Economia

Calabria: l’atavica diffidenza che penalizza l’impresa.

Le coop non si parlano. Spesso letteralmente. E gli enti locali latitano

di Francesco Agresti

La Calabria è terra di contrasti: bella, aspra, orgogliosa, ruvida ma, soprattutto, diffidente. Ne sono la prova le risposte che otterrete (non sempre, si intende), chiamando, ad esempio, una cooperativa sociale per avere alcune informazioni. Alla prima domanda sull?anno di costituzione, l?interlocutore inizierà a chiudersi a riccio, nemmeno fosse in corso un accertamento fiscale; alla seconda, sul numero dei soci, sarete invitati a mandare un fax. Quello che in apparenza sembra un innocuo dato caratteriale ha riflessi molto più ampi su aspetti della vita sociale ed economica. La difficoltà di costituire reti, la frammentazione, l?individualismo e anche un certo disinteresse nei confronti della pubblica amministrazione, sono gli ostacoli allo sviluppo di una solida economia sociale. Le organizzazioni del non profit calabresi sono circa 5.300, il 2,4% del totale nazionale, con punte di eccellenza in provincia di Reggio Calabria, e con dati al di sotto della media regionale in quella di Cosenza. In queste due province sono concentrate gran parte delle 442 cooperative sociali calabresi (il 45% nel reggino e il 36% nella provincia cosentina). La Regione ha emanato solo qualche mese fa la legge regionale sulla cooperazione sociale che recepisce le indicazioni della 381. Il risultato aggregato dell?economia sociale calabrese è di circa 350 milioni di euro, appena lo 0,9% del totale nazionale. «In Calabria c?è una scarsa cultura dello stare insieme», conferma Gabriella Bartolomeo, responsabile settore Consulenza di Cgm che in Calabria ha avviato un lavoro di ?infrastrutturazione? delle coop sociali. «Frammentazione e difficoltà di collegamento ostacolano lo sviluppo di un tessuto sociale ed economico coeso». «E quando ente pubblico e Terzo settore lavorano insieme», prosegue la Bartolomeo, «non si tratta mai di una collaborazione, quanto di un piegarsi del secondo ai dettami del primo. Non che non siano stati fatti tentativi per sostenere lo sviluppo dell?economia sociale, come con i ?Patti sociali?, ma lo si è fatto con la logica del sostegno ?un po? a tutti?, senza orientamenti precisi». Il Piano operativo regionale 2000-2006 prevedeva la costituzione di un Centro regionale per l?economia sociale, un progetto che ha coinvolto 600 organizzazioni tra cui 400 imprese sociali. È stato perfino redatto un Documento di progettazione, pieno di belle parole, che attendono ancora di essere realizzate.


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