Cultura
Cara Sajida, hai capito quanto conta la vita?
Le tue immagini hanno fatto il giro del mondo
Cara Sajida, almeno questo è il nome che è apparso nelle agenzie a corredo delle immagini che ti riprendevano attonita e stranita, mentre raccontavi al mondo perché eri ancora viva, mentre tuo marito era esploso al Radisson Hotel di Amman. Hai fatto vedere come ti aveva imbottito di esplosivo, tutto attorno alla vita. Eri una bomba umana, ma il detonatore non ha funzionato, almeno così hai dichiarato. In poche frasi apparentemente fredde hai fatto la cronaca di quelle ore, hai ricordato che cosa stava accadendo in quell’hotel, prima dell?inferno. C?era una festa, un matrimonio, uomini, donne, bambini. Tu da una parte, tuo marito dall?altra.
Cambio di scena: esplode tutto, e tu esci assieme ai sopravvissuti, ti metti in salvo. E ora sei in arresto con l?accusa più atroce, quella di essere una terrorista kamikaze. Le tue immagini hanno fatto il giro del mondo e non so se hanno creato più terrore o più inquietudine. Facciamo fatica tutti, nel mondo occidentale, a capire come si possa arrivare a tanto. Hai 35 anni, sei nel pieno della vita. Sei nata a Ramadi, in Iraq. Il tuo Paese è stato dominato per decenni da un dittatore violento. Nei prossimi anni, forse, lentamente, si apriranno spazi nuovi e possibilità di una vita migliore. Non adesso, certo. Ma perché negarsi la speranza? è questo che stentiamo a capire. Ma spero che in realtà tu abbia volontariamente evitato di farti esplodere. Se così fosse, potresti rappresentare un primo momento di ripensamento. E il tuo esempio potrebbe essere seguito da altri. Perché la vita è comunque un bene prezioso anche quando sembra valere poco, anche quando un?idea di religione punta ad annientarla in nome di una missione superiore. Chi ordina di morire, credimi, resta spesso nell?ombra e si tira indietro al momento opportuno. Che tu viva, Sajida.
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