Volontariato

“Cara Europa: dichiara guerra alle armi”

Le organizzazioni che si sono battute per limitare i danni della riforma alla 185 puntano ora a una rete europea contro i traffici di armamenti. Ecco la piattaforma

di Benedetta Verrini

Un confronto importante per mettere insieme le esperienze e stabilire una ?piattaforma d?azione comune? in Europa. Erano questi gli obiettivi del convegno internazionale organizzato a Roma il 19 e il 20 giugno dalla Campagna Contro i mercanti di armi – In difesa della 185, Arias Foundation e Safeworld. Le realtà impegnate nel settore hanno fatto il punto della situazione (soprattutto dopo la recente approvazione della riforma alla legge 185 sull?export di armi) e si sono confrontate con i colleghi stranieri per definire le priorità in agenda, anche in vista del semestre di presidenza italiano dell?Unione europea. “Il lavoro della Campagna italiana in difesa della 185 è stato seguito anche all?estero”, commenta la portavoce Nicoletta Dentico, “ma rischia di restare marginale rispetto alla posta in gioco a livello internazionale. D?altra parte, ogni campagna in Europa ha avuto le sue priorità: in Belgio si è seguito il tema della tracciabilità delle armi leggere, in Gran Bretagna il Codice di condotta europeo, e così in Italia le organizzazioni si sono impegnate a evitare il deterioramento di una legge molto avanzata rispetto agli standard comunitari”. Il quadro, insomma, è di realtà qualificate ma frammentate negli obiettivi. Per questo è già in programma un nuovo incontro a Dublino, a settembre, per definire azioni comuni. Quali sono i punti critici? L?Unione europea è più che mai proiettata verso il potenziamento dell?industria delle armi e la liberalizzazione degli scambi. Allo stesso tempo, per il 2004 è previsto l?ingresso di dieci nuovi Paesi dell?Est che hanno una legislazione di settore piuttosto fragile e sono oggetto di condizionamenti politici (degli Stati Uniti, ad esempio). “Tra questi Malta, Cipro, Repubblica Ceca”, prosegue la portavoce, “sono Paesi che rischiano di essere la maglia debole della rete dell?export di armi dell?Unione; in essi la società civile è all?inizio del cammino”. Tra le priorità indicate dalle organizzazioni c?è la creazione di leggi sui mediatori nella compravendita di armi. “Il settore è terra di nessuno”, continua Nicoletta Dentico. “Per questo è fondamentale che si arrivi a regolarizzarlo, stabilendo l?extraterritorialità nei controlli delle autorità, un registro professionale e un preciso tariffario”. Magari all?interno di una legislazione europea sull?export di armi: “È urgente che si arrivi a un disegno di legge del Parlamento europeo che definisca regole vincolanti per il settore”, dice padre Giorgio Beretta, capofila della campagna Banche Armate. E questo chiama in causa il destino del Codice di condotta, che non è vincolante. “Attenzione, non è detto che renderlo vincolante sia una conquista”, avverte la Dentico. “Il Codice di condotta è un minimo comune denominatore tra le leggi europee: renderlo obbligatorio senza implementarlo significa adottare uno standard troppo basso”. E non solo sui grandi sistemi d?arma convergono preoccupazioni: è urgente “riportare i riflettori sulla questione delle armi leggere” conclude, “con una definizione giuridica certa, controlli e tracciabilità”.

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