Cultura

Carcere, appello: Amnistia per la legalit

Primi firmatari: don Antonio Mazzi, Marco Pannella, Francesco Cossiga, Comunità di Sant'Egidio, Giuliano Vassalli, don Andrea Gallo ed Emanuele Macaluso

di Redazione

Noi sottoscritti, appartenenti a diversi orientamenti culturali, politici ed etici; laici, credenti e non credenti, siamo però uniti nel ritenere necessaria, urgente e non più procrastinabile la calendarizzazione parlamentare di un provvedimento di amnistia, per interrompere la flagranza di reati contro la costituzione e il diritto internazionale di cui milioni di cittadini italiani sono vittime a causa della crisi strutturale della giustizia e del sistema penitenziario. Oggi come non mai, di fronte alla insostenibilità delle condizioni di detenzione e ai ritardi della giustizia, un gesto di clemenza equivarrebbe ad un’azione di giustizia e di ragionevolezza, rendendo possibile al legislatore l’attuazione di riforme di ampio respiro, che certo risentirebbero negativamente del permanere dell’attuale situazione di grave emergenza. Facciamo dunque nostri gli obiettivi e le proposte del grande satyagraha per la legalità, perché riteniamo che soltanto attraverso la concessione di un’amnistia ampia e generalizzata, che riduca ad almeno 5 milioni i 10 milioni di processi pendenti, si possa ripristinare quel minimo di legalità costituzionale senza la quale è del tutto velleitario e inconsistente qualsiasi tentativo di riforma strutturale. L’Italia è il quinto Stato per il numero di ricorsi dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo ed è il primo in termini di condanne, la quasi totalità per violazione del diritto fondamentale, costituzionalmente garantito, ad una ragionevole durata del processo. Il 30 novembre scorso il Consiglio d’Europa ha denunciato che ?i ritardi della giustizia in Italia sono causa di numerose violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sin dal 1980?, ritardi che ?costituiscono un pericolo effettivo per il rispetto dello stato di diritto in Italia?. Sono 10 milioni i processi in attesa di giudizio la cui durata media (8 anni per i processi civili, 5 per quelli penali) aumenta di anno in anno. Secondo le stime del rapporto del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Alvaro Gil-Robles, il 30% della popolazione italiana è coinvolta in un procedimento giudiziario. Dal 2000 al 2005 più di 1 milione di processi sono stati annullati per prescrizione a causa della loro eccessiva durata. Una vera e propria amnistia strisciante, destinata ad ampliarsi grazie all’approvazione della legge ex Cirielli. Ma se molti sono i reati che vengono prescritti, assai di più sono quelli neppure perseguiti: nel 2005 i delitti denunciati sono stati 2.855.372, tra cui circa un milione e mezzo di furti, la quasi totalità dei quali resta impunita per essere rimasti ignoti gli autori. Da questi dati emerge che il sistema attuale di contrasto alla criminalità nel nostro paese, bene che vada, riguarda oggi solo il 10 o 20 per cento dei reati. La crisi della giustizia delineata da questi numeri rappresenta la più grave questione sociale del nostro Paese, perché colpisce direttamente decine di milioni di persone vittime della lentezza dei processi e di reati che restano impuniti, e perché mina alle fondamenta il principio stesso di legalità e certezza del diritto. In questo contesto, il carcere diviene sempre più uno strumento di perpetuazione dell’ingiustizia, specchio della condizione di emarginazione di interi ceti sociali, piuttosto che della certezza del diritto nel suo aspetto punitivo. Vi vengono reclusi soprattutto gli individui meno in grado di utilizzare la paralisi del sistema giudiziario a proprio vantaggio, attraverso ad esempio l’istituto della prescrizione, o gli autori di reati legati a grandi fenomeni sociali che lo Stato aggrava con leggi inadeguate a risolverli. Nelle carceri italiane sono reclusi 60 mila detenuti, contro una capienza regolamentare di 43 mila. In queste condizioni, diventano impossibili le attività tese al recupero del detenuto e viene meno anche il dettato costituzionale secondo il quale “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Non a caso, il tasso di recidiva per gli imputati che scontano la pena in carcere è molte volte più alto di quello di chi usufruisce di pene alternative. In queste condizioni il carcere produce crimine invece che colpirlo. E’ ora di cominciare a dare risposta alla straordinarietà di questa crisi sociale e istituzionale del nostro paese con un provvedimento straordinario di clemenza e di buon governo, già invocato con forza dallo stesso Pontefice Giovanni Paolo II e recentemente ribadito dal Cardinale Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Occorre varare la più straordinaria, forte, ampia, decisa e rapida delle amnistie che la Repubblica italiana abbia avuto dalla sua nascita per poter immediatamente ridurre di almeno un terzo il carico processuale della Amministrazione della Giustizia perché essa possa, liberata da processi meno gravi, proficuamente impegnarsi a concludere quelli più gravi. E’ necessario un indulto che possa sgravare di un terzo il carico umano che soffre in tutte le sue componenti – i detenuti, il personale amministrativo e di custodia – la condizione disastrosa delle prigioni. Nessuna giustizia e nessuna certezza della pena possono essere assicurate se uno Stato per primo non rispetta la propria legalità ed è impossibilitato a garantire la certezza del diritto. Primi firmatari Don Antonio Mazzi Marco Pannella Francesco Cossiga Comunità di Sant’Egidio Giuliano Vassalli Don Andrea Gallo Emanuele Macaluso Associazioni Comunità di Sant’Egidio UIL-PA Penitenziari Associazione Italiana Giovani Avvocati Ora d’aria Opera Nomadi Democrazia Cristiana Cariche istituzionali On. Pier Paolo Cento Adriana Spera, Consigliera comunale di Roma Luigi Nieri, Assessore al Bilancio, programmazione economico-finanziaria e partecipazione della Regione Lazio Peppe Mariani, Presidente Commissione Lavoro Regione Lazio Mauro Palma, vicepresidente del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa On. Enrico Buemi, deputato RNP Donato Robilotta, consigliere Regione Lazio Altre adesioni Donato Montinaro, Vice ispettore del corpo di Polizia penitenziaria, in servizio presso la Casa Circondariale di Lecce Don Renato Rebuzzini, carcere di Opera Arturo Salerni, responsabile Area carcere Rifondazione comunista Eugenio Sarno, Segretario Generale UIL-PA Penitenziari Salvatore Fiaschi, presidente Associazione Culturale Sant’Aurea di Ostia Aleramo Virgili, Direttore Cooperativa Sociale Phralipè – Fraternità e Sportello Legale Opera Nomadi Mirko Goman e Rita Hudorovik, Mediatori Linguistici culturali Rom Mario Signorelli, prete operaio Giuliano Rotondi, Capo Ufficio stampa della Democrazia Cristiana Ezio Falini – Segretario organizzativo nazionale della Democrazia Cristiana Carla Cantoni, Segreteria Nazionale CGIL Ettore Dall’Oca, Presidente Associazione Cittadini nel mondo Alessandra Novelli Associazione Sucar Drom (bella strada in lingua sinta) Andrea Riscassi, inviato Rai Milano Avv. Giovanni Sertori Annamaria Rivera, antropologa, docente Università di Bari Alessio Coppola, Presidente del Centro di Ecologia Umana – Onlus Gabriella Friso, responsabiledell’Ufficio Diritti di Les Cultures onlus di Lecco

Partecipa alla due giorni per i 30 anni di VITA

Cara lettrice, caro lettore: il 25 e 26 ottobre alla Fabbrica del Vapore di Milano, VITA festeggerà i suoi primi 30 anni con il titolo “E noi come vivremo?”. Un evento aperto a tutti, non per celebrare l’anniversario, ma per tracciare insieme a voi e ai tanti amici che parteciperanno nuovi futuri possibili.