Non profit

CAMPAGNE. Avsi per la sicurezza delle scuole ad Haiti

Avsi in soccorso delle famiglie dei bambini vittime del crollo della scuola e lancia una campagna per la prevenzione della sicurezza degli edifici scolastici

di Antonietta Nembri

Il crollo di una scuola a Nerette è l’ultima tragedia che ha investito le famiglie di Haiti. Difficile stabilire il numero esatto degli alunni presenti, pare tra i 270 e i 450. Ocha (dall’inglese Office for the Coordination of Humanitarian Affaire – Ufficio della Nazioni Unite) segnala 89 morti e 150 feriti, «ma a tre giorni dalla tragedia, è ancora impossibile conoscere il numero preciso delle vittime», scrive Fiammetta Cappellini, rappresentante di Avsi ad Haiti. Le cause della tragedia sono ancora da accertare, anche se pare sempre più evidente che la precarietà che governa Haiti regna anche nel campo edilizio. Il timore delle squadre di soccorso, impegnate nel recupero delle vittime tra le macerie, è che il bilancio possa salire vertiginosamente visto le difficili condizioni e la pesante coltre di cemento che ancora preme sui detriti dell’edificio.

Dal resoconto di Fiammetta Cappellini sulle iniziative assunte da Avsi:
Il giorno stesso della tragedia l’équipe sociale di Avsi ha raggiunto il luogo della disgrazia, per mettersi a disposizione delle autorità, della cosiddetta macchina dei soccorsi. Nel caos e nello sbandamento di quei primi momenti, abbiamo creduto di individuare il nostro ruolo nel sostenere le famiglie delle vittime in attesa di notizie o che venivano via via a conoscere la sorte dei loro piccoli. Il giorno seguente, ci siamo resi conto della mancanza di informazioni e di coordinamento tra luogo della tragedia, famiglie delle vittime e centri ospedalieri. Con una rapida verifica, sono stati individuati quasi 50 bambini rimasti soli in ospedale, mentre i loro genitori ancora si angosciavano sulla loro sorte. L’équipe di Avsi ha così assunto il ruolo di coordinazione e diffusione delle notizie. Nella giornata di domenica, l’équipe, rinforzata di tutti i componenti disponibili e giunta così a 6 psicologi e 10 assistenti sociali, è tornata sul posto per continuare il lavoro, mentre 3 coordinatori si sono dedicati alla visita degli ospedali e al sostegno ai genitori che avevano perso i loro piccoli, arrivati in ospedale in condizioni già disperate. Lunedì, il compito più difficile: su mandato della Croce Rossa internazionale, che non dispone ad Haiti di esperti in grado di svolgere il compito, siamo andati nella camera mortuaria dell’ospedale universitario per accompagnare i genitori nel rito del riconoscimento delle vittime.

Le cause della tragedia sono ufficialmente ignote. Tutti pensano, anzi sanno che questo malaedilizia si ripete in tante altre scuole haitiane. Se chiudessero tutte le scuole che non hanno avuto l’autorizzazione alla costruzione, a Port-au-Prince non ci sarebbero praticamente più scuole. Ora nessuno si prende la responsabilità per quella scuola che non doveva essere li, che non doveva avere quei tre piani, aggiunti negli anni senza alcun criterio, senza alcuna regola, nessuno parla di aule sovraffollate (non meno di trenta bambini per aula, ma in molte scuole si arriva senza vergogna a 50) e delle norme di sicurezza inesistenti.

Tante volte, dopo una immane tragedia, ci si chiede come sia potuto succedere. Se non si poteva forse evitare. «Qui ad Haiti, no. Oggi nessuno ha il coraggio di chiederlo. Forse perché tutti noi, che ci viviamo, conosciamo bene o male la risposta: certo, questa tragedia si poteva evitare. Si doveva evitare – continua Cappellini – . Da sempre si vedono costruire edifici in qualche modo, in luoghi sconsiderati, in contrasto con tutte le regole scritte e non scritte, in contrasto con qualsiasi minimo buon senso. E tutti facciamo finta di non vedere, come se fosse inevitabile, in un paese che non riesce a uscire dal suo non sviluppo, dove vige questa anarchia. Oggi nessuno ha il coraggio di indignarsi. Tutti abbassiamo gli occhi, con un senso intimo di colpa per aver taciuto, per non aver denunciato, per aver lasciato correre una volta di più, una volta di troppo. Ho sentito tanti haitiani in questi giorni confessare la loro vergogna nei confronti delle vittime, nei confronti del mondo. Quelle di Nerette sono 90 piccole vittime dell’incuria e della superficialità, del lasciar correre».

Le proposte di Avsi per rispondere all’urgenza attuale e perché la tragedia non si ripeta:
cure mediche necessarie per i bambini sopravvissuti che hanno riportato ferite gravissime e che sono vittime di danni permanenti. Un Centre de Santé è disponibile nel quartiere di Nerette e – se adeguatamente rinforzato – potrebbe prendere in carico in modo ambulatoriale i casi;
apertura di un servizio di accompagnamento psicologico a favore dei genitori delle piccole vittime e dei bambini sopravvissuti, che aiuti la comunità a trovare le proprie risorse positive;
una campagna di prevenzione e un’indagine sullo stato di sicurezza degli edifici scolastici e intervenire nei casi di evidente mancanza del livello minimo di sicurezza, sia con ristrutturazioni, sia con interdizioni al funzionamento.

Info: www.avsi.org

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