Mondo

Carabinieri di pace al Sant’ Anna di Pisa

Siglato per la prima volta nel nostro paese un accordo tra l’arma e la Scuola Superiore di Pisa, centro di formazione per chi partecipa alle missioni di pace.

di Nicola Calzaretta

Dormire tra le macerie, in un ambiente ostile, disarmare i ribelli, riconciliare popoli divisi da anni di conflitti, accompagnare i governi verso la democrazia. Questi sono i compiti che spettano ai ?nuovi eserciti?, quelli della pace, che sempre più spesso sostituiscono o vengono dopo gli eserciti in guerra. È successo in Somalia, in Bosnia, a Timor Est, in Kosovo, succede oggi in Afghanistan. Per prepararsi a queste missioni spesso accademie militari o università non bastano. Una vera accademia A meno che non si sia frequentata un?accademia molto speciale: la Scuola superiore S. Anna di Pisa, istituto che sforna forse i migliori specialisti di peacekeeping a livello mondiale. È dal 1995 che la Scuola, dapprima con l?appoggio delle organizzazioni non governative, poi con il patronato delle Nazioni Unite, dell?Osce, della Commissione per i diritti umani dell?Onu, nonché del ministero degli Esteri italiano, organizza corsi e training per la preparazione delle persone che faranno parte di missioni umanitarie, e per questo ha creato al proprio interno un particolare programma, l?International training programme for conflict management (Itpcm). «L?esperienza è nata quando, insieme ad amici e colleghi che avevano avuto esperienze in missioni umanitarie e di mantenimento della pace, ci siamo resi conto che fra i civili in missione pochissimi erano quelli preparati», spiega il direttore del programma, il professor Andrea De Guttry. «Mancavano cioè di preparazione tecnica e psicologica, mirata al compito al quale sono chiamati coloro che, volontariamente o per incarico, vengono inviati in luoghi a rischio. Dove ci sono condizioni di stress elevatissime anche il più competente dei giuristi o il più freddo dei medici può trovarsi in difficoltà». Conoscere il limite Difficoltà che, secondo il professor De Guttry, si superano o con anni di esperienza sul campo oppure con un?adeguata preparazione. E comunque, mai esagerare: per questo le missioni di peacekeeping prevedono anche un limite temporale di permanenza (non più di due anni), perché «il pericolo più grande è l?assuefazione al pericolo, che potrebbe significare gravi rischi, non solo per il singolo, ma per l?intera missione». Da anni, a un corso di carattere generale che si svolge a Pisa in luglio, se ne affiancano altri finalizzati alla preparazione per specifiche missioni in atto o in partenza. Il 25 febbraio, infatti, sempre a Pisa, è previsto il training per la missione di peacekeeping in Afghanistan. E il 7 febbraio è stata firmata una convenzione tra la Scuola e il Comando generale dei Carabinieri che prevede di ?riservare? agli appartenenti all?Arma un certo numero di posti in ogni corso Itpcm. «Questo accordo ha sancito una proficua collaborazione che esiste da anni con l?Arma per le operazioni internazionali», spiega De Guttry. «Due anni fa, per esempio, l?Itpcm organizzò a Sarajevo un corso di formazione riservato ai carabinieri. Ma non ci fermeremo qui. Stiamo lavorando per formalizzare un analogo protocollo anche con l?esercito». La metodologia adottata nei percorsi formativi dell?Itpcm è innovativa. C?è sì la teoria, ma c?è soprattutto la pratica. «È ovvio che dobbiamo fare riferimenti storico-culturali per inquadrare la situazione del Paese nel contesto mondiale, e capire perché si è giunti a quella crisi», dice il professor De Guttry. «Poi dobbiamo far capire a ogni componente della missione quale sarà il suo ruolo, con chi dovrà interagire, quali effetti avranno le sue decisioni». Come conversare La parte pratica comprende tutto ciò di cui si avrà bisogno in missione, sia per quel che riguarda l?aspetto logistico (individuare la zona migliore dove installare un campo profughi, costruire un seggio elettorale), sia per quel che concerne la salute e l?incolumità (tecniche di difesa personale, pronto soccorso). Ma non solo: i corsisti apprendono come si conduce un?indagine o si intavola una conversazione con persone di culture diverse (il cosiddetto body language). «Per la parte pratica usiamo la tecnica della simulazione: di fronte a una situazione che verosimilmente accadrà, chiediamo agli allievi quale comportamento adotterebbero, oppure rappresentiamo un problema e lasciamo che siano loro a risolverlo. Per le tecniche di difesa da anni abbiamo un rapporto di collaborazione con i parà della Folgore, con cui facciamo esercitazioni militari vere e proprie». Posti limitati I corsi sono aperti a tutti i laureati che abbiano già maturato esperienze in progammi umanitari. Quest?ultimo requisito si è reso necessario dopo qualche defezione di chi, dopo poco tempo in missione, è stato costretto a tornare indietro perché non reggeva la situazione. «Riceviamo centinaia di domande, da tutto il mondo, anche da parte di chi è da anni sul campo, ma sente il bisogno di approfondire certe tematiche», dichiara con orgoglio De Guttry. «L?unico rammarico è non poter accettare più di 35 iscritti per volta». Il corso che partirà il 25 febbraio sull?Afghanistan sarà intitolato alla memoria di Maria Grazia Cutuli, allieva dell?Itpcm nel 1997; all?istituto erano pervenute 250 domande da tutto il mondo, di cui il 43% dallo stesso Afghanistan. E dei 35 allievi iscritti, otto (di cui due donne) sono afghani. «Uno degli impegni più severi per la missione in quella zona sarà quello di trovare un percorso di tolleranza, soprattutto verso gli americani i quali, a dire il vero, commettono errori su errori: pensate che ai detenuti i pasti sono serviti da donne in abiti discinti. Sono provocazioni gratuite, che chi ha a cuore la pace non può che disapprovare». Cos?è il peace keeping L? International training programme for conflict management è nato nel 1995 ed è un programma post laurea della Scuola superiore di studi universitari Sant?Anna di Pisa. L?Itpcm costituisce la cornice istituzionale per una serie di attività di formazione, ricerca e consulenza nei settori del peacekeeping e assistenza umanitaria, missioni di osservazione elettorale e monitoraggio, educazione e promozione dei diritti umani, progetti di democratizzazione e cooperazione allo sviluppo. L’International training programme si prefigge l’obiettivo di formare il personale civile chiamato a operare in missioni internazionali, nonché di promuovere l’analisi dei meccanismi di formazione del personale civile delle operazioni di mantenimento della pace. I corsi di formazione, concepiti per fornire ai partecipanti elementi teorici e tecnico-operativi necessari per affrontare le difficoltà, si contraddistinguono per la finalità operativa, il carattere internazionale e lo stretto collegamento con le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative interessate a utilizzare tale personale in missioni sul campo. 5 polizie Il centro di ricerca per la pace di Viterbo lo aveva proposto nel 1998, a livello regionale. Ma pochi avevano risposto positivamente. Dopo i fatti di Genova, invece, l?esigenza di insegnare le tecniche della non violenza agli allievi delle 5 scuole di polizia si è fatta sentire con forza. Al punto che una proposta di legge per insegnare le ?tecniche di pace? a Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria e Guardia Forestale è già stata presentata a Camera e Senato. I lavori sono all?inizio, siamo alle Commissioni d?indagine preliminare, ma già molti onorevoli (di tutti gli schieramenti), l?hanno sottoscritta. L?obiettivo del direttore del Centro di ricerca per la pace, Peppe Sini, è che la proposta diventi presto legge. Info: tel. 0761.353532 Input Il sito della scuola superiore S. Anna: www.sssup.it


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