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Carcere: appello del Cnca per la sanità negli istituti di pena

Il C.N.C.A. lancia un appello per l'applicazione della legge di riforma della sanità in carcere e ricorda “la necessità di un atto di clemenza”

di Redazione

Formulando la sua adesione all?appello sottoscritto dalla ?Lega delle autonomie locali? sulla situazione sanitaria in carcere, il C.N.C.A. ? secondo firmatario del documento, su proposta del suo Gruppo tematico carcere – intende anche ribadire la sua opinione sulla necessità di un atto di clemenza nei confronti dei detenuti italiani, deplorando il comportamento di alcuni ?gruppi parlamentari, che tentano di far scivolare la richiesta di clemenza ? nota Lucio Babolin, presidente del Coordinamento -, chiedendo l?amnistia anche per gli indagati per corruzione politica e l?indulto per i ?picciotti??. La federazione si schiera contro qualsiasi patto strisciante tra politica e criminalità, stigmatizzando una politica incapace di rispondere con coerenza ai valori etici?. Ricordando che i diritti sanitari in carcere ?non sono garantiti?, il C.N.C.A. auspica che il dibattito su un possibile provvedimento di clemenza ?non venga affossato, contro ogni logica di coscienza civile?. Segue il testo dell?Appello. Fatti sempre più frequenti di ?malasanità? scuotono il sistema penitenziario italiano. Spesso la cronaca porta all’attenzione dell’opinione pubblica decessi di detenuti per mancata assistenza sanitaria. Giorno dopo giorno i detenuti devono fare i conti con un sistema sanitario che non garantisce né la prevenzione né la cura appropriata e tempestiva delle malattie. Il sovraffollamento e le condizioni materiali delle strutture carcerarie rendono la pratica sanitaria estremamente difficile. Misure urgenti di clemenza sono indispensabili anche per ridurre i rischi di malattie nelle carceri italiane. A questi fattori strutturali negativi, si aggiunge l’inconsistenza di un sistema sanitario penitenziario, tuttora dipendente dal Ministero della Giustizia, taglieggiato nelle risorse, precario e inattendibile, fondato sulla subordinazione al sistema penitenziario degli operatori, indotti a piegare la stessa deontologia professionale ad esigenze di controllo sociale. Una svolta radicale, in linea con la Costituzione, è stata avviata con il decreto legislativo n. 230 del 1999 che dispone il passaggio della competenza sulla salute dei detenuti e sulla sanità penitenziaria dal Ministero della Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale, quindi alle Regioni italiane, alle Aziende Sanitarie e al sistema delle Autonomie locali. Il nuovo titolo V della Costituzione ha definitivamente sanzionato quella scelta riformatrice. Oggi è possibile mettere a disposizione del sistema penitenziario tutto il complesso dei servizi e dei presidi del SSN per garantire a tutti i detenuti il diritto alla salute e alla cura nella stessa misura e qualità che sono richieste per i cittadini liberi. Il Governo ha l’obbligo costituzionale di applicare la legge approvata dal Parlamento. Purtroppo così non è. A tre anni di distanza, solo alcune funzioni sono passate nella competenza regionale, per di più senza le risorse finanziarie e professionali corrispondenti. Detenuti e operatori sanitari vivono da tre anni nella più totale incertezza e precarietà circa il presente e il futuro della salute e della sanità. Questo è un ulteriore contributo allo scadimento di tutto il sistema penitenziario. Bisogna fermare la deriva che porta inesorabilmente il sistema penitenziario italiano fuori della Costituzione. Al contrario, progetti di recupero sociale dei detenuti, fondati sul rispetto delle regole della convivenza civile, sono tanto più motivati quanto più lo Stato, per primo, mostra di saper rispettare i diritti e la dignità delle persone e di voler applicare con coerenza le leggi della Repubblica Italiana. Per questo l’inadempienza del Governo è insostenibile sul piano sociale, oltre che palesemente illegittima sul piano costituzionale. I firmatari del presente documento fanno appello al Governo e al Parlamento italiano perché sia applicata la legge di ?Riordino della medicina penitenziaria? che – in sintonia con il dettato costituzionale – affida alle Regioni la competenza legislativa sulla materia sanitaria, senza riserva alcuna, nel rispetto dei principi fondamentali presenti nella legge quadro n. 230 del 22 giugno 1999.

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