Delle volte è proprio dai ratzingeriani che papa Ratzinger deve guardarsi. Lo dimostrano due recenti vicende. La prima è l’udienza a Barack Obama. Se Benedetto XVI avesse seguito gli umori dei vescovi americani più papisti del Papa, l’udienza non avrebbe mai avuto luogo. Il cardinale Francis Stafford, commentando l’elezione di Obama, aveva evocato niente meno che l’Apocalisse. Mentre il futuro cardinale Raymond Burke, prefetto del Tribunale della Segnatura apostolica, su Inside the Vatican bolla ancora Obama come «uno dei più aggressivi politici abortisti della nostra storia». Gian Maria Vian, direttore dell’Osservatore romano, proprio per aver valorizzato alcuni passaggi del discorso del presidente all’università cattolica di Notre Dame, è stato riempito di insulti. Sul National Review, la bibbia dei conservatori, Vian è stato sottoposto a un vero terzo grado. «È vero», ha risposto, «Obama non mi sembra un presidente pro aborto. Nel discorso a Notre Dame ha considerato l’aborto come qualcosa da prevenire e soprattutto ha detto che va compiuto lo sforzo per allargare il consenso su un argomento così delicato».
Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti
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