Formazione
Caos sostegno, ovvero spendere 6,4 miliardi l’anno e non raggiungere un’inclusione di qualità
Sulla carta, sull'inclusione scolastica siamo avanti a tutti. Abbiamo una buona legge, ci mettiamo anche parecchie risorse: 6,4 miliardi contro il miliardo della Francia, per un numero di studenti con disabilità analogo. Eppure ogni anno è caos sull'inclusione degli alunni con disabilità. Le associazioni lo ripetono da tempo. Ora questa è anche la prima richiesta della neonata piattaforma degli autorappresentanti.
Si sono presentati da pochissimi giorni, ma non hanno perso tempo gli undici autorappresentanti che compongono la prima Piattaforma Italiana degli Autorappresentanti in Movimento, nata grazie a un progetto di Anffas. Sono cioè persone con disabilità intellettive e/o relazionali che si sono formate per diventare rappresentanti dei propri diritti e delle proprie richieste. La loro prima azione è stata quella di prendere carta e penna e scrivere al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per sollecitare la messa di atto di tutte le misure necessarie alla piena inclusione scolastica anche delle persone con disabilità. Il primo diritto che le persone con disabilità hanno quindi voluto chiedere con forza per sé – nulla su di noi senza di noi è la logica – è quello alla scuola.
L’anno scolastico appena partito, sul fronte dell’inclusione scolastica, è particolarmente complesso. La realtà dei fatti è così descritta dalla lettere degli autorappresentanti: «Gli alunni con disabilità di tutta Italia si trovano oggi a scontarsi con ostacoli e barriere di diverse natura: molti di noi all’inizio dell’anno scolastico, invece che recarsi a scuola con tutti gli altri, sono rimasti a casa a causa dei problemi nell’avere accesso ai servizi di trasporto scolastico, di assistenza igienico-personale, di assistenza all’autonomia alla comunicazione. Molti di noi non hanno ancora un insegnante di sostegno, risorsa indispensabile per gli alunni con disabilità e per le loro classi per vedersi garantito il diritto all’inclusione scolastica e ad un’istruzione adeguata che ci consenta, alla pari di tutti gli altri, di essere cittadini formati e preparati, pronti per l’ingresso nel mondo del lavoro. Molti di noi si trovano ad avere insegnanti di sostegno non specializzati, a causa di logiche di assegnazione che – in dispregio delle tante buone norme di cui disponiamo – non mettono al centro le nostre priorità e bisogni. Molti ancora trascorrono le proprie giornate scolastiche in aule sovraffollate o, peggio, nei corridoi ed in cosiddette “aulette di sostegno” senza alcun rispetto per il nostro diritto ad essere inclusi e poter partecipare. E purtroppo questa è divenuta ormai una prassi, che vediamo tristemente ripetersi ogni anno. In poche parole, siamo fortemente discriminati in un ambito che condiziona e può condizionare pesantemente e gravemente le nostre vite ed il nostro futuro».
La situazione
Nonostante un concorso che per la prima volta ha previsto una specifica classe di concorso sul sostegno, nonostante una delega per il riordino della materia prevista dalla legge 107, di cui ancora non si sa nulla, nonostante tante promesse di attenzione al tema – a cominciara dal sottosegretario Davide Faraone – sul sostegno è caos. Secondo Anief, mancherebbero nelle scuole d’Italia un insegnante di sostegno su tre. Nella sola Sicilia ci sono circa duemila posti di sostegno ancora da coprire e 829 docenti che hanno chiesto l’assegnazione provvisoria sul sostegno, pur non avendone il titolo (un’opzione concessa nelle ultimissime settimane, di cui abbiamo parlato qui). La situazione si prospettava già caotica a maggio, quando Tuttoscuola spiegava che coprire 6.100 posti di sostegno nell’attuale concorso per docenti avevano presentato domanda 10.600 candidati (il 42% in più), con una «incredibile contraddizione»: moltissime domande al Sud e pochissime al Nord, con il risultato che – già si sapeva – «non saranno coperti ben 1.155 posti, perché in diverse regioni settentrionali, a differenza del resto d’Italia e nel Mezzogiorno in particolare, le domande sono state inferiori al numero dei posti a concorso».
AIPD ha parlato di «rigidità e inadeguatezza del sistema di nomine, diviso per province o ambiti territoriali, [che ] crea situazioni per le quali in una zona si esauriscono subito le graduatorie dei docenti specializzati per il sostegno e vengono nominati docenti non specializzati, mentre nel territorio vicino vi sono docenti specializzati che non vengono nominati e che non possono essere utilizzati nel territorio carente di specializzati». Un atro capitolo riguarda l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione nelle scuole superiori, messa a serio rischio dalla mancata riattribuzione di competenze e di fondi a seguito dell'abolizione delle province prevista della legge Delrio: i 70 milioni stanziati dal Governo certo non coprono interamente il servizio e diversi realtà locali – ha denunciato Ledha – ad esempio la Regione Lombardia, per l’anno scolastico in corso si è impegnata solo a distribuire la quota del finanziamento statale che arriverà, che basterà a coprire le spese soltanto di una parte dell’anno. Per gli alunni delle scuole superiori si aggiunge il problema del trasporto scolastico gratuito, finora garantito dalle province: alcune Regioni – tra cui il Lazio – hanno interpretato che i 70 milioni di euro stanziati dal Governo debbano essere utilizzati per la sola assistenza all’autonomia e alla comunicazione, mentre la magistratura ha ribadito più volte che nel “supporto organizzativo all’inclusione scolastica” oltre all’assistenza è compreso anche il trasporto scolastico gratuito.
Per tutto questo, continuano gli autorappresentanti nella loro lettera, «ci rivolgiamo a Lei per lanciarLe un importante appello che riguarda uno dei nostri fondamentali diritti, sancito dalla Costituzione Italiana, da moltissime norme e dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità oggi L. 18/09: quello del diritto ad un’istruzione di qualità all’interno di un sistema scolastico inclusivo. […] Le rivolgiamo un appello affinché intervenga, nelle modalità che riterrà naturalmente più opportune, nei confronti del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, delle Regioni e degli Enti locali per fare in modo che ci siano garantite parità di opportunità e giusti sostegni, in tempi adeguati, nel nostro diritto allo studio ed all’istruzione».
Il prossimo Programma d'azione: più qualità
La linea di intervento 4 del nuovo Programma d'azione per le politiche sulla disabilità parla proprio di inclusione scolastica e processi formativi, nell'ottica dell'attuazione dell'articolo 24 della Convenzione Onu (è stato discusso a Firenze nei giorni scorsi e dovrà ora essere modificato alla luce delle osservazioni emerse durante la Conferenza Nazionale e poi approvato). Otto le azioni specifiche previste: migliorare la qualità dell’inclusione scolastica e dell’istruzione degli studenti con disabilità attraverso il miglioramento delle competenze del personale scolastico; garantire l’uniformità dell’erogazione del servizio di assistenza nelle scuole; migliorare l’accessibilità delle scuole e garantire gli accomodamenti ragionevoli; garantire agli alunni con disabilità l’accesso alle scuole italiane all’estero; garantire l’accesso all’istruzione domiciliare; garantire l’accesso all’educazione precoce dei bambini con disabilità; garantire la continuità tra orientamento/formazione e transizione al lavoro e l’accesso degli adulti con disabilità a percorsi d’istruzione e formazione permanente; realizzare un monitoraggio della qualità dell’istruzione.
«Questo campo è uno dei pochi in cui l'Onu ha riconosciuto che l'Italia ha dei punti di forza», ha affermato durante i lavori della Conferenza nazionale Donata Vivanti, presidente di EDF, membro del comitato di redazione dello shadow report all'Onu sull'attuazione della Convenzione, vicepresidente FISH e coordinatrice del gruppo 4 dell'Osservatorio sulla disabilità. «L'Italia ha 220mila alunni con disabilità e spende 6,4 miliardi di euro annui solo per gli insegnanti di sostegno: per fare un paragone, la Francia ha 240mila studenti nella scuola pubblica e per loro spende 1 miliardo all'anno. Quindi va riconosciuto lo sforzo italiano, siamo uno dei paesi d'Europa che sull'inclusione scolastica investe di più» (i dati si possono leggere anche nelle risposte che l'Italia ha dato a Ginevra al Comitato CRPD a fine agosto. Ai 6,4 miliardi per gli insegnanti di sostegno vanno aggiunti 700 milioni di euro ogni anno per gli assistenti educativi e di comunicazione per gli studenti con disabilità, ndr).
Però tutti sappiamo, ha continuato Vivanti, «che il sistema ha grosse difficoltà. Io sono una "fanatica" della valutazione di impatto, una legge non è una buona legge se non ha buone ricadute! Per questo servono azioni specifiche che portino ad utilizare meglio sia questo nostro partimonio culturale nell'inclusione sia questo sforzo economico, perché non è possibile che con questo impegno abbiamo risultati scarissimi in termini di alunni con disabilità diplomati, inferiori agli altri paesi, e pochissimi laureati, con una evidentissima discriminazione di genere, perché le donne con disabilità laureate sono pochissime, c'è un gap di genere specifico della disabilià. La quantità non è il nostro punto debole, ma la qualità».
Foto P. Desmazes, Getty Images
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