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CARCERE. Cgil e Cisl lanciano l’allarme a Nuoro

Le due sigle sindacali denunciano la situazione inaccettabile degli istituti di pena del nuorese. I carceri Badu, Carros e Mamone si distinuguono per scarsa igiene, insicurezza dei luoghi di lavoro e sovraffollamento

di Lorenzo Alvaro

«Le nostre strutture carcerarie, pur relativamente recenti, non possono essere  concretamente definiti istituti in cui sia possibile assicurare normali condizioni di vivibilità sia alla popolazione carceraria sia agli operatori e stando così le cose sembrano proiettate in un futuro denso d’incertezza e precarietà. Condizioni  igieniche insufficienti, completa assenza delle più elementari misure di sicurezza nei luoghi di lavoro, degrado e abbandono, sovraffollamento sono gli elementi che le caratterizzano senza che in alcun modo si sia potuto registrare un’inversione di tendenza, consolidando la politica del disinteresse e dell’abbandono, e condannando anche modelli dalle grandi potenzialità di recupero come Mamone alla morte per inedia». Lo dichiarano in una nota congiunta le segreterie provinciali della Funzione pubblica Cgil e Cisl di Nuoro. «Per contro – sottolinea il sindacalista della Cisl Giorgio Mustaro – nel versante del personale si accentuano le carenze storiche degli organici, perchè affrontare come si è fatto fin’ora il tema secondo elementari principi ragionieristici, ha significato e continuerà a significare condannare gli  operatori ad una condizione d’ingestibilità con turni massacranti, ferie, congedi e  permessi negati, carichi di lavoro insopportabili, riposi settimanali soppressi e, per dirla in breve, la piena negazione dei diritti, anche di quelli inalienabili». «A questa situazione di vero e proprio collasso – sottolineano le segreterie – nelle prigioni ha corrisposto infatti una disattenzione e una carenza di interventi anche all’esterno, sul territorio, nelle politiche portate avanti dagli Enti Locali sia sotto il profilo della prevenzione, del sostegno ai percorsi di reinserimento sociale e  lavorativo, e soprattutto di sostegno alle iniziative di rilancio delle strutture. Le ragioni dei  lavoratori devono essere analizzate a fondo se si vuole evitare la semplificazione e con essa l’indifferenza, perchè lasciati soli come sono ad esercitare un ruolo dello Stato, si ritrovano a vivere condizioni di disagio e difficoltà per assicurare la tenuta degli istituti di pena, e le reiterate denunce e la costante mobilitazione va ben oltre la pura e semplice rivendicazione dei diritti contrattuali».

Nel carcere di Badu e Carros oltre il 40 per cento dei detenuti sono detenuti speciali e pericolosi, rispetto a un organico ministeriale previsto di 211 unita, ci si trova a far servizio in 194 unità, aggrava il quadro il fatto che l’organico è stato determinato in proporzione ai detenuti e non tenendo conto dei posti effettivi di servizio che necessariamente vanno coperti per assicurare le condizioni minime di sicurezza. La sezione femminile che dovrebbe ospitare 10-12 detenute, attualmente ne ospita quasi il doppio, la struttura è ubicata in due piani, l’unica agente che vi presta servizio oltre a sobbarcarsi del controllo delle detenute, ha anche il compito di vigilanza ai vari corsi scolastici, nonchè i passeggi e le sale ricreative. Se la situazione di Badu e Carros è grave l’istituto di Mamone non può certo vantare tratti migliori. «Infatti – spiegano Cgil e Cisl – a fronte di una dotazione organica di circa 110 unità di polizia penitenziaria si è in presenza di un carico di detenuti di 300 unità, proiettate a circa 500 in un imminente futuro. A ciò si aggiunga l’assenza di un direttore in pianta stabile, di un Commissario di polizia penitenziaria che determina un quadro di instabilità ed incertezza nei ruoli chiave rendendo impossibile qualunque azione programmatoria di lungo periodo impedendo così di definire una stabile organizzazione della struttura. Inoltre il contesto risulta  aggravato sia dall’assenza di personale amministrativo che pone in carico agli operatori di polizia penitenziaria tale attività distogliendo ulteriori forze dal servizio istituzionale, sia dagli interventi di traduzione e piantonamento (circa 300 solo nel 2008 ) espletati oltre all’Istituto di Mamone anche a supporto degli altri istituti».
«Ciò – concludono le segreterie provinciali – finisce con il determinare un quadro di incertezza derivante da un organizzazione del lavoro che comporta, non solo la rinuncia sostanziale ai riposi ed alle ferie, continue e spossanti prestazioni straordinarie che non vengono compensate perchè abbondantemente fuori i tetti massimi sanciti dall’Amministrazione Centrale. In tal modo accade che a fronte di una prestazione indispensabile e pretesa per assicurare la funzionalità del servizio non trovi corrispondenza il trattamento economico dovuto, mentre l’alternativa del ricorso al riposo compensativo subisce forti limitazioni per effetto delle medesime cause che hanno determinato gli straordinari».


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