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Cambia l’assistenza, con Onlus e fondazioni sociali in prima linea

Ogni tre anni un piano nazionale degli interventi.Sostegno alle famiglie deboli e prestiti d'onore e istituzione di un ufficio di tutela sociale

di Redazione

Camera: è stata presentato dalla Commissione Affari sociali il testo unificato di diversi progetti di legge che ha per oggetto la riforma dell’assistenza. Si tratta della “Legge-quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”. Relatore per la maggioranza del Ddl è stata Elsa Signorino. Questo testo unico di riforma è il risultato di ben sedici proposte di legge, tra cui una di iniziativa del governo Prodi presentato nel maggio dello scorso anno. Vuole essere uno dei tasselli essenziali dell’innovazione dell’attuale sistema di welfare. È la proposta di riforma dell’assistenza che va a ridisegnare gli interventi e i servizi sociali. Nei trenta articoli del disegno di legge si punta alla realizzazione di un sistema integrato e di una rete di servizi per garantire pari opportunità e ridurre le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e famigliare che possono derivare da redditi inadeguati o da difficoltà sociali e condizioni di non autonomia. Nei principi generali segnalati nell’articolo 1, si sottolinea che: “la programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, compete agli Enti locali, alle Regioni e allo Stato”. Questo in base ai principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, fino all’autonomia organizzativa e regolamentare degli Enti locali. Nero su bianco è prescritto che viene promosso e riconosciuto “il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale (le Onlus) e degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato” che concorrono alla programmazione, all’organizzazione e alla gestione dell’intero sistema (Art. 1, comma 4). Sul ruolo del Terzo settore è tutto l’articolo 5. Al primo comma si legge che: “per favorire l’attuazione del principio di sussidiarietà gli Enti locali, le Regioni e lo Stato promuovono azioni per il sostegno e la qualificazione dei soggetti operanti nel Terzo settore anche attraverso politiche formative ed interventi per l’accesso agevolato al credito e ai fondi dell’Unione europea”. Viene inoltre riconosciuta ai soggetti del Terzo settore la “piena espressione della propria progettualità” soprattutto in fase di affidamento dei servizi attraverso forme trasparenti con verifiche che tengano conto della qualità e delle caratteristiche delle prestazioni offerte e della qualificazione del personale. Le Regioni in particolare sono chiamate a regolamentare i rapporti tra Enti locali e Terzo settore. Lo Stato ogni tre anni deve presentare un piano nazionale degli interventi nel quale verranno stabilite le caratteristiche e i requisiti delle prestazioni sociali, le priorità di intervento attraverso progetti-obiettivo, gli indicatori e i parametri di verifica e altri indirizzi (art 18, comma 1- 3). Il primo piano nazionale verrà adottato entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge di riforma. Una rivoluzione del settore riguarda le Ipab (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza). In materia il governo è delegato a emanare (entro 180 giorni) un decreto legislativo per una nuova disciplina delle Ipab (il testo principale risale al 1890) con le seguenti modificazioni. Per le Ipab si prevede il cambiamento della forma giuridica, ma anche la trasformazione in associazioni o in fondazioni di diritto privato. Si prevede anche lo scioglimento dei quelle Ipab che risultino inattive, in campo sociale, da almeno due anni. Tra le novità inserite nel testo di riforma: la determinazione di nuove professioni sociali, la pubblicazione di una Carta dei servizi sociali. Al centro della riforma anche la famiglia (art. 16) attraverso la valorizzazione e il sostegno del ruolo che le famiglie, o le associazioni di famiglie, svolgono per la cura della persona. Si prevede per questo l’erogazione di assegni di cura e altri interventi a sostegno di maternità e paternità responsabili. Inoltre, prestiti d’onore per i nuclei monoparentali o le coppie giovani con figli, per le famiglie con a carico soggetti non autosufficienti. In questo campo un ruolo forte spetta ai Comuni, che possono prevedere agevolazioni fiscali e tariffarie (anche riduzioni dell’aliquota Ici). Viene prevista l’istituzione dell’Ufficio pubblico di tutela sociale, la nomina del responsabile viene disciplinata da una legge regionale. Infine, la riforma prevede l’istituzione di una Commissione di indagine sulla esclusione sociale.


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