Formazione dietro le sbarre

Carcere di Opera, 170 metri quadri per costruirsi il dopo

Nell’istituto penitenziario milanese inaugurato il laboratorio della scuola edile. Regina De Albertis, Assimpredil-Ance: «Cerchiamo di unire due esigenze: la mancanza di manodopera nel nostro settore e il bisogno di dare una seconda possibilità a persone che, dopo un periodo in carcere, vogliono cercare di ricostruirsi una vita ed essere reintrodotti nella società»

di Ilaria Dioguardi

Sono saliti a 48 i suicidi nelle carceri italiane in questi primi sei mesi del 2024. L’ultimo detenuto a togliersi la vita aveva solo 21 anni, nato in Italia di seconda generazione, si è suicidato nel carcere di Frosinone inalando gas dalla bomboletta di campeggio. Ieri si sono verificati dei disordini nel carcere romano di Regina Coeli, dove un’ottantina di detenuti si è rivoltata appiccando il fuoco e distruggendo numerose celle: l’istituto penitenziario della Capitale è tra i più sovraffollati, ha raggiunto un sovraffollamento del 181,8% (dati di fine marzo da Nodo alla gola, il XX rapporto dell’associazione Antigone sulle condizioni di detenzione). Su VITA vogliamo tenere alta l’attenzione sulla situazione carceraria, raccontando anche di aziende e associazioni che, coraggiosamente, collaborano a progetti di recupero.

Nel carcere di Opera, a Milano, ha inaugurato il laboratorio della scuola edile, come previsto dal protocollo firmato lo scorso anno dall’Amministrazione penitenziaria di Opera, Assimpredil Ance, Feneal Uil, Filca Cisl, Fillea Cgil, Esem-Cpt, Umana SpA, Fondazione Don Gino Rigoldi per incrementare le opportunità di lavoro tra le persone detenute e favorire il loro reinserimento sociale. L’obiettivo della scuola edile è quello di sviluppare un’attività formativa costante, partendo dalla figura del manovale, ma non escludendo di poter, nel tempo, innescare meccanismi di valorizzazione delle diverse competenze già presenti tra i carcerati interessati al lavoro nel settore delle costruzioni.

Tutor specializzati e docenti esperti

Le modalità di inserimento lavorativo verranno, di volta in volta, definite in base alle opportunità di lavoro secondo le esigenze delle aziende e le possibilità dei singoli detenuti, nell’ambito dei programmi di trattamento predisposti dalla direzione dell’istituto penitenziario e sottoposti alla magistratura di sorveglianza per l’approvazione. L’edificio dove si trova il laboratorio è stato ristrutturato e attrezzato da Esem-Cpt, che ne ha curato la parte funzionale e lo ha dotato dei materiali e attrezzature necessarie per il corso base di manovale. Gli alunni, infatti, realizzeranno delle piccole casette in muratura potendo in tal modo apprendere le modalità operative che poi serviranno in cantiere nella esecuzione delle opere. I detenuti saranno affiancati da tutor specializzati per l’accompagnamento motivazionale e personale oltre che da docenti di consolidata esperienza in cantiere.

Uno spazio attrezzato di 170 metri quadri

«Nel laboratorio di 170 metri quadri, stabile e appositamente attrezzato, gestito da Esem-Cpt, si svolgeranno le attività di formazione edile intramuraria per la promozione di attività lavorative extra murarie da parte di persone in stato di detenzione», dice Regina De Albertis, presidente Assimpredil Ance, Associazione delle imprese edili e complementari delle province di Milano, Lodi e Monza Brianza.

Unire due esigenze: mancanza di manodopera e bisogno di una seconda chance

Un anno e mezzo fa l’idea di questa scuola è nata con don Gino Rigoldi (presidente Fondazione Don Gino Rigoldi ed ex cappellano del carcere Cesare Beccaria, ndr), «cercando di unire due esigenze: la mancanza di manodopera nel nostro settore, che è un problema grandissimo, e parallelamente un altro bisogno, che è ancora più grande, che è quello di dare una seconda possibilità a persone che, dopo un periodo in carcere, vogliono cercare di ricostruire una loro vita ed essere reintrodotti nella società», continua De Albertis. «Abbiamo pensato che riuscire a realizzare un laboratorio all’interno del carcere fosse la modalità migliore per formare le persone all’interno della loro struttura e poi, via via, riammetterli nel mondo del lavoro, all’inizio nel regime di detenzione mista: escono di giorno per andare a lavorare, la sera rientrano in carcere».

Dieci detenuti già formati

Per arrivare al compimento della struttura in cui effettuare il laboratorio ci è voluto del tempo. «Ma non volevamo fermarci in questa fase di mezzo. Noi, associazione degli imprenditori, e i nostri sindacati abbiamo una scuola edile che si occupa della formazione dei nostri lavoratori a 360 gradi. Abbiamo pensato di usare la nostra scuola anche per formare i detenuti. Li abbiamo trasportati nella nostra scuola edile a Pioltello». Sono stati già formati 10 detenuti che ora, di giorno, lavorano nelle imprese e la sera rientrano in carcere. «Con l’apertura di una scuola operativa nel carcere non ci sarà più bisogno di trasferire i detenuti, ma i nostri insegnanti andranno nel carcere a formarli, con problemi logistici e gestionali che vengono meno», prosegue De Albertis. «Avendo una struttura all’interno dell’istituto penitenziario, speriamo che il numero dei detenuti possa salire sempre di più».

Dopo la selezione, l’inizio della formazione

Ora è il momento della selezione delle persone, dal prossimo autunno inizia la formazione. «Abbiamo fatto un grosso lavoro anche con la rete degli imprenditori», spiega, «all’inizio c’è un po’ di ritrosia ad assumere una persona che è in regime misto di carcerazione, ma hanno espresso un grosso senso di responsabilità e sta aumentando il numero delle imprese disponibili». E dopo la scuola? Finito il periodo di carcerazione, si spera che i detenuti che hanno appreso un lavoro possano continuare in una professione nell’edilizia. «Posso dire che il lavoro edile ha grandissime potenzialità, il contratto edile è tra i più cari in assoluto, per il lavoratore c’è una grande assistenza».

Foto ufficio stampa Assimpredil Ance

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