Mondo
Calpers, il cane che abbaia ma che non morde
Ha 200 miliardi di dollari di gestito. Nelle ultime settimane è sceso in campo per chiedere trasparenza a tre colossi di cui è azionista. Tra gli altri anche Coca Cola.
Stavolta il ?cane? ha abbaiato. Ma, come si suol dire, “can che abbaia non morde”. Cosa concludere, quindi? Forse, che era meglio che anche in questa circostanza se ne stesse zitto? Sembrerebbe un gioco di parole, invece è una descrizione piuttosto fedele delle dinamiche di questi giorni del fondo pensione americano Calpers. Il fondo pensione dei dipendenti pubblici della California, il più grande al mondo (quasi 200 miliardi di dollari di asset gestiti), salito nei giorni scorsi agli onori delle cronache finanziarie internazionali per via della decisione di volersi opporre alla riconferma dei vertici di gruppi blasonati come Citigroup (Simon Weill e Charles Prince), Coca Cola (tutti e 16 i consiglieri di amministrazione, compreso il famoso miliardario Warren Buffet), Morgan Stanley (Steven Burd).
Il motivo? Voler condurre una lotta senza quartiere (attraverso quella che tecnicamente si definisce attività di engagement, azionariato attivo) a favore di una maggior trasparenza e indipendenza dei consigli di amministrazione. Diciamo subito che il tentativo non è andato a buon fine. Per esempio Simon Weill e l?intero cda di Citigroup è stato riconfermato con ben il 94% dei voti dell?assemblea degli azionisti così come è stata riconfermata, con addirittura il 97% dei voti, la scelta di Kpmg come revisore indipendente, anche alla quale Calpers si era opposto. Ma, al di là degli esiti finora poco brillanti raggiunti da Calpers, la domanda che molti osservatori si pongono è la seguente: perché tanto attivismo anche quando è piuttosto evidente che non darà i suoi frutti?
La risposta a un simile quesito è duplice. La prima è di questo tipo: indipendentemente dai risultati concreti che si riescono a ottenere, spiegano alcuni analisti, si consegue un importante risultato in termini di ?risveglio delle coscienze?, si fa opera di moral suasion, si pongono all?attenzione dell?opinione pubblica questioni che altrimenti rimarrebbero nelle chiuse stanze dei bottoni.
Vi è però anche una seconda risposta al suddetto interrogativo, forse un po? maliziosa, ma sicuramente verosimile. Che trae origine proprio da un cane, o meglio da un titolo del New York Times di quasi tre anni fa che lo richiamava, definendo il fondo Calpers “il cane che non ha abbaiato”. A chi non aveva abbaiato il grande fondo pensione? A Enron. Sì, proprio alla madre di tutti gli scandali finanziari, all?ex colosso texano dell?energia di cui pure deteneva in portafoglio azioni per centinaia di milioni di dollari. Non a caso, la decisione assunta qualche mese dopo di disinvestire da alcuni Paesi asiatici (dove oggi sembrerebbe intenzionato a tornare) per via del mancato rispetto dei diritti umani (questa la motivazione ufficiale), fu interpretata non da pochi come un escamotage per distogliere l?attenzione dell?opinione pubblica da quella vistosa e imperdonabile omissione.
Indipendentemente dall?una o dall?altra ragione, rimane il fatto che anche in questa primavera, in occasione della stagione delle assemblee societarie, stiamo assistendo a un ?risveglio? dei fondi, (siano essi pensione o di investimento, poco importa). Basti pensare, per rimanere a casa nostra, al fondo pensione britannico Hermes (66 miliardi di euro di asset gestiti), azionista (tramite il fondo Hfame) con il 2% della Banca popolare di Milano, che si oppone alla fusione per incorporazione con Carinord che porterà la Fondazione Cassa di risparmio di Alessandria a detenere il 7% della Bpm, perché così, sostiene Hermes, violerebbe il limite imposto agli azionisti delle popolari di non poter detenere più dello 0,5% del capitale. Oppure, al caso dei fondi di investimento azionisti di Telecom che invece plaudono alla scelta di Tronchetti Provera di avere in cda 10 consiglieri indipendenti su 19. è il solito risveglio stagionale oppure è in corso un cambiamento di vasta portata?
Lo scorso anno, di questi tempi, ponemmo una domanda simile al professor Claudio Dematté il quale, con la lungimiranza che lo contraddistingueva, così rispose: “Mi piacerebbe rispondere affermativamente (relativamente alla seconda opzione, ndr), ma vedo in giro un po? troppo cinismo, un po? troppa improvvisazione. Per questo sono leggermente pessimista, ma mi auguro, naturalmente, di sbagliarmi”.
Ecco perché rimane il dubbio se il cane stavolta abbia fatto bene ad abbaiare.
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