Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Il caso

Calcio e scommesse, l’azzardo dell’Inter

I promotori della campagna “Mettiamoci in gioco” esprimono profonda preoccupazione in merito alla sponsorizzazione dell’Inter da parte della Betsson Sport, nuovo official main partner dei campioni d'Italia

di Redazione

Ipromotori della campagna “Mettiamoci in gioco” esprimono profonda preoccupazione in merito alla sponsorizzazione dei campioni d’Italia dell’Inter da parte della Betsson Sport, nuovo official main partner della formazione che milita nel massimo campionato di calcio italiano. I nerazzurri, infatti, a partire dalla prossima stagione agonistica avranno un nuovo sponsor sulle maglie che richiama direttamente il mondo del gioco d’azzardo. Betsson Sport è ufficialmente un sito di infotainment, ma fa parte della nota galassia Betsson Group, una società di gioco d’azzardo che opera da decenni in oltre 20 Paesi distribuiti in tre continenti.

«Va ricordato che l’articolo 9 del decreto legge 87/2018 – convertito dalla legge 96/2018 (cd. Decreto Dignità) – ha introdotto nel nostro ordinamento il divieto di realizzare pubblicità, anche indiretta, comunque effettuata e su qualunque mezzo, relativa al gioco d’azzardo», si legge in una nota diffusa oggi da “Mettiamoci in gioco”. «Nell’aprile del 2019, all’approssimarsi dell’applicazione del divieto, l’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom) aveva emanato le linee guida sulle modalità attuative del divieto di pubblicità di giochi e scommesse, che già all’epoca avevano suscitato perplessità fra le associazioni che aderiscono alla campagna “Mettiamoci in gioco”, che da oltre un decennio si battono per limitare la diffusione del disturbo da gioco d’azzardo, una dipendenza che secondo l’Istituto superiore di Sanità coinvolge in Italia oltre un milione di persone, tra cui recentemente sono emersi anche importanti giocatori della massima serie calcistica. Le linee guida, infatti, consentivano una serie di “deroghe” al divieto, come i cosiddetti “spazi quote”, le rubriche ospitate dai programmi televisivi o web sportivi che indicano le quote offerte dai bookmaker, considerate “informazione” e non pubblicità. Sulla scia di questa deroga, sono nati decine di siti di infotainment che non pubblicano contenuti sulle scommesse ma le richiamano palesemente».

«Adesso è caduto l’ultimo tabù: il nome di un’azienda di gioco d’azzardo campeggerà sulle maglie di quella che è oggi la prima squadra d’Italia», prosegue la nota. «Ed è facile ipotizzare che non sarà l’unica, dato il via libera informale comunicato dall’Agcom alcune settimane fa. Si tratta di un gravissimo passo indietro nel contrasto alla diffusione del disturbo da gioco d’azzardo, che colpisce migliaia di famiglie nel nostro Paese attraverso il sovraindebitamento, l’usura e lo sgretolarsi di rapporti familiari e sociali. Un passo indietro che giunge a pochi mesi dalla diffusione dei dati non ancora ufficiali sui consumi d’azzardo registrati nel 2023 in Italia – 150 miliardi di euro di giocate stimati nell’anno solare – e che precede il completarsi dell’attesa legge delega di riordino del settore, in cui la pubblicità del gioco d’azzardo viene richiamata non come elemento nocivo, ma – si legge nella relazione illustrativa collegata – come “funzionale alla diffusione del gioco sicuro e responsabile”. Vale la pena ricordare che non esiste alcuno studio o analisi indipendente che dimostri l’assunto secondo cui il divieto di pubblicità – o la limitazione del gioco d’azzardo inseguita da Regioni ed enti locali attraverso leggi regionali e regolamenti – abbia favorito il gioco illegale. Esistono invece decine di inchieste e rapporti investigativi che denunciano da anni l’infiltrazione criminale e mafiosa nel comparto legale a scopo di riciclaggio».

«È inoltre importante sottolineare come in Inghilterra, la Premier League, il campionato di calcio più seguito, va nella direzione completamente opposta a quella italiana decidendo di rimuovere le sponsorizzazioni di compagnie di scommesse come sponsor principale della maglia di gioco», conclude la nota. «Consentire l’aggiramento o arrivare all’abrogazione di una normativa seguendo slogan che non trovano riscontro nella realtà dei fatti, significa inasprire le gravi ricadute negative dell’abuso da azzardo che osserviamo ogni giorno, in tutto il Paese».

La squadra dell’Inter a San Siro (Photo Spada/LaPresse)

Credit: foto di Konstantin Evdokimov su Unsplash


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA