Non profit

Cara Binetti, software o non software questo è il problema

Avete mai visto un chirurgo operare senza aver prima capito come e dove operare? Eppure, in tema di azzardo, non passa anno senza che all'approssimarsi della legge di stabilità non si facciano pressioni sul governo di turno per avere finanziamenti, più o meno motivati. Della mancanza di una vera istituzione che promuova una ricerca scientificamente libera e indipendente sul fenomeno: ecco un punto da cui partire. Poi, si vedrà come e dove "operare".

di Marco Dotti

Onorevole Binetti, mettiamo da parte i retropensieri che lei attribuisce al mio articolo. Andiamo ai fatti.

Prima risolviamo la questione del software, un fatto che lei mi contesta. E poi andiamo a un altro fatto, che è la ragione vera della mia contestazione – non a lei come persona, ma a una certa visione del problema-azzardo e a una certa logica che, ancor prima di aver capito l'entità del male, vorrebbe somministrare una buona dose di terapia, ovviamente a carico dei contribuenti.

Il software

Nel mio articolo il punto nodale, l'obiettivo se così vogliamo dire, non è certo depotenziare la critica all'azzardo, ma criticare e portare l'attenzione su una certa modalità di finanziare il contrasto alle derive patologiche di questo azzardo di massa.

L'ho chiamata in causa come forte sostenitrice di questo software e sull'attributo "forte" probabilmente mi sono sbagliato.

Da quanto capisco dalla sua replica, però, lei comunque lo sostiene, questo software, che è stato oggetto di un emendamento alla scorsa legge di stabilità e, quindi, oggi la ragione del contendere è solo il suo finanziamento. Finanziamento che non è ancora arrivato, così come non sono ancora arrivati altri soldi promessi.

Leggiamo le parole del Ministro dell'Economia Padoan. Parole non assegnate a qualche pur rispettabilissimo comunicato stampa, ma pronunciate alla Camera, in presenza e in risposta a una sua interrogazione il 17 settembre scorso.

"Come ricordava l’onorevole Binetti la legge di stabilità per il 2015, articolo 1, comma 133, ha destinato annualmente, nell’ambito delle risorse per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, a decorrere dal 2015, una quota pari a 50 milioni di euro alla prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d’azzardo. Una quota di tali risorse, nel limite di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, è destinata alla sperimentazione di modalità di controllo dei soggetti a rischio di patologia, mediante l’adozione di software che consentono al giocatore di monitorare il proprio comportamento, generando, conseguentemente, appositi messaggi di allerta".

A queste parole di Padoan, dalle notizie di agenzia si evince che lei ha poi ribattuto al Ministro, ricordando:

"Voglio fare presente che di quel software a cui il Ministro fa riferimento nella sua risposta di fatto a oggi non si è fatto nulla".

Quindi il software è entrato nel dibattito, anche perché, nella partita della legge di stabilità il famoso software c'era già entrato, ma l'anno scorso. E grazie a un emendamento su cui comunque lei, come ammette, era parte in causa.

Il software per "monitorare" comportamenti dei giocatori e fornire dati epidemiologici ai decisori è il frutto, come ricorda anche lei, gentile onorevole Binetti, della "sintesi di due testi diversi emendamenti", Binetti-Saltamartini, anche se in origine il software in questione appariva solo in quello della Saltamartini. Nella sostanza, come lei ricorda nella sua replica al mio articolo, "ho acconsentito questa riformulazione complessiva dell'emendamento con l'intenzione di percorrere fino in fondo ogni strada potenzialmente efficace nella lotta alla ludopatia".

Quindi nella formulazione finale il software c'è, o sbaglio?

Poi, sulle dichiarazioni di principio siamo tutti d'accordo. Tutti parlano, dicono, dichiarano, si appellano contro il gioco d'azzardo. E possiamo non dirci d'accordo con affermazioni tanto generali e universali? Infine, però, c'è il concreto.

Io richiamavo proprio un punto concreto, punto dove il dibattito si distilla e assume una coloritura ben diversa: per me, dietro quel software, non c'è qualche strano intrigo, c'è piuttosto una visione non solo del problema, ma addirittura dell'uomo assolutamente da respingere. Parer mio, intendiamoci.


Resta da chiedersi di quale software stiamo parlando. Io non lo so. Nel frattempo, va detto che la Fondazione Unigioco ne ha – legittimanente, sia chiaro anche qui – da tempo preparato e promosso uno. Forse è proprio il software GRSystem (non lo so, è solo una domanda) quello di cui stiamo parlando? Quello che ci costerà 3 milioni di euro (1+1+1) per la sua "fase sperimentale"? Forse no, forse sì. Domandare è lecito, rispondere è cortesia cantava Enzo Jannacci.

In fondo, in più di una occasione il famoso software è stato presentato alla stampa e agli addetti ai lavori, anche in presenza dell'onorevole Binetti (alla quale, ribadisco, nulla di illecito e nessun retropensiero viene qui attribuito). Nessun interesse dietro, per carità. Solo che mi premeva puntualizzare che non me la sono inventata io, questa faccenda del software, visto che circola da anni e sempre con gli stessi nomi in mezzo.

La vera ragione del contendere: nessuno vuole una ricerca indipendente

Comunque sia, le bagatelle non portano da nessuna parte. E da "nessuna parte" ci stiamo andando da troppo tempo, da troppi anni, anche in tema di contrasto all'azzardo. Software o non software.

Un contrasto all'azzardo che, nel ramo che riguarda la presa in carico delle derive patologiche , nel frattempo è diventato un vero e proprio mercato con ricercatori che propongono soluzioni magiche, enti profit e "no profit" che chiedono soldi, operatori che si contendono risorse e non si risparmiano colpi bassi alla vigilia di ogni legge di stabilità.

Sul finale della sua lettera lei scrive: "…ci si attende una collaborazione più profonda con chi conduce queste battaglie, pronti a stigmatizzare insieme certi comportamenti, per schierarsi dalla parte delle fasce socialmente più fragili!".

Condivido in pieno il suo invito e credo che la redazione di Vita, che ringrazio perché mi ha sempre garantito libertà di schieramento e indipendenza di giudizio, la pensi come me.

Stiamo ai fatti . Perché è sui fatti che andrebbe sviluppato il dibattito e la collaborazione civica che lei auspica.

Manca una ricerca super partes sugli impatti socio-economico-sanitari dell'azzardo. Questa è una condizione preliminare non per la nostra azione critica, ma per una vera e coerente azione istituzionale.

Ecco un fatto: in Italia non esiste a oggi un'istituzione realmente indipendente, realmente terza, realmente non finanziata per dritto o per traverso dall'industria del gambling o partecipata per diritto o traverso dalla lobbyna delle buone cause. Serve un'istituzione intendo dire che con un mandato istituzionale coerente con i principi etico-giuridici del nostro ordinamento e sulla base di criteri scientifici (e non politici, come invece è l'Osservatorio sul gioco) analizzi la struttura e le dimensioni del gioco d'azzardo in Italia, le persone a cui questo gioco si rivolge e l'impatto che questa interazione tra struttura-ambiente-persone ha sulle relazioni, la micro e la macroeconomia, insomma su tutto ciò che con un termine un po' generico potremmo chiamare "il sociale".

La questione che ponevo nel mio articolo è: ma questo software, indipendentemente da chi l'ha progettato, ammesso l'abbia già progettato, non può essere l'ennesimo cavallo di Troia per evitare di incamminarsi su questa strada? La mia risposta è: sì, evidentemente lo è. Al di là di tutte le buone intenzioni del mondo.

Un software non è una "isituzione terza", ma potrebbe dare facilmente l'impressione di farne le veci.

A monte di una vera istituzione terza andrebbe sviluppato un reale dibattito su strumenti, mezzi, criteri, senza dare per scontato nulla. Perché, parafrasando Prezzolini, tutto in Italia è scontato, tranne ciò che dovrebbe esserlo. E sul tema dell'azzardo troppe cose sono state date per scontate. Che continuino o meno a essere tali dipende da noi, da lei, da me, da tutti.

Si è mai visto un chirurgo operare a casaccio prima di aver prescritto esami diagnostici seri e approfonditi sul paziente? Perché allora lo Stato italiano dovrebbe comportarsi così in tema di stanziamenti da milioni di euro per la terapia dell'azzardo? Se il malato-Italia è grave, ancor più urgente è allora la necessità di avere dati e indicatori attendibili sulla sua patologia. Dati, analisi, ricerche, non slide o numeri a casaccio o, peggio, riciclati col "copia e incolla". Non crede? E' una questione di buon senso istituzionale, prima ancora che di logica.

Domanda da cittadino: perché un governo dovrebbero stanziare euro a milioni per finanziare cose magari lodevoli, magari simpatiche, magari amene, magari anche utili ma che sinceramente hanno tanto l'aria di surrogato rispetto al cuore della vicenda che chiamiamo "azzardo"?

Di questo passo ,passi avanti non se ne fanno. Ne conviene? Non è forse questo il punto comune, il "fra", come direbbe il buon Martin Buber, tra un" io" e un "tu", dentro il quale e solo dentro il quale è possibile collaborazione e dialogo?

Io credo che vada fermato tutto. Vada fermato questa inutile richiesta di risorse. I giocatori d'azzardo, patologici o no, non possono diventare la coperta di Linus di un modello di welfare molto, troppo politicizzato e dunque arrivato se non alla frutta, quanto meno al dessert.

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.