Formazione
Campania, se la scuola resta chiusa si ammalano i ragazzi
La Regione sarà tra le ultime a riaprire, e non è detto che lo farà. «Io non credo che la soluzione sia quella di aspettare che “passi la tempesta”. Ma quella di trovare un modo per portare la nostra nave, la scuola, in porto nonostante la tempesta», dice Rachele Furfaro che dirige il network di scuole "Dalla Parte dei Bambini" a Napoli. «I bambini e i ragazzi stanno pagando un prezzo troppo alto. Alcuni non vogliono più uscire di casa, non riescono a riprendere una vita normale, hanno paura. Ma è nostro compito, e delle istituzioni, guardare la salute nel suo insieme»
di Anna Spena
«Io non credo che la soluzione sia quella di aspettare che “passi la tempesta”. Ma trovare un modo per portare la nostra nave, la scuola, in porto nonostante la tempesta», a dirlo è Rachele Furfaro, presidente di Fondazione Quartieri Spagnoli (Foqus) e dirigente del network di scuole “Dalla parte dei bambini” di Napoli.
Ma in Campania, dove il 18% della popolazione residente è minore e il tasso di abbandono scolastico arriva al 19,1%, le scuole continuano ad essere chiuse. E infatti riapriranno lunedì 11 gennaio 2020 ma solo quelle dell’infanzia e le prime due classi della scuola primaria. A partire dal 18 gennaio, in base alle nuove evidenze epidemiologiche, si valuterà la possibilità del ritorno in presenza per l’intera scuola primaria, e successivamente, dal 25 gennaio, per la secondaria di primo e secondo grado. Da sottolineare che in Campania dall'inzio dall'anno scolastico il numero di giorni che i ragazzi hanno frequentato in presenza, fatta eccezione per gli asili e la prima elemetare, si ferma a diciotto.
«Oggi la Campania è una delle regioni meno colpite dal Coronavirus», continua Furfaro. «Eppure la scuola in Campania è stata bloccata. Ma la scuola con questa pandemia deve imparare a convivere. Perché se resta chiusa a pagarne il prezzo più alto sono i bambini e i ragazzi. Alcuni non vogliono più uscire di casa, non riescono a riprendere una vita normale, hanno paura. Noi dobbiamo guardare alla salute nel suo insieme, e la salute è appunto psicofisica, non solo fisica. Se c’è un problema a livello psicologico e si presentano disturbi come quelli che stiamo registrando in questo periodo, dobbiamo farcene carico adesso. Questi mesi avranno una traccia indelebile nella vita di tante generazioni».
Ma, ne è convinta Rachele Furfaro che con il network di scuole che dirige ha dato il via al primo esperimento di scuola diffusa in Italia, «è il paradigma della scuola che deve cambiare. La scuola non ha solo il compito di istruire ma anche quello importantissimo di educare. Formare le persone. E quindi proprio in questo momento storico in cui è cambiata la vita di tutti anche la scuola deve cambiare pelle, rinnovarsi».
Il network di scuole “Dalla Parte dei Bambini” è famoso perché a Napoli ha ribaltato l’idea stessa di scuola: «È possibile fare scuola ovunque e in qualunque momento: per strada, nei boschi, nei parchi, dall’alba al tramonto, in tempi e in luoghi diversi da quelli a cui la scuola tradizionale ci ha abituati. In una scuola così concepita i diversi saperi si intersecano, le professionalità della scuola incontrano altre professionalità e competenze, le une e le altre potranno arricchirsi reciprocamente. Riaprire in sicurezza non sarà allora solo l’applicazione meccanica delle regole del distanziamento sociale, ma l’opportunità di una coraggiosa innovazione».
Affinchè questo accada bisogna lavorare sulla formazione dei docenti: «Oggi non ci sono docenti preparati ad affrontare una scuola all’esterno. Ma la scuola davvero può esistere ovunque ci sia uno spazio dove poter fare esperienza e un adulto che si prenda cura dei ragazzi, che li indirizzi. La scuola, se si rispettano le regole, non è un motivo di contagio. E allora diminuiamo il numero degli alunni per classe, dividiamoli su tre turni: dalle otto di mattina fino alle otto di sera, tra un turno e un altro sanifichiamo gli ambienti. I sindacati dovrebbero aiutare in questa trasformazione, e se i contratti degli insegnanti oggi non sono in linea con la trasformazione che tutta la scuola italiana deve intraprendere allora cambiamoli quei contratti. Come a cambiare deve essere la mentalità che ha radice profonde in un’idea di scuola vecchia che non va più bene, una scuola da impianto ottocentesco. Noi le nostre scuole le abbiamo tenute aperte e le terremo aperte il più possibile, abbiamo fatto didattica all’esterno, dai balconi, diviso i ragazzi in gruppi di cinque per portarli a fare passeggiate didattiche in città. Chiaro riorganizzare significa fare investimenti ingenti, ma basti solo pensare ai 3 milioni di euro spesi per fare i banchi con le rotelle…con quei soldi avremmo potuto fare una formazione a tutto il corpo docente».
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