Sostenibilità

Camerun, dove la jungla è sostenibile

La gd decolvenaere,ora aspira al più severo marchio di gestione responsabile delle foreste.E non è la sola. di Olivier Van Bogaert

di Redazione

«Non tanto tempo fa ci insultavamo, con gli ecologisti. Oggi lavoriamo con loro»: sono le sorprendenti parole di Guy Decolvenaere del gruppo GD Decolvenaere, un imprenditore belga che ha due concessioni per il taglio degli alberi e due aree di lavorazione del legno nelle fitte foreste del Sud-Est del Camerun. Fino a qualche anno fa Decolvenaere considerava un intralcio le organizzazioni per la difesa dell?ambiente. Quando nel 1988 in Camerun il WWF avviò un progetto di tutela dell?ambiente e di gestione sostenibile delle foreste, i piani di gestione nei 30mila chilometri quadrati in cui si trovano le concessioni erano rari, e l?attenzione per gli interessi ambientali minima. Ma anni di lavoro sul campo da parte del WWF hanno cambiato il quadro. Oggi l?azienda di Guy Decolvenaere ha programmi di gestione per le sue concessioni di disboscamento e lavorerà con il Carpo del WWF (l?ufficio del programma regionale per l?Africa centrale) per certificare le foreste e contrassegnare i tronchi usando le norme salva-alberi del Fsc, il Forest stewardship council. «Abbiamo scelto la certificazione Fsc perché offre un programma completo su sfruttamento forestale, protezione e rispetto della biodiversità e aspetti sociali», dice Guy Decolvenaere. «Abbiamo deciso di lavorare con il WWF perché, oltre ad essere esperti in gestione sostenibile delle foreste, sono sempre sul campo per darci un aiuto». Decolvenaere spera di ottenere la certificazione Fsc entro il 2005, e quando ce l?avrà la sua azienda sarà la prima ad averla ottenuta nell?Africa tropicale. La conversione dei taglialegna Il programma Carpo del WWF è attivo in Camerun dal 1990. Nell?ambito del Carpo, il programma della foresta Jengi, che a sua volta copre il 12,5% del territorio, cerca di garantire la gestione sostenibile delle biodiversità e migliorare la qualità di vita della popolazione. Il risultato è che metà delle 22 concessioni per il disboscamento nella regione Jengi hanno approvato piani di gestione, e altre sono pronte a farlo. Ma la cosa più importante è che alcuni taglialegna, interessati in passato solo ad aprire grandi arterie stradali all?interno della foresta per arrivare agli alberi, ora tengono conferenze sui vantaggi della gestione forestale sostenibile. Qualcosa di davvero inaudito. Alcune imprese forestali stanno anche utilizzando tecnologie sofisticate per ridurre l?impatto ambientale. Muniti di localizzatori informatici satellitari gps (tecnologia usata dal WWF e offerta alle aziende disboscatrici) i ricercatori della Decolvenaere possono localizzare ogni specie arborea che ha raggiunto la dimensione giusta per il taglio. Allo stesso modo si informano sulle zone sensibili dal punto di vista ambientale e sui ?corridoi? usati da animali come elefanti e scimmie. Raccogliendo e analizzando le informazioni, possono quindi ridurre al minimo le strade e i sentieri costruiti nella foresta. Un?altra azienda, la Sefac, controllata dall?italiana Vasto Legno, utilizza questo strumento. Il mercato premia i buoni Al primo Summit sulle foreste dei capi di Stato dell?Africa Centrale, che si tenne nel marzo 1999 a Yaoundè, in Camerun. furono fatte generose promesse, in parte realizzate. Si crearono milioni di ettari di nuove aree di foresta protetta, e venne avviata un?importante cooperazione di confine per salvaguardare la natura a rischio. Sei anni dopo, quando i capi di Stato si riunirono nel secondo summit sulle foreste tenutosi a Brazzaville, nella Repubblica democratica del Congo, il WWF avvertì che in cinquant?anni i due terzi delle foreste del bacino del Congo sarebbero scomparsi se il disboscamento illegale fosse continuato agli stessi ritmi. «Il summit di Yaoundè ha inaugurato una maggiore pressione sulle compagnie di disboscamento», dice Guy Decolvenaere. «Ora sappiamo che ci sarà una maggiore richiesta di legname sostenibile in Europa, dove noi esportiamo. Alla lunga, i costi legati all?adempimento delle norme di certificazione daranno i loro frutti». Recenti decisioni di alcuni governi europei, come la Gran Bretagna e l?Olanda, di acquistare per i loro edifici pubblici solo legname certificato rappresentano un grande incentivo per un?azienda come la Decolvenaere, che tratta 25 diversi tipi di legname in Camerun e commercializza legno soprattutto nell?Europa del Nord e dell?Est. Le imprese come la Decolvenaere, che aspirano alla certificazione, si sono anche impegnate a combattere il bracconaggio, il contrabbando di flora e fauna e il commercio illecito di carne di animali selvatici. Anche i pigmei ci guadagnano Le foreste del bacino del Congo contengono più della metà delle specie animali africane, compresi gli elefanti delle foreste e l?intera popolazione mondiale dei gorilla delle terre basse. I boscaioli sono stati spesso considerati come alleati dei bracconieri soprattutto perché i loro camion trasportano la carne delle specie selvatiche verso le città. Gli autisti vendono la carne nei mercati di Yaoundé e Douala a prezzi alti. Ma qualcosa sta cambiando. Ogni tre mesi ci sono controlli a sorpresa nelle concessioni di Decolvenaere. E l?azienda ha intrapreso un ambizioso programma per incentivare la domanda del certificato Fsc da parte di altre aziende. L?igiene e la sicurezza sono state migliorate sia nelle strutture di lavorazione che nei villaggi. E l?azienda offre gratuitamente ai suoi 500 lavoratori casa, elettricità e acqua potabile. Un dipendente alle prime armi guadagna 60mila cfa (90 euro) al mese, tre volte la paga minima del Camerun. Uno più esperto, anche il doppio. Nelle foreste del sud-est del Camerun vivono molti gruppi indigeni come i cacciatori pigmei Baka. Per i Baka la foresta è fonte di vita. Decolvenaere si incontra spesso con loro. Di recente i pigmei gli hanno chiesto materiali edilizi per i loro villaggi. Decolvenaere aiuta anche altre comunità nella zona vicina con un allevamento di bestiame. «È un sistema per diminuire il bracconaggio», dice Isaac Ayache, direttore del cantiere Decolvenaere a Ndeng. Nella maggior parte delle 22 concessioni per il disboscamento, di proprietà di 10 aziende, vige un sistema un monitoraggio sulla condizione di flora e di fauna. «Siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto per la buona gestione delle foreste», afferma Dongmo, biologo del progetto Jengi. «Anche se sappiamo di avere davanti a noi ancora molte sfide». *resp. uff. stampa wwf internazionale


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