Welfare

Carcere, gli assistenti sociali: «No ai commissariati di polizia penitenziaria»

Lettera aperta del coordinamento Casg al Guardasigilli Clemente Mastella

di Redazione

Egregio Ministro a nome degli assistenti sociali della giustizia che si riconoscono nel coordinamento (CASG) Le esprimo il nostro apprezzamento per aver avviato la legislatura, attuando con tempestività e decisione provvedimenti che avevano la caratteristica dell’urgenza e che venivano da troppo tempo rinviati. In particolare il provvedimento d’indulto, condividiamo con Lei, che era assolutamente necessario, contrariamente a quanto sostengono coloro che hanno avuto ripensamenti successivi, pena l’implosione dell’intero sistema penitenziario da troppo tempo tenuto sotto pressione. Siamo però tutti consapevoli che l’indulto non basta e noi speriamo fermamente che si vada avanti nel processo riformatore con il cambiamento di tutte quelle leggi approvate nella scorsa legislatura che rischiano di riportare la situazione delle carceri in breve ai livelli pre-indulto (legge ex Cirielli, la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi) e si colga anche l’occasione per riformare finalmente il codice penale e il relativo sistema sanzionatorio. Sappiamo cha a tal fine è stata da Lei istituita, anch’essa con tempestività, una commissione per la Riforma del codice penale, presieduta dall’avvocato Pisapia e speriamo che questa volta l’impresa arrivi in porto, perché siamo convinti che sia importante rivedere le norme nel loro complesso per non cadere nuovamente in una ecccessiva frammentazione legislativa. Non si devono inoltre sottovalutare i limiti del nostro sistema giudiziario, anch’esso da rinnovare profondamente per le sue ricadute sulla domanda di giustizia e di tutela dei diritti. Abbiamo inoltre apprezzato le sue recenti dichiarazioni fatte alla festa del corpo della Polizia penitenziaria dove ha dato la dovuta rilevanza all’area penale esterna e alla opportunità di rafforzarla e potenziarla, perché non tutti i reati debbono e possono essere puniti con il carcere, il quale deve essere considerato come ?extrema ratio?. Oggi è infatti indispensabile, come avviene nei paesi più avanzati del mondo occidentale, predisporre un sistema penitenziario articolato e complesso, in cui operano due sottosistemi, che pur integrati tra loro, sono diversi, rispondono ad esigenze diverse e hanno bisogno, per agire, di veder riconosciute pari dignità, pari opportunità strutturali e organizzative nonché un’adeguata autonomia concettuale ed operativa. Noi siamo convinti come Lei che l’area penale esterna vada rafforzata, anche se per effetto delle leggi sopra menzionate, se non si provvede con urgenza a modificarle, rischia di essere fortemente ridimensionata rispetto al passato. Vogliamo ricordare che l’area penale esterna è cresciuta negli ultimi trent’anni, passando da 3000 soggetti in misura alternativa del 1976/77 agli oltre 30.000 del 2006, con una spesa sicuramente irrisoria per le casse dello stato, rispetto ai costi del carcere, e con un ?tasso di evasione? marginale, ma soprattutto con una recidiva nettamente inferiore a quella dei soggetti dimessi direttamente dal carcere. Questo, Signor Ministro, è avvenuto nonostante questa area sia stata affidata ad un numero esiguo di operatori-assistenti sociali, dotati di scarse risorse, e ciò va a dimostrazione della validità del sistema dell’esecuzione penale esterna, che, in stretta relazione con il territorio, privilegia gli interventi di carattere socio-educativo a quelli di mero controllo di polizia. Considerato, inoltre, che già esistono sul territorio diverse agenzie di controllo che effettuano efficacemente il loro lavoro e che con gli assistenti sociali collaborano ormai da tempo, ci chiediamo perché si senta il bisogno di duplicare tali controlli, con un aggravio enorme di spesa per le casse dello Stato, attraverso la costituzione di quelli che Lei ha chiamato ?commissariati di polizia penitenziaria?, che andranno necessariamente dotati di uomini e mezzi. L’indulto ha ulteriormente evidenziato che i bisogni dei soggetti scarcerati sono soprattutto di tipo sociale (casa, lavoro, cure sanitarie, programmi di recupero), ed è la risposta a questi bisogni da parte della comunità locale, delle forze attive del territorio, che intervengono con iniziative di solidarietà e di aiuto al reinserimento sociale, che crea quel clima di sicurezza da più parti invocato, non la moltiplicazione dei controlli di polizia. Le poche risorse a disposizione, quindi sarebbe più opportuno destinarle alla comunità locale, che va dotata di quei mezzi sufficienti ad attuare politiche di inclusione sociale atte a prevenire il disagio sociale. Certi che Ella affronterà con la dovuta attenzione il problema dell’esecuzione delle pene alternative e l’organizzazione degli uffici ad esse preposti, nel porgerLe i nostri più cordiali saluti Le offriamo la nostra collaborazione.


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