Formazione
Cambiare la scuola? Una legge non basta, servono insegnanti coraggiosi
L’organico del potenziamento? Vuoi fare una sacher, ti mandano gli ingredienti per una charlotte alle fragole. Con la prof Paola Lisimberti, di Ostuni, continuiamo il viaggio nella Buona Scuola: «La 107 a leggerla fa respirare un’aria di futuro, che resta sulla carta».
Legge o non legge, lavorare in rete è “il” cambiamento, per eccellenza a cui sono chiamati gli insegnanti in questo momento storico. «Il fatto è che gli insegnanti non ci sono abituati per nulla, forse è il passaggio più lento e difficile. Le resistenze sono molto forti, perché tanti colleghi hanno un’idea di autonomia intesa come solitudine. Ma in classe se sei solo, genio o innovatore che tu sia, non ottieni gli stessi risultati. L’aula non è la cella di un monastero»: così Paola Lisimberti, da 22 docente di italiano e latino, che all’insegnamento affianca da anni altri ruoli nella scuola, da formatore per l’introduzione del registro elettronico a progettista per i finanziamenti PON FSE e FESR. Dal 1999 insegna al Liceo Scientifico “Pepe” di Ostuni, di cui è anche animatore digitale.
Chi è oggi il buon insegnante?
Il buon insegnante, in questo momento storico, è quello che sa mettersi in discussione ed è in grado di cambiare la sua prospettiva. Io ho fiducia: gli insegnanti hanno dimostrato di essere i lavoratori più capaci da questo punto di vista. In tutti i miei anni di insegnamento ho sempre visto venire fuori questa dote: gli insegnanti si sono più volte pazientemente rimboccati le maniche e hanno ricominciato, indipendentemente dall’età. Cosa manca? Manca il futuro. La 107, a leggerla, fa respirare un’aria di futuro che resta sulla carta. Io che ho vissuto anche gli anni dell’autonomia scolastica, non posso non constatarlo con una nota di amarezza.
Che ne pensa della nuovissima chiamata per competenze?
Non ho alcun problema ad essere valutata per le mie competenze piuttosto che per i pezzi di carta.
I dirigenti in queste settimane stanno esaminando il lavoro dei loro docenti, per attribuire il bonus di valorizzazione. Come è andato l’iter nella sua scuola?
Nella mia scuola tutto è stato fatto all’insegna della trasparenza e della condivisione, ma devo sottolineare che il coinvolgimento degli studenti e delle famiglie resta ancora marginale mentre a mio parer nella valorizzazione del merito il ruolo dell’utenza deve essere fondamentale. Se gli strumenti che usiamo parlano la lingua della burocrazia o, peggio, il “didattichese”, come fanno un genitore o uno studente a dare un contributo, a esprimere un punto di vista?
Aver introdotto concetti come premialità e merito fra gli insegnanti sta aiutando a creare una diversa valutazione sociale del loro ruolo?
No, sta alimentando la deriva dei rapporti tra i colleghi. Bisogna immaginarsi una classe dove fino ad ora, indipendentemente dall’impegno, tutti abbiano preso lo stesso voto, senza differenze. Anni e anni di finanziamenti a pioggia uguali per tutti, divisi in parti rigorosamente uguali, hanno alimentato una visione distorta del concetto di uguaglianza, che, declinato sul docente, non ha motivo di essere: nessun docente insegna come un altro, siamo tutti diversi! Questa diversità va valorizzata, riconosciuta, condivisa nel gruppo, invece che scatenare la “caccia all’untore” ogni volta che qualcuno esce dagli schemi. Il problema resta l’autoreferenzialità, che si alimenta di una visione distorta dell’autonomia didattica.
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Le famiglie da una riforma della scuola si aspettano innanzitutto che essa alzi la qualità dell'insegnamento e della didattica: la Buona Scuola e le sue azioni aiutano in questo senso?
La 107 è una legge dello Stato, ma per il cambiamento non basta, soprattutto nella scuola, dove il potere della burocrazia è fortissimo. Ci vuole più coraggio, che tradotto significa “ci vogliono uomini e donne coraggiosi”. Le famiglie si aspettano tanto dalla scuola, da ognuno di noi, perché la scuola ai loro occhi siamo noi. Quando viene manifestata un’esigenza, io docente non rispondo recitando articoli di legge, devo alle famiglie ascolto e risposte. Tutto il concerto mediatico che ha accompagnato le fasi dell’approvazione della legge non ha contribuito a chiarire alle famiglie in quale direzione sta andando la scuola italiana: temo che siano rimasti impressi solo gli slogan. Bisognerà lavorare molto in questa direzione in futuro.
Vediamo nel dettaglio le maggiori novità della legge 107. Tutti i docenti hanno avuto 500 euro per l'aggiornamento: come sono stati spesi?
Libri, tablet, teatro, aggiornamento. Noto il proliferare di offerte di corsi di formazione che, con poche ore di impegno e una spesa pari al bonus, promettono di trasformare il docente in educatore competente. Mi disgusta soprattutto leggere frasi del tipo “corsi BES” e “corsi DSA”, che, a parte la forma italiana, fanno pensare ad un ipermercato… quando chi lavora sa quanto sia delicato e difficile affrontare un bisogno educativo o un disturbo dell’apprendimento. È una cosa che non si impara in un corso di 8 ore, in quel tempo al massimo si può leggere la normativa.
Ogni scuola ora ha un animatore digitale, con un suo team. È servito?
Sono Animatore Digitale del mio Istituto, tutto sommato è stata una nomina naturale, lo ero già. In questo momento però, nonostante l’affiancamento di un team di docenti e ATA, è necessario istituzionalizzare questa figura, cioè rinnovare i contratti e assegnare all’Animatore Digitale il suo ruolo all’interno della comunità scolastica. In questa prima fase abbiamo seguito la formazione, ma per essere operativi realmente dal prossimo anno scolastico bisognerà chiarire in maniera seria compiti, funzioni e retribuzione (oppure prevedere un semiesonero).
Invece l’organico del potenziamento? Quanti colleghi sono arrivati? Erano coerenti rispetto ai bisogni e ai progetti del POF?
Nell'anno scolastico 2015/16 sono arrivati nel mio istituto (liceo classico e scientifico) 6 docenti di potenziamento, utilizzati per le supplenze e lo sviluppo di progettualità. Le classi di concorso dei docenti non erano coerenti con le richieste del POF annuale, come l’organico di potenziamento assegnato per l’anno scolastico entrante, il 2016/2017, non è coerente con il PTOF triennale. Mi si consenta una metafora: se un pasticciere dovesse preparare una torta sacher e si vedesse consegnare gli ingredienti per una charlotte alle fragole, come reagirebbe? Il PTOF, piano triennale dell’offerta formativa, viene di fatto disatteso. Le scuole hanno cominciato un percorso di valutazione molto serio con il RAV (Rapporto di autovalutazione) e di miglioramento con la stesura del PDM (Piano di Miglioramento): tutto questo lavoro confluisce nel PTOF triennale e si traduce nella richiesta di un organico di potenziamento coerente con gli obiettivi. Per come stanno le cose, questa sequenza, probabilmente, va invertita: prima si assegna l’organico di potenziamento, poi si progetta. La scuola andrà in una direzione diversa? Who cares? Una torta si potrà comunque impastare. La difficoltà che si incontra nelle scuole è molto seria: ferma restando la buona volontà di tutti a costruire percorsi che abbiano ricadute positive per gli studenti, le scuole in questi anni hanno fatto investimenti significativi per crescere. Per esempio, il mio Liceo ha investito nella robotica e nelle certificazioni Cambridge IGCSE, con il pieno consenso e appoggio delle famiglie, sperando di ottenere nell’organico di potenziamento quelle competenze necessarie a proseguire. Sono a rischio gli investimenti fatti, e su questo mi aspetterei più attenzione.
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