Non profit

CAMPAGNE. Greenpeace: prime vittorie per “Amazzonia che macello”

Le risposte delle aziende sotto accusa

di Gabriella Meroni

A due settimane dal lancio del rapporto di Greenpeace “Amazzonia, che macello!” e dalla “cyberazione” con cui l’lrganizzazione ha chiesto a marchi globali come Geox, Timberland, Clark’s, Adidas e Nike di non acquistare pelle che proviene dalla distruzione dell’Amazzonia, Greenpeace ha già ottenuto successi importanti. In seguito alle denunce infatti l’International Finance Corporation, l’agenzia della Banca Mondiale che sostiene gli investimenti privati nei Paesi in via di sviluppo, ha cancellato il prestito di 90 milioni di dollari concesso al gigante brasiliano Bertin. «Come dimostriamo nel rapporto», dice Greenpeace, «questa azienda acquista carne e pelle da allevamenti illegali in Amazzonia, deforestando, occupando territori indigeni e impiegando i lavoratori come schiavi».

La giustizia brasiliana ha aperto un’indagine e si appresta a richiedere a Bertin e ai proprietari degli allevamenti illegali un indennizzo milionario per danni ambientali. Le principali catene di supermercati in Brasile – come Wal Mart, Pao de Azucar e Carrefour – hanno cancellato i propri contratti con Bertin in seguito a una azione civile del Ministerio Publico Federal, che ha imposto multe di circa 200 euro per ogni chilo di carne proveniente dalla distruzione dell’Amazzonia. Anche in Europa, «Greenpeace ha lavorato perché il rapporto e le nostre richieste vengano presi considerazione dalle aziende coinvolte». Di seguito la situazione:

Geox: dopo l’azione diretta a Milano, rappresentanti di Greenpeace hanno incontrato Geox nella loro sede, presentando una lista di punti da chiarire e obiettivi da rispettare; l’azienda si è impegnata a rispondere entro cinque giorni a partire da oggi.

Clark’s: continua a non rispondere alle richieste di Greenpeace, nonostante abbia inviato a tutti quelli che hanno partecipato alla cyberazione una mail nella quale, mentendo, asserisce di averci cercato per trovare una soluzione.

Adidas, Nike e Timberland: hanno partecipato a un incontro insieme a Greenpeace e Bertin nel corso del quale si sono detti sensibili ai problemi sollevati dal nostro rapporto; dall’incontro, però, non è ancora scaturito nessun tipo di impegno formale.

«Secondo noi», continua la nota, «Clarks, Geox, Nike, Timberland, Adidas e Reebok devono interrompere immediatamente i loro rapporti commerciali con le aziende che deforestano, fanno uso di lavoro schiavile e occupano territori indigeni. Queste aziende», si legge ancora, «devono decidere se vogliono essere parte del problema o parte della soluzione. E anche voi potete fare la vostra parte per convincerle a prendere la decisione giusta. Come? Partecipando alla cyberazione».

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