Famiglia
Candelaria, con il terrore di pap
di Ottavia Annoni, tra i ragazzi di Città del Guatemala.
Cammino per le strade di Città del Guatemala, nei pressi del centro San José. Si avvicina un tir traballante. Sul cruscotto campeggia la scritta «Jesús: el amigo que nunca falla». Questa religiosità così diffusa, quasi esasperata, mi ha colpito fin dal primo istante. Sui muri e sui bus, nelle pubblicità, nelle facce della Madonna stampate sulla maglietta. E in tutto questo inno all?amore e alla fratellanza non capisco bene se sono nell?ecumene o nel regno della New Age. Anche perché a messa, poi, non c?è domenica che passi senza che la predica sia un?invettiva contro la violenza. Pare che le aggressioni per rapine siano all?ordine del giorno. Suor Enza lavora nel Peten: da inizio anno lì ci sono già stati 30 omicidi. Morti così: nessuno cerca di risalire ai colpevoli, nessuno è stato punito.
Nelle strade di Città del Guatemala, più silenziose, nascoste con vergogna, ci sono tanta violenza e tante ferite. Le vedo soprattutto negli occhi delle bambine del centro O gar de la ninha, a Quilata. Loro la violenza l?hanno conosciuta in famiglia, violentate o picchiate dai padri. Candelaria ha sei anni, dieci fratelli e un padre alcolizzato che li picchia. Non ha, invece, la mamma. Per dieci giorni mi sta accanto e mi dà la mano senza parlare. Poi una domenica mi racconta di lei, di quando torna a casa e il papà la obbliga a camminare scalza per non consumare le scarpe, delle scenate ogni volta che riparte per il centro, mentre lui vorrebbe che accudisse i fratellini più piccoli. Per strada, davanti a tutte quelle scritte che parlano di amore, sale un po’ di rabbia: sono solo una facciata contraddittoria.
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