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Campagna Diamanti: Amnesty consegna al Governo 18mila firme

Una delegazione della Sezione Italiana di Amnesty International è stata ricevuta oggi dal Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri, On. Margherita Boniver

di Redazione

Una delegazione della Sezione Italiana di Amnesty International è stata ricevuta oggi dal Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri, On. Margherita Boniver. Oggetto dell?incontro è stata la consegna da parte dell?organizzazione per i diritti umani delle 18.000 cartoline firmate dai sostenitori della campagna ?Il vero costo dei diamanti? avviata nello scorso mese di febbraio in Italia da Amnesty International, Azione Aiuto, Banca Popolare Etica, Greenpeace, Legambiente, Mani Tese e WWF.

Durante l?incontro, la delegazione di Amnesty International ha espresso la propria preoccupazione per il fatto che, nonostante la recente approvazione della risoluzione dall?Assemblea Generale dell?Onu sul ruolo dei diamanti nell?alimentare i conflitti e la conclusione dello studio del cosiddetto ?Kimberley process? (il cui obiettivo è la messa a punto di un sistema di statistica, monitoraggio e certificazione internazionale), purtroppo non è stato ancora raggiunto alcun accordo concreto per un meccanismo di monitoraggio trasparente, rigoroso e verificabile per tutti gli stati. I rappresentanti di Amnesty hanno inoltre sollecitato l?adeguamento della legislazione italiana alle norme internazionali sul controllo del commercio dei diamanti, sottolineando che una decisione in tal senso è già stata adottata dalla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti nel marzo 2002.

?Chiediamo all?Italia di impegnarsi affinché le Nazioni Unite approvino un meccanismo di certificazione obbligatorio e aperto a controlli esterni e trasparenti? ha dichiarato Paola Cutaia, direttrice della Sezione Italiana di Amnesty International ?e di dotarsi, indipendentemente da questo sistema, di proprie norme severamente restrittive sul controllo di tutto il movimento di diamanti in entrata ed in uscita dal paese. L?obiettivo è che non ci sia spazio per importazioni provenienti da zone di conflitto quali Angola, Liberia, Repubblica Democratica del Congo, Sierra Leone, che alimentino il traffico illegale di armi?.

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