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Cameron, vittoria a metà

I conservatori battono i laburisti in Inghilterra, ma resta l'incertezza per un nuovo governo

di Franco Bomprezzi

Incertezza, ma nessuna sorpresa: l’esito elettorale in Gran Bretagna, determinato dai meccanismi di una legge fortemente maggioritaria, premia i conservatori di Cameron, ma non abbastanza da consentire loro di formare direttamente il nuovo governo, e così il premier laburista, sconfitto, Gordon Brown, può ancora provare a formare un governo di coalizione con i Lib Dem. Uno scenario inedito che oggi viene spiegato e raccontato dai giornali italiani.

Apertura senza dubbi per il CORRIERE DELLA SERA: “Cameron batte Brown: «Ora posso governare»”. Gli exit poll danno ai Tory 307 seggi: 19 in meno della maggioranza assoluta. I laburisti scendono a 255. Delusione dei Lib Dem. In Gran Bretagna – dunque – nessun partito avrebbe la maggioranza assoluta. Parlamento “appeso”, ma Cameron: posso governare. “Declino di Gordon, ragazzo di canonica” è il corsivo di commento di Aldo Cazzullo. “Vincono i Tory, ma non hanno la maggioranza” è il titolo del pezzo di apertura dei servizi interni, curati dal corrispondente Fabio Cavalera. In evidenza anche i commenti del portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs: «Nessun risultato cambierà la relazione speciale fra Washington e Londra» e del nostro ministro degli Esteri Franco Frattini che dice: «Il Regno unito continuerà sempre ad essere un grande Paese protagonista nell’Ue, chiunque vincerà le elezioni, noi lo chiameremo a questa prova di responsabilità e di solidarietà con gli altri Paesi europei». Michele Farina intervista la “postfemminista” Fey Weldon, 79 anni, 30 libri editi dalla Tartaruga edizioni. “«David, Un uomo nuovo, ha la virtù delle donne»”: «Quando nel ‘97 Blair vinse era giovane e sexy. Il carisma non c’entra nulla con il fare: e infatti non ha fatto niente. Oggi anche i laburisti sono visti come il partito degli imprenditori, quello che sfrutta i lavoratori. Da ultimo conviene segnalare l’intervento dell’altro scrittore David Lodge, raccolto sempre da Farina, anche lui molto critico nei confronti dei laburisti, pur avendoli votati: «Non ho mai votato conservatore. Questa volta però credo che i laburisti non meritino di andare ancora al governo». 

“Inghilterra, vittoria di Cameron ma non conquista la maggioranza”: per LA REPUBBLICA il voto britannico vale la foto notizia di spalla e tre pagine interne. “Londra, parlamento ‘appeso’ i Tory in testa ma non sfondano”. Riferisce Enrico Franceschini: David Cameron leader dei conservatori è senza dubbio il vincitore, annota il cronista, con i suoi 326 seggi che però non gli bastano per formare una maggioranza. «Con questi risultati possiamo governare, sono un deciso rifiuto del Labour» dice a caldo il leader conservatore, cui David Miliband, ministro degli esteri uscente replica: «Se nessun partito ha la maggioranza assoluta allora nessun partito ha il monopolio del potere, e tutti i partiti hanno l’obbligo di dialogare». È un “hung Parliament” quello uscito dalle urne, un Parlamento sospeso i giochi però non sono fatti: Brown, pur sconfitto (255 deputati), potrebbe provare ad allearsi con i Lib-Dem di Clegg (che ha guadagnato 61 seggi): in Gran Bretagna se nessuno ha la maggioranza, per tradizione è il primo ministro uscente a tentare per primo la formazione di un nuovo governo. Secondo Bernardo Valli, Gordon Brown è stato «sconfitto dalla voglia di nuovo», «un leader sulla soglia dei sessant’anni che si è battuto fino all’ultimo con una tenacia ammirevole e un’indubbia competenza, ma con una capacità di comunicare non sempre adeguata alla civiltà delle immagini». Forse però non si tratta solo di immagine, suggerisce nell’intervista a fianco John Kampfner: “Questo Labour è al tramonto serve una sinistra pragmatica”. In sostanza dice l’ex direttore di New Statesman, storico settimanale labour, il partito era «un guscio vuoto dal punto di vista delle idee… La Terza Via (la proposta di Blair, ndr) ha creato partiti moderati di sinistra, in grado di prendere voti al centro. Ma quali sono le sue idee? Far convivere l’economia di mercato con maggiori opportunità per tutti: ebbene, abbiamo visto…». Segue ritratto del probabile leader: «l’erede della Thatcher che copia lo stile Obama». Ma non solo: Cameron ha modernizzato il partito, togliendogli la patina di “cattivo” e sostenendo un concetto di indubbio interesse: «la Grande Società», «una sorta di contratto tra Stato, comunità e singoli cittadini, in virtù del quale tutti dovrebbero fare la loro parte nel fornire servizi e aiuto alle persone più deboli e anziane, prestare maggiore attenzione e avere una cura particolare per le strade e l’ambiente» contrapposto al «Grande Stato» dei laburisti, sottolinea John Lloyd.

“Londra incorona Cameron, ma regna l’incertezza” è il titolo con cui  IL GIORNALE sintetizza l’esito delle elezioni in Gran Bretagna dove «dopo 13 anni di dominio laburista i conservatori diventano il primo partito. La sinistra seconda, seguita dai liberali». Due le analisi. La prima di Livio che scrive che «il nuovo governo dovrà adottare in tempi brevissimi provvedimenti di austerità talmente severi da fare dire al governatore della banca d’Inghilterra che il vincitore  rischierà di restare escluso dal potere per una generazione». Il secondo commento è di Erica Orsini «Blair ha avuto la sua rivincita dopo essere stato messo in disparte troppo presto».

«Labour addio, finisce l’epoca dei socialisti tutti City e lavoratori». È il titolo scelto per il richiamo, con foto, nella parte bassa della prima pagina de IL MANIFESTO per descrivere il dopo-voto britannico. Il quotidiano non ha a disposizione i risultati definitivi, tuttavia nella pagina interna dedicata completamente al tema l’articolo principale è intitolato: «Addio Labour, comunque vada». L’inviato a Londra, Marco d’Eramo scrive: «Dopo 13 anni e 4 giorni, ieri è finita l’era laburista. (…) In ogni caso è finita l’epoca in cui la parola laburista dettava legge poiché il Labour godeva di una maggioranza schiacciante: quando Tony Blair vinse per la prima volta il 2 maggio1997, il Labour ottenne il 63,4% dei seggi (…) È tempo di tracciare un bilancio di questa stagione politica» continua d’Eramo. «(…) la Gran Bretagna veniva non solo da un’era in cui i conservatori avevano governato per i due terzi (67 anni) d tutto il secolo, ma soprattutto da 19 anni consecutivi di thatcherismo, da quella che era stata la più radicale rivoluzione reazionario del XX secolo». Tra i meriti elencati «aver avviato a soluzione problemi secolari, in primo luogo la drammatica questione nord-irlandese (.,.) con il processo della devolution di vasti poteri (in particolare nell’educazione, sanità e trasporti) a Scozia e Galles, il Labour ha disinnescato anche i due nazionalismi britannici», il secondo merito il benessere economico durato undici anni. Di spalla poi un articolo sul clima che si respira in Gran Bretagna: dall’indeciso dell’ultimo minuto, ai commenti nei pub in attesa degli exit polls e chiude con la dichiarazione di voto di un piccolo proprietario: «Ho votato Labour anche questa volta. Non tanto per i meriti quanto per fermare l’arrivo dei Tory. I Conservatori non sono cambiati: sono il partito dei ricchi. Mi sa che stanotte ci sarà da piangere».
 
“In Gran Bretagna conservatori avanti senza maggioranza”, è il titolo in prima del SOLE 24 ORE sul voto inglese, con un editoriale di Andrea Romano, “Mr Dubbio a Downing Street giocherà all’italiana”: «Un sistema elettorale impietoso, e non del tutto comprensibile per chi come noi è abituato a ragionare su uno sfondo proporzionale anche nel contesto di un sistema maggioritario, ha privato il partito conservatore di quel ritorno a Downing Street che David Cameron andava preparando da cinque anni. Un’occasione perduta per una storia di coraggiosa innovazione politica, che lo ha visto scommettere sulla conquista di quell’area di centro che aveva garantito al New Labour la realizzazione delle sue politiche più innovative. Un centro da intendersi non nell’accezione italiana, e dunque come area paludosa del compromesso opaco, ma come leva delle riforme e del cambiamento. Cameron ha dunque capovolto la retorica del nostalgismo thatcheriano nella quale erano affondati i Tories scommettendo su una società dove la diversità etnica e culturale, l’attenzione all’ambiente e la garanzia di servizi pubblici efficienti sono ormai considerati pilastri del discorso pubblico». 

Al momento della chiusura, AVVENIRE fa questo titolo: “Cameron vince, ma è senza maggioranza” e cita gli exit poll. Segnala l’alta affluenza alle urne (3 su 4), il fatto che «si è sgonfiato a un passo dal traguardo il partito liberaldemocratico, con Nick Clegg che doveva essere la sorpresa di questa tornata elettorale e invece addirittura arretra». Secondo le previsioni, c’è un «Hung Parliament» un parlamento impiccato, e tuttavia il fatto che i conservatori hanno superato (secondo gli exit poll, ora sono a 287, con meno di 50 sezioni da scrutinare) i 300 seggi è «un successo politico innegabile», che «chiude l’era del New Labour». Raddoppiati anche i voti postali rispetto al 2005, con un’impennata anche del timore di frodi. A piede un focus sugli immigrati, che con la crisi sono diventati rivali. 

In taglio alto LA STAMPA  titola “Cameron in testa ma non ha i voti per governare”. Richard Newbury firma “Brown tradito dall’elettore fluttuante” dove si chiede «Cos’è successo al New Labour, che con Tony Blair nel 1997 aveva vinto con una maggioranza di 179 seggi, infliggendo ai Tory la loro peggior sconfitta dal 1832? Come mai il New Labour è finito così? Perché i Conservatori, guidati da un privilegiato come David Cameron, e i Libdem, guidati da un altro privilegiato come Nick Clegg, hanno avuto risultati così buoni?». Poi argomenta «Una risposta è che il Labour di Gordon Brown è parso abbandonare quella zona sfuggente chiamata centro per quella più confortevole dell’organizzazione tribale socialista e della guerra di classe. Questo ha certamente puntellato il voto dello zoccolo duro e consentirà al partito di vivere per nuove battaglie, ma significa anche che il Labour di Gordon Brown non sta pescando là dove potrebbe intercettare quei voti fluttuanti indispensabili a una strategia vincente». L’esempio di Tony Blair rende chiaro il ragionamento «Nel 2005, all’inizio delle tre settimane di campagna elettorale, i sondaggi davano Blair sconfitto con 60 seggi. Invece vinse con 65. Cos’era successo? Con il suo istinto politico, aveva intuito dove fossero le zone erogene economiche del voto fluttuante e quanto fossero progredite socialmente. L’aveva capito anche perché lui, a differenza di Brown che era nato nella «tribù» laburista scozzese, aveva «scelto» di entrare nel partito e ne era diventato il leader scalandolo dall’esterno. Per lui era stata una scelta da consumatore, come lo è quella dell’elettore fluttuante, pronto a cambiare partito come a cambiare chiesa. Nelle società pluraliste, c’è un mercato degli adepti che va conquistato». Dunque che fett di elettorato si è perso Brown? «In questa elezione 2010 l’elettore fluttuante è stato identificato in una nuova entità socio-economica: Motorway Man, l’uomo dell’autostrada. Lui/lei vive in una delle aree residenziali costruite negli ultimi cinque anni lungo le autostrade, perché è un tecnico o un junior manager che viaggia per ore, mangia e naviga in rete nei caffè delle aree di servizio e sogna di possedere una casa più grande – e magari mandare i figli a una scuola privata diventando senior manager. L’ultima volta ha votato per Blair, ma ora non pensa più che i conservatori, e soprattutto Dave Cameron, siano estranei rispetto alla sua realtà e alle sue aspirazioni, mentre è preoccupato che la sua casa ora valga meno del mutuo. Così la stazione di servizio dell’autostrada è diventata il campo di battaglia di questa elezione: lì, a parte gli addetti alle pompe di benzina, ci sono ben pochi elettori dello zoccolo duro Labour. Il Motorway Man ha lo stesso Dna dell’elettore fluttuante che è stato la doppia elica nel corpo Labour come in quello Tory almeno dal 1945. Tony Blair l’avrebbe identificato e inglobato in un nuovo Centro: quello dove la battaglia si vince spingendo l’avversario alle ali estreme, perché essere visti come “moderati” fa vincere le elezioni ed essere visti come “estremisti” le fa perdere». A pagina 7 molto interessante l’intervista al politologo Tim Bale di Francesca Paci “Senza solide alleanze si ritornerà a votare”. «Il professor Tim Bale, politologo dell’Università del Sussex e autore del saggio «The Conservative Party from Thatcher to Cameron», ha studiato proiezioni e dati fino all’alba. Per uno dei massimi esperti di storia Tory, lo scenario è interessante per definire il partito ancora alla ricerca dell’identità post-thatcheriana». La domanda più importante è la prima «Che cosa deve aspettarsi oggi il Regno Unito? I Tory vincono ma restano al di sotto dei 326 seggi necessari per governare da soli. Se stamattina con gli ultimissimi spogli dovessero ottenerne più di 310, credo che faranno a meno dei Libdem e tenteranno un governo di minoranza con l’appoggio degli unionisti irlandesi. In questo caso torneremo alle urne molto presto, perché gli unionisti chiederanno in cambio un trattamento speciale che Cameron non potrà concedere, a meno d’inimicarsi scozzesi e gallesi. L’alternativa è un accordo con i Libdem, indispensabile se i Tory prendono meno di 310 seggi, ma comunque insufficiente a garantirci un governo che duri 5 anni». L’ultima spiazza «La campagna elettorale è stata emozionante. La prestazione del vincitore, Dave Cameron, un po’ meno. E’ d’accordo? I Tory vincono per sbaglio, il loro successo non ha nulla a che vedere con la volata di Blair nel ’97. Il problema però è il partito, non David Cameron. In 4 anni Cameron ha fatto miracoli. Nel 2005 i conservatori erano morti, lui ha dato loro un volto nuovo e un centinaio di parlamentari in più in Parlamento».

E inoltre sui giornali di oggi:

MAFIA
LA REPUBBLICA – Inchiesta sull’attentato a Giovanni Falcone ad Addaura. Era il 21 giugno 1989 e la criminalità tentò di eliminare il giudice. Ora un’indagine ha spiegato meglio la dinamica dell’attentato e svela una possibilità: che vi siano stati dei mandanti di Stato. Secondo Piero Grasso, procuratore antimafia, «Falcone, certamente il nemico numero uno di cosa nostra, era un personaggio inviso dall’organizzazione mafiosa ma anche al potere in senso lato». 

SCLEROSI
CORRIERE DELLA SERA  – “Staminali anti sclerosi. Ecco le linee guida”. Scrive Mario Pappagallo: «Le Spa delle staminali sono una realtà internazionale e rischiano di bloccare la ricerca seria . E l’appello si è concretizzato in linee guida internazionali e rischiano di bloccare la ricerca seria. L’appello si è concretizzato in linee guida pubblicate ieri da Nature Reviews neurology. Un documento per delineare le basi scientifiche che il trapianto di cellule staminali ha mostrato negli studi clinici iniziali, anche sull’uomo, e le potenzialità del loro utilizzo in futuro nella sclerosi multipla».

CSR
IL SOLE 24 ORE – “La Chiesa non conquista le Pmi”: «La Fondazione  Nordest ha approfondito il tema interpellando un campione di 270 imprenditori ed il risultato  sarà al centro di un dibattito su Agire per fare il bene comune,  promosso da Ucid e Confindustria  Veneto per venerdì 5 maggio, con Emma Marcegaglia,  Giulio Tremonti e il Patriarca di Venezia  Angelo Scola. (…) I valori  portanti per gli imprenditori,  tutti abbondantemente sopra quota 90% nel sondaggio, sono la cultura, la formazione, il lavoro,  il sacrificio, la famiglia, l’impegno sociale.  La religione si ferma ad un 58% (…)  Il 61,7% del campione ritiene che la Chiesa fatichi a comprendere a fondo le difficoltà delle aziende,  il 55,7% pensa che alla base ci sia una scarsa riflessione sul valore sociale dell’impresa ed il  40,6% è convinto che le posizioni  siano troppo diverse. Il punto  di incontro sta nella domanda  di etica. In linea con la Caritas  in veritate il 95,7% giudica l’etica fondamentale per un corretto  funzionamento dell’economia  ed altissime sono le percentuali  di attenzione alla solidarietà ed  al bene comune.

SOCIALE E BORSA
AVVENIRE – L’Ucid-Unione cristiana imprenditori dirigenti compra una intera pagina pubblicitaria (molto visibile, a pagina 4) per denunciare il lancio in Borsa, per la prima volta, di una società attiva nel settore delle residenze per anziani non autosufficienti (di cui non fa il nome). Secondo l’Ucid l’accoglienza di anziani non autosufficienti non consente di trovare margini per dare dividendi agli azionisti se non depauperando il servizio offerto e la condizione stessa di non autosufficienza, eliminando la possibilità di esercitare la domanda, elimina il mercato. L’appello di UCID si conclude così: «non abbandoniamo al profitto finanziario gli anziani non autosufficienti!».

LIBERALIZZAZIONI
ITALIA OGGI – Il giornale dei professionisti dedica una pagina intera alle innovazioni introdotte dal dlgs 59/2010 che recepisce in Italia la direttiva europea sullo stop al numero chiuso per bar e ristoranti. Secondo il pezzo “Bar e ristoranti senza alcun limite” nessun comune potrà vietare nuove aperture di bar e ristoranti ma sono fissare caratteristiche e dotazioni come un certo numero di metri quadrati per i parcheggi se si decide di aprire un locale in centro.

ABUSI SU MINORI
AVVENIRE – La Cassazione ha assolto tutti, perché il fatto non sussiste, otto persone – sei maestre, un sacerdote e un bidello – accusati nel 2003 di abusi sessuali nei confronti di 23 bambini bresciani della scuola materna comunale “Sorelli”. Dopo sette anni «termina definitivamente il calvario», con la Cassazione che conferma quanto già avevano stabilito i giudici in primo grado e poi in secondo grado. Appello a comunità, media, psicologi: «le persone possono essere anche innocenti». Di spalla un box sui tanti casi di falsi abusi smascherati negli ultimi anni in Italia.

LA GRECIA E GLI ALTRI
IL MANIFESTO – «Una faccia una razza» è il titolo di apertura del MANIFESTO che riprendendo la frase tormentone del film di Salvatores va a sfondare sulla fotografa della banca di Grecia. «Atene approva il piano di sacrifici ma non si placa la rabbia e la protesta popolare. E il virus greco contagia l’Italia e il mondo: Wall Street cl brivido. Moody’s attacca la solidità delle banche italiane e Piazzaffari tracolla: -4,2%. Bankitalia e Tremonti fanno scudo, ma il ministro conferma: nel biennio 2011-2012 super-manovra da 24,8 miliardi per tenere i conti pubblici sotto controllo. Oggi a Bruxelles la firma del prestito imposto alla Grecia», tre le pagine dedicate al tema dove le prime due sono dedicate ai fatti greci, mentre la terza guarda al contagio: «L’Italia entra nel mirino». Dopo Grecia, Portogallo e Spagna, «ora sotto tiro è l’Italia: la borsa crolla del 4,27% trascinata dai titoli delle banche che secondo Moody’s non sono abbastanza solide»- Galapagos intervista l’economista Paolo Leon che ricorda una lezione del passato «indipendentemente da ogni responsabilità specifica del governo greco, la situazione ricorda quella della Germania dopo la prima guerra mondiale. Quando le riparazioni chieste dal trattato di Versailles determinarono una gravissima crisi in Germania senza produrre nessun reale sollievo alla depressione post bellica nei paesi vincitori (…) Oggi in Grecia siamo sostanzialmente nella stessa situazione, viste le richieste di austerità che vengono avanzate nei confronti della Grecia, anche se accompagnate da una notevole quantità di aiuti finanziari». 

AFRICA
IL SOLE 24 ORE – “In Nigeria è l’ora di Goodluck- Nell’agenda lotta alla corruzione, riforma elettorale e pace nel Delta”. È morto il presidente Umaru Yar’Adua, giura il suo vice che già guidava il paese da febbraio. «Goodluck Jonathan è davvero un uomo fortunato,  come suggerisce  anche il suo nome: in pochi  anni, senza essere mai stato eletto, da oscuro governatore di provincia è diventato presidente del più popoloso paese dell’Africa  e uno dei maggiori produttori mondiali di petrolio. Con la morte  avvenuta la notte scorsa, dopo una lunga malattia cardiaca, del presidente musulmano Umaru Yar’Adua, Johathan ieri ha prestato  giuramento nella residenza ufficiale di Abuja davanti ai ministri  del nuovo governo, da lui stesso nominato poche settimane fa.  In un breve discorso si è impegnato  a portare avanti la lotta alla corruzione e a battersi per una riforma elettorale e per preservare  la pace nell’area petrolifera  del Delta del Niger».

IMMIGRAZIONE
LA REPUBBLICA – “Fini: cittadinanza breve in aula a giugno”. Il presidente della Camera vuole discutere la proposta entro giugno: la conferenza dei capigruppo l’ha calendarizzata (Fini lo ha annunciato dall’Albania). «È evidente che sul tema della cittadinanza si dovranno pronunciare il partito e i gruppi» sottolinea Cicchitto, mentre per Gasparri, «resta valido il principio dello jus sanguinis». In appoggio un pezzo sul Dossier Ismu sull’eventuale orientamento politico dei migranti. Molto desiderosi di votare i filippini, seguiti da romeni, marocchini e senegalesi; più disattenti i cinesi. In gran parte gli extracomunitari voterebbero a sinistra, a destra invece guardano i romeni…

SHIRIN EBADI
IL GIORNALE – Intervista al Premio per la Pace che racconta come il governo iraniano le abbia sequestrato tutto. E ora i leader propongono un patto: silenzio e gli saranno restituiti i beni. Lei non ci sta.  Fra le risposte: «Non entrerò in politica, difendo solo i diritti umani». Sul nucleare: «il mio paese non dovrebbe puntare sul nucleare» su internet: «Internet ci ha aiutato» .

BRASILE
IL SOLE 24 ORE – “Rio prova a bonificare le favelas- Una forza di 3mila militari stanziali nelle baraccopoli per estirpare il narcotraffico”. Roberto Da Rin entra alla Rocinha, lo slum più violento della metropoli brasiliana: «In quest’orgia di degrado e vitalità approderà entro breve la polizia pacificatrice (Upp), una forza militare di 3mila uomini il cui compito è trasformare le favelas  in periferie degne, luoghi da cui è stato estirpato il cancro del narcotraffico. Una sorta di Caschi  blu. Forze stanziali mirate a ristabilire l’ordine e ricreare la fiducia  nelle comunità disintegrate,  poliziotti ben pagati che contrastino davvero il traffico di droga  e armi. Il progetto è diviso in due fasi: la prima consiste in un’occupazione pacifica. La seconda  prevede l’ingresso dello stato in favela, con un’offerta di servizi sanitari e scolastici in territori  finora considerati off limits». 
 
PORTOGALLO
ITALIA OGGI – “Portoghesi in fuga dal paese”. Secondo i dati dell’Osservatorio delle migrazioni di Lisbona, ogni anno mediamente  tra 70 e 75 mila portoghesi abbandonano il loro paese. E molti di loro sono cervelli che non riescono a trovare un impiego a loro misura. Il sogno portoghese alimentato dall’expo tenutosi a Lisbona nel 1998 è finito. La disoccupazione che oggi è all’11 % e il sottoimpiego sono in aumento.  E dove vanno i portoghesi? Oltre ad altri paesi EU, le altre mete sono Brasile, Canada, Australia, Singapore ma soprattutto Angola. «L’ex colonia che, dopo quasi 30 anni di guerra civile, ora conosce una crescita economica media dell’18%. Circa 100 mila portoghesi vi risiedono. Lì le ricchezze abbondano: miniere di diamanti e oro. Eccolo lì, il nuovo Eldorado.

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