Cultura

Cappello: il bello di essere poeta è poter dire parole inutili

La viva voce del poeta friulano per i lettori di Vita

di Elisa Cozzarini

Il poeta friulano Pierluigi Cappello, classe 1967, scrive versi da quando era ragazzo. A sedici anni un tragico incidente in moto gli toglie l’uso delle gambe, costringendolo in sedia a rotelle. Con “Assetto di volo” vince il premio Bagutta nel 2007 e nel 2010 il Viareggio per “Mandate a dire all’imperatore”, editi entrambi da Crocetti.  Vive a Tricesimo, in provincia di Udine. Fino a poche settimane fa stava in un prefabbricato del 1976, dopo il terremoto, ma ora ha dovuto trasferirsi dalla madre. Le sue condizioni di salute ed economiche, data la disabilità e il bisogno di assistenza continua, si sono aggravate negli ultimi tempi. La Regione Friuli Venezia Giulia ha chiesto al governo Monti all’unanimità l’assegnazione del vitalizio che la legge Bacchelli prevede per chi, nel corso della carriera, si è distinto nel mondo della cultura e dell’arte, ma versa in condizioni di indigenza.

 

Una salda stretta di mano e, quasi in contrasto, uno sguardo morbido e accogliente: è il primo impatto con il poeta friulano Pierluigi Cappello, all’ingresso di casa della madre, dove ora vive «un po’ accampato», come dice lui con un sorriso.

 

Oggi nella società dei mass media e della velocità, qual è il ruolo del poeta?
La sua stessa esistenza lo colloca in opposizione al sistema mediatico. In televisione il poeta è visto o in chiave parodistica, oppure per descrivere figure che operano in altri ambiti, per esempio si sente dire: il poeta del calcio, del rock. Rendere ordinario lo straordinario e straordinario l’ordinario è qualcosa che la tv fa continuamente, è il modo più facile per appiattire i valori e nascondere le cose più scomode. Se tutto è uguale, non c’è ragione per cui io mi debba sbattere per trovare un senso alla vita.

Cosa significa opporsi al sistema mediatico?
La poesia implica gratuità. Basta pensare al puro e semplice fatto economico: vivere dei diritti d’autore è una speranza vana. Un libro di poesie, quando va bene, come il mio “Mandate a dire all’imperatore”, vende 6-7mila copie, un best seller per questo genere, ma ci vogliono cinque, sei anni per scriverlo. Così, le parole della poesia sono sottratte all’utile, si prefiggono una durata, forano il tempo, collocandosi in senso diacronico, non sincronico. Si oppongono al linguaggio dell’economia, che deve essere il più preciso e tempestivo possibile, altrimenti ne va di perdite ingenti di capitali. Ma quelle parole, immediatamente dopo, decadono. Appassiscono nel momento stesso in cui le pronunciano, perché sono intese all’utile di quell’istante. Vedo la ricchezza come una sorta di vittoria, ma quando è ostentata è una forma di volgarità, e volgare è sempre colui che non è in grado di reggere la propria vittoria. La poesia è in opposizione perché rappresenta il luogo dove il bello è ancora possibile, mentre attorno è pieno di comportamenti esteticamente brutti.

In questo momento di crisi, mentre si parla solo di soldi e numeri, la poesia può contribuire alla ricerca di valori immateriali?
È andata così avanti nell’immaginario delle persone questa visione economica di tutto, che sarà davvero difficile sottrarsi. Ma quando è in crisi, lo sguardo dell’uomo cerca sentieri diversi, si è più a contatto con se stessi, perché la crisi pone delle domande, ed è un fatto positivo. Sulla qualità delle risposte, non saprei. Il poeta, l’artista in generale, è una figura preziosa perché ha la funzione di ricondurre all’umano. Noi uomini siamo commoventi e tragici a un tempo, perché dentro abbiamo un’aspirazione all’assoluto, nel senso etimologico di liberato, e nello stesso tempo siamo in lotta con la nostra parte più irrazionale, bestiale. Il poeta raccoglie il senso di questo conflitto. È un uomo che si mette in ascolto, capace di vedere le cose e ricondurre una storia in un dettaglio.

Non è paradossale, visto che il poeta vive una condizione molto solitaria?
È così nell’immaginario comune, ma non è detto. La forma di relazione del poeta sono i suoi testi, che parlano a chi sta al di là dei fogli. Queste persone le senti, sai che ci sono, chissà dove…

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L’intervista integrale è sul numero di Vita in edicola

Ascolta, in allegato, il poeta che recita la sua “L’autostrada”


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