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Capacità d’ascolto ed empatia: ecco le regole della Casa (Ronald)

Quest’anno saranno 13 i giovani operatori volontari che potranno essere accolti grazie al progetto "Ci vediamo a casa" della Fondazione per l'Infanzia Ronald McDonald Italia. «Entrare a far parte di Fondazione è come entrare in una grande famiglia, unita dalla voglia di sostenere le persone che si trovano in un momento difficile. Chi sceglierà di partecipare avrà l’opportunità di crescere professionalmente e nelle nostre strutture incontrerà un luogo familiare e caloroso che sa di casa», osserva la responsabile risorse umane Caterina Brambilla

di Antonietta Nembri

Lo scorso anno otto giovani hanno varcato le soglie della Case Ronald e delle Family Room di Fondazione Ronald McDonald Italia grazie a un progetto di Servizio civile universale. «È stata un’esperienza pilota positiva», conferma Maria Chiara Roti, direttore generale della fondazione che rivela come il Scu fosse un’iniziativa che ha fortemente voluto fin dal suo arrivo.
Quest’anno saranno 13 i giovani operatori volontari che potranno essere accolti grazie al progetto "Ci vediamo a casa" (i dettagli per partecipare al bando e e destinazioni qui). Per loro, conferma Caterina Brambilla, responsabile risorse umane, ci sarà l’opportunità di «conoscere i nostri progetti, condividere la nostra mission, stare vicino ed essere di supporto alle famiglie e ai loro bambini ospiti delle nostre strutture che sorgono vicino o all’interno dei principali ospedali pediatrici italiani».

Per 12 mesi, infatti i giovani saranno formati direttamente sul campo e saranno di supporto alle attività quotidiane degli operatori delle Case Ronald (Brescia, Firenze, Roma Bellosguardo e Palidoro) e nelle Family Room (Bologna, Alessandria, Milano e Firenze) dove vengono accolte le famiglie e i bambini ricoverati per lunghi periodi lontani da casa. «Giovani che,» continua Roti «porteranno la loro energia, nuove idee e voglia di imparare entrando nel nostro mondo in modo diverso dagli altri volontari. Gli operatori in servizio civile, infatti, sono selezionati con un bando, dopo colloqui e un percorso formativo che li porta a far parte dello staff».


Supporteranno gli operatori nelle attività quotidiane gestendo l’accoglienza delle famiglie dal momento dell’arrivo e per tutto il tempo di permanenza (gestione reception, check in, check out, utilizzo di gestionali/portali dedicati, presentazione della struttura e dei servizi, …). Avranno poi la possibilità di dialogare con l’ufficio relazioni con il pubblico dell’ospedale, di supportare il mediatore culturale se necessario, di gestire la navetta da e per l’ospedale, di contribuire alla gestione dei servizi esistenti (come laboratori ricreativi, sportello counseling, raccolte alimentari…) ma anche di pensarne di nuovi, di rispondere ai bisogni primari delle famiglie ospiti.

Capacità di ascolto ed empatia, voglia di mettersi in gioco e portare nuove idee, energia, come pure di fluttuare fra attività diverse: sono queste alcune delle skills richieste a quanti si candidano a fare il servizio civile in Fondazione McDonald. «Al termine del percorso si sarà maturata una preziosa esperienza, professionale e umana», precisa Brambilla.

Quale dunque in sintesi il valore aggiunto di svolgere il servizio in questa realtà? «Entrare a far parte di Fondazione è come entrare in una grande famiglia, unita dalla voglia di sostenere le persone che si trovano in un momento difficile. Chi sceglierà di partecipare avrà l’opportunità di crescere professionalmente e nelle nostre strutture incontrerà un luogo familiare e caloroso che sa di casa».
Non solo. L’anno di servizio potrebbe essere la porta d’ingresso nel mondo del lavoro. Come è successo a tre degli otto giovani che hanno partecipato alla sperimentazione dello scorso anno. «Per tutti gli altri è stata comunque un’esperienza formativa che resterà per tutta la vita», conclude Roti.
Per le info: hr.fondazione@it.mcd.com

Foto da Ufficio stampa

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