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Cara Ong, ma quanto mi costi?
Il sasso nello stagno l’ha lanciato Angelina Jolie, che ha lasciato l’incarico di testimonial della fondazione Halo Trus, scandalizzata dai compensi stellari dei vertici dell’organizzazione. Il viaggio di Vita negli stipendi dei dirigenti italiani
Il sasso nello stagno l’ha lanciato Angelina Jolie, che ha lasciato l’incarico di testimonial della fondazione Halo Trust, resa famosa dalla principessa Diana, dopo aver scoperto che i vertici dell’organizzazione si sono assegnati compensi stellari, fino a 500 sterline (677 euro) al giorno, per incarichi di poco conto. Tra questi, uno studio interno sulla “struttura, le remunerazioni e i contatti con i governi” retribuito 120mila sterline (162mila euro) e una consulenza amministrativa di una cinquantina di giorni pagata oltre 26mi- la sterline (36mila euro). Cifre scandalo- se, soprattutto per il settore della cooperazione internazionale che lotta sempre con esiguità di fondi e necessità di asso- luta trasparenza.
E in Italia? Come vanno le cose? «Se fosse stata nostra testimonial, la Jolie sarebbe ancora con noi», sospira Raffaele Salinari, medico e presidente di Terre des Hommes Italia, che dichiara a Vita di ricevere una busta paga da 1.700 euro netti mensili, mentre il segretario generale Donatella Vergari e tutti gli altri dirigenti dell’organizzazione, «prendono dai 3.000 ai 3.500 euro al mese, non di più. Altro che compensi milionari… non sarebbe etico, e non potremmo neppure, visto che ci siamo dati un codice di autoregolamentazione interno che esclude gap retributivi troppo elevati tra i vertici e gli ultimi arrivati».
Come Tdh, molte altre ong hanno deciso per l’autoregolamentazione (Actionaid, Mani Tese, Vis e Medici senza frontiere, solo per citare alcuni casi), ma va detto che in Italia la legge istitutiva delle onlus (la 460 del 1997) stabilisce che gli stipendi dei dipendenti di queste organizzazioni non devono superare di oltre il 20% i minimi contrattuali per livello retributivo. Così, se il minimo lordo per un quadro del contratto del Commercio (uno dei più utilizzati dalle ong) è di circa 2.400 euro mensili, un quadro che lavora per una onlus può ricevere al massimo 480 euro in più. Fissato questo punto, le ong italiane si regolano però in modi diversi.
«La nostra politica salariale prevede un criterio di fondo», spiega il direttore generale di Msf Italia Gabriele Eminente, «quello in base al quale il mio stipendio, che è il più alto, possa superare di sole 3 volte quello più basso, se consideriamo il lordo. In termini di paragone con il mercato profit, la mia retribuzione annuale lorda è del 38% più bassa».
«La nostra federazione ha adottato la politica del cosiddetto terzo quartile di riferimento del mercato», interviene Marco De Ponte, segretario generale di Actionaid, «cioè retribuiamo tutti i di- pendenti più della metà inferiore del resto del mercato ma meno del 25% pagato meglio. Rimanendo in questa fascia pensiamo di essere sufficientemente attrattivi per le figure migliori senza causare scandali».
Ma come si fa a stabilire qual è la media del mercato? «Esistono studi autorevoli a cui quasi tutte le ong si riferiscono», risponde Marco Chiesara, avvocato del lavoro nonché presidente di WeWorld Italia. «In particolare uno dei più utilizzati è l’Indagine sulle prassi gestionali e retributive nel Non-profit pubblicata nel 2012 da Sodalitas e Hay Group, dalla quale è emerso tra l’altro che nel Terzo settore la forbice retributiva rispetto al profit è in media del 25%-30% in meno. Per dare un’idea, il minimo per un dirigente del contratto Commercio è poco più di 4mila euro al mese lordi». E visto che i manager del non profit non possono ricevere i benefit extra busta “normali” per i colleghi del profit, come certifica la ricerca citata, il gap progredisce salendo nella scala gerarchica: -28% per gli impiegati, -32% per i quadri e -61% per i dirigenti…
L’articolo integrale è sul numero di Vita in edicola da venerdì 4 dicembre
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