Immigrazione
Calabria, l’emergenza infinita di Rosarno
La Piana di Gioia Tauro è nuovamente una polveriera pronta ad esplodere. «Negli ultimi anni la tendopoli di San Ferdinando ha vissuto una condizione di totale isolamento» racconta Mauro Destefano di Emergency. «All’interno delle tende vivono persone con regolari permessi di soggiorno. È ancora più paradossale, dunque, che non si riesca a garantire le condizioni minime della dignità umana»
Rosarno, 15 anni dopo. Nella tendopoli di San Ferdinando nulla è cambiato, anzi le condizioni complessive di vita e di salute dei braccianti sono peggiorate. «Il clima di tensione sociale sta raggiungendo un livello sempre più critico»: è la denuncia che arriva da alcune associazioni nazionali e locali che nei giorni scorsi hanno interessato anche la Prefettura di Reggio Calabria per individuare una soluzione all’aggravarsi delle condizioni di vita all’interno della tendopoli.
Le organizzazioni firmatarie sono Emergency, Afro World, Associazione Chico Mendes, Associazione Coopisa – Cooperazione in Sanità, Associazione Piccola Opera Papa Giovanni Onlus, Caritas San Ferdinando Re, Chiesa Evangelica Valdese, Medici del Mondo, Medu – Medici per i Diritti Umani, Mediterranean Hope / Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Reggio Non Tace, SOS Rosarno e USB Calabria.
«Negli ultimi anni la tendopoli di San Ferdinando ha vissuto una condizione di totale isolamento». Così commenta Mauro Destefano, mediatore culturale di coordinatore del Progetto Calabria di Emergency che racconta: «La terza tendopoli è nata nel 2017 ma da allora, già intorno al 2021, è stata di fatto abbandonata». Appena nata, infatti, la tendopoli era presidiata dagli enti gestori, dalle forze dell’ordine, dai vigili del fuoco; oggi non è rimasto nessuno. In compenso, in questo momento, all’interno delle tende vivono oltre 500 persone, arrivate proprio nelle settimane scorse per la raccolta delle arance. «All’interno delle tende – spiega Destefano – vivono persone con regolari permessi di soggiorno. È ancora più paradossale, dunque, che non si riesca a garantire le condizioni minime della dignità umana». Oggi all’interno della tendopoli di San Ferdinando «non vivono più persone migranti, non possiamo più definirle così. Sono lavoratori a tutti gli effetti che qui tornano per le stagioni e che qui sono anche invecchiate».
La maggiore emergenza oggi è quella che riguarda la salute delle persone. «In condizioni sociosanitarie così precarie, – spiegano le organizzazioni – all’interno della tendopoli di San Ferdinando non di rado le persone più fragili iniziano ad abusare di sostanze stupefacenti come alcol, droghe e psicofarmaci, con conseguenze gravi, oltre che per la salute, anche per gli equilibri di vita all’interno dell’insediamento informale: molte di queste persone vengono infatti allontanate dalla tendopoli e si ritrovano a vagare nelle città circostanti».
«Dal punto di vista sanitario – spiega Destefano – occorrono interventi mirati. Per trattare le dipendenze, ad esempio, noi cerchiamo di agganciare le persone per curarle, ma occorre mettere a punto una strategia condivisa. Sulla salute delle persone incidono poi i determinanti sociali, tra questi l’abitare e il lavoro. Ecco perché è importante risolvere il ghetto, altrimenti sarà difficile curare efficacemente le persone. Per risolvere il ghetto occorre iniziare a ragionare fuori dagli schemi. Fino ad oggi ciclicamente si sono sempre costruiti dei campi isolati, bisogna invece adesso cambiare paradigma e immaginare ad un sistema abitativo dignitoso a cui le persone possano accedere ad un prezzo calmierato, senza quindi seguire una logica assistenzialistica. Trovo strano che in una delle regioni con il più alto tasso di emigrazione giovanile non si riescano a trovare delle soluzioni abitative adeguate».
A distanza di 15 anni dalla storica rivolta dei braccianti a Rosarno, sulla tendopoli si stanno accendendo nuovamente i riflettori e oggi la tensione sta raggiungendo nuovi livelli di allerta. Ne sono un esempio la recente aggressione avvenuta ai danni di un lavoratore bracciante dell’Ostello Dambe So, investito da un automobilista tra le strade di Rosarno e San Ferdinando. «In un contesto di precarietà e ghettizzazione dei lavoratori braccianti, – concludono le organizzazioni – abbandonati dalle istituzioni, dopo quindici anni la Piana di Gioia Tauro è nuovamente una polveriera pronta ad esplodere».
Credit foto Davide Preti/Emergency
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.