privilegiato? punto di osservazione. Le cifre gli danno man forte: a giugno 2007 (dati ministeriali più recenti) solo 1.604 persone, il 3,6% dei carcerati di tutta Italia, avevano un lavoro che, una volta usciti, avrebbe dato loro possibilità di reinserimento. Ovvero, un impiego commissionato da imprese o dalla cooperazione sociale, e niente a che vedere con il mestiere di spazzino, cuoco o lavandaio per i compagni internati, «tutti quei lavori alle dipendenze del Dap (il Dipartimento dell?amministrazione penitenziaria) per cui si guadagnano 150-200 euro al mese, una sorta di obolo per un mentecatto», replica Vallanzasca. Considerati anche gli 11mila addetti a questi lavori inframurari, si arriva comunque a meno del 29% di occupati. «Ma è una cifra per eccesso, dato che dalla rilevazione ministeriale sono passati nove mesi, e a fronte di un aumento di detenuti, il numero di posti lavoro è rimasto tale se non in alcuni casi diminuito», spiega Licia Roselli, presidente di Agesol, l?Agenzia di solidarietà per il lavoro che si occupa di reinserimenti. Oggi i detenuti hanno sfondato quota 51mila, 7mila in più dello scorso giugno e già 9mila oltre la capienza massima. E l?effetto indulto? «Svanito, in un anno. A noi operatori è stato utile per tirare il fiato, ma oggi la situazione è tornata drammatica», continua Roselli. «Per il non profit non c?è stato neanche il tempo di progettare nuovi interventi. Per non parlare delle borse lavoro governative, un fallimento dato dalla macchinosità delle procedure». Borse lavoro da 600 euro al massimo che, dei 2mila beneficiari previsti, hanno garantito un posto, per ora, a soli 59 detenuti. E che, dulcis in fundo, dal 14 febbraio non sono più esentasse.

Il blog di Vallanzasca: <a href=”http://www.renatovallanzasca.com” target=”_blank”>Renato Vallanzasca</a>


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