Mondo

Cara Giuliana, la lettera di Scolari

In anteprima la lettera che sarà pubblicata domani su Il Manifesto

di Redazione

”Cara Giuliana, nel video mi sembravi un uccellino in gabbia, con i capelli arruffati e lo sguardo impaurito e mi chiedevi di salvarti e vedrai che tutti noi ci riusciremo”. Comincia con queste parole, la lettera di Pier Scolari alla compagna Giuliana Sgrena, che Il Manifesto pubblichera’ domani in italiano e in arabo. E che si rivolge anche ai rapitori, ai quali chiede di parlare con Giuliana per ”trovare le ragioni di un’umanita’ che sembra perduta”. ”Sabato a Roma – scrive Scolari – c’e’ stata una manifestazione imponente e commovente. Non c’era solo il nostro popolo della pace, c’era tutto il popolo italiano a chiedere la tua liberazione. Ho rivisto gli amici e i compagni di tutta la nostra vita e non hai idea quanti, ci mettero’ molto tempo – quando tornerai – a ricordarteli tutti. E poi la gente del nostro quartiere, che conoscevamo appena, ma che ha riempito di locandine le strade di casa e, magari per la prima volta, ha partecipato ad una manifestazione”. ”Ora ti scrivo queste righe – continua – tradotte anche in arabo perche’ spero – chissa’ – che tu riesca a leggerle per avere un po’ di conforto, per non farti sentire sola, per abbracciarti insieme a tutti noi che non smetteremo di lottare fino a quando non tornerai a casa”. ”Papa’ e mamma sono straordinari, sono venuti a Roma bersagliati da telecamere e fotografi e hanno retto benissimo, tuo padre e’ diventato un’ icona con la sua barba bianca e lo sguardo lucido e commosso, la mamma sembra te: un po’ impaurita, smarrita tra tanta gente, dolcissima. Ma vorrei anche parlare ai tuoi rapitori. Io non so chi siano ne’ chi possano essere, ma per quanto lontani da noi, sono uomini che possono ascoltare”. ”Tu sai quanto io abbia sempre cercato di trovare e capire le ragioni degli altri, di tutti gli altri, anche di quelli tanto diversi da noi da sembrare di un altro mondo. In fondo, giravamo tanti paesi lontani anche per capire questo. Ora non so come rivolgermi a loro alla loro umanita’ che pure certamente esiste in un contesto di tragedie e devastazioni portate dalla guerra. Mi sento solo di dirgli di parlare con te, di guardarti negli occhi, di trovare nelle tue parole, oltre che nelle foto che tu hai fatto e che certamente avranno visto sui canali televisivi arabi, le ragioni di un’umanita’ che sembra perduta, le ragioni di una passione per un popolo , quello iracheno, che tu hai raccontato come forse nessun altro e’ stato capace di fare”. Quindi le conclusioni: ”E se poi vogliono altro – soldi,politica o chissa’ – altri sapranno trattare. Amore mio ti abbraccio forte, ci rivedremo presto. Pier”.

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