Formazione

Cala il Sole di Palazzo

A Chianciano i Verdi scelgono Grazia Francescato, cambiano rotta e gonfiano le vele col vento di Seattle: più movimento, più sentimento, più politica partecipata.

di Walter Mariotti

Una massa critica, da stadio, in bilico precario tra hard rock e curva sud. Una massa d?energia scandagliata dai metal detector che non rinuncia però a minacciare il limite dello scatto, l?argine dell?intervento, il crinale del gesto e dell?azione. Specialmente quando è l?elicottero governativo ad atterrare, quando il cappotto d?ordinanza di Massimo D?Alema scende dalla scaletta, viene accerchiato da un nugolo di poliziotti armati e scortato fin sotto al tendone sopra al palco. Proprio lì, tra due bambini dalle problematiche magliette – «Perché la mucca diventa pazza?» e «Mia sorella sarà un clone?» – dove la maschera tirata da presidente del consiglio in visita ufficiale finalmente si scioglie, prendendo a parlare a braccio «nello spirito di quest?assemblea molto poco formale».
E D?Alema questa volta ha perfettamente ragione. La kermesse verde di Chianciano sarà davvero poco formale. La freschezza, la limpidezza, le lacrime vere evocate da Grazia Francescato non concederanno nulla alle liturgie congressuali di partito, al politichese ortodosso, alla politique politicienne cara alla memoria delle segreterie ingorde, dei corridoi transatlantici, delle cene in quota e in percentuale. Sì, D?Alema ha proprio ragione. In compenso però queste settantadue ore toscane saranno molto, molto sostanziali: un passaggio delle acque letterale quello di Chianciano, nuova linea del Piave da cui le anime belle – in verità la maggior parte dei cinquemila congressisti giunti da ogni parte d?Italia – riporteranno a casa un fegato sano mentre le altre – quelle un po? meno belle – torneranno senza fegato. Mangiato a bocconi prima di arrivare allo svincolo autostradale di Chiusi.
A riportarlo sanissimo sarà il gruppo che fin dall?inizio ha sostenuto il nuovo presidente, quel rinato arcipelago verde che dalla Campania dei Pecoraro Scanio giunge al Triveneto dei fratelli Boato passando per il centro dei Lion, dei Boco, dei Franci, dei Rocchi e dei Procacci. Marines dell?agricoltura biologica, militanti della raccolta differenziata, profeti delle battaglie contro la manipolazione genetica e la World Trade Organization ben prima dell?epopea di Seattle, sono i fautori di un ritorno allo spirito della terra, di una politica che abbandoni definitivamente le mozioni programmatiche e riscopra invece il valore delle emozioni umane. Sarà il preferito dagli ambientalisti di base, dai verdi duri e puri che all?ingresso comprano la rivista Gaia e la consumano freneticamente, ossessivamente, arsi dalla voglia più di fare che di sognare. «Oggi ho venduto ottocento copie e ho fatto trenta abbonamenti», dice il direttore felicemente esausto, «perché la gente vuole questo: cose concrete, capire i pericoli dell?elettromagnetismo, le incognite della clonazione, i rischi della produzione globale».
Porterà a casa un fegato sanissimo anche il gruppo che cresciuto attorno a Paolo Cento, quello della cultura operaista che prova simpatia per Rifondazione comunista e per una parte dei centri sociali. Una galassia rosso verde, che dopo aver abbandonato le teorie politiche tradizionali, le retoriche usurate di cui a lungo è stata ostaggio deciderà di riportare al centro dell?azione politica non i rapporti tra i partiti, i balletti dei nomi e dei veti, delle richieste e dei prezzi ma l?energia movimentista, i concetti ecologici, la lotta per il riconoscimento delle differenze e delle pari dignità a tutti gli abitanti del pianeta: agli uomini come alle donne, agli animali come alle piante. Una nebulosa determinante per far passare l?articolo più rivoluzionario del programma di Chianciano, il rifiuto della guerra e della sua preparazione, la scelta di una non violenza assoluta. Che nel caso di un intervento come quello in Serbia farebbe uscire automaticamente i Verdi dal governo. «E se invece Cacciari vuole fare il Mose mandiamo a quel paese anche Cacciari».
Gli elettori di Cento però saranno determinanti anche per un?altra ragione, per aver messo fuori gioco l?ala partitico-organica dei Verdi, quella che li aveva triturati a Montecatini e che con le dimissioni del suo simbolo Luigi Manconi nell?assemblea straordinaria di Roma, a luglio, credeva di aver gettato un?ipoteca inestinguibile sul congresso toscano. L?ala dei Corleone, dei Cortiana, dei Paissan, il gruppo liberal, antipribizionista e sociale in senso stretto che aveva forzato per passare dal voto dei delegati al voto degli iscritti, pensando così, grazie all?intervento delle truppe cammellate solitamente controllabili, di espugnare il congresso manu militari. Chianciano però non è Roma e i votanti dei centri sociali dimostreranno di cominciare a preferire rappresentanti reali, come Cento, a quelli simbolici, come appunto Manconi.
Non sarà l?unico gruppo a mangiarsi il fegato. Ce ne sarà un altro, quello dei legambientini sopravvissuti alla Scalia, ai Mattioli, agli Hermani, ai Crippa. Quello che una volta annoverava fra le sue file lo splendido Rutelli e che nel congresso si eclisserà – un po? come il sindaco di Roma – in un vasto cono d?ombra, nell?anonima zona grigia che non gli permetterà di eleggere nemmeno un rappresentante nella presidenza. «Ci siamo ripresi il diritto di fare vera politica», sarà il lapidario commento dei vincitori «non di continuare a parlare di politica credendo di farla».

Grazia Francescato: «Vi racconto perché ho vinto il gioco dell?Opa»

Pasionaria ambientalista? Cantrice dei giorni delle balene e delle notti di Seattle? Missionaria dell?ecosistema in crociata nell?egosistema? Anima bella, bella senz?anima o Panda nel Palazzo? Una cosa è certa: ?Vita? lo saprà da lei, dalla nuova presidente dei Verdi.
«Non sono una Madonna pellegrina», ha detto. È una Madonna regina? La Francescato ride come il sole del simbolo: «No, nemmeno quella».E allora ci dica chi è, Grazia Francescato, perché a Chianciano era troppo impegnata a parlare, a stringere mani, a sorridere urbi et orbi. La risposta è secca: «Sono una persona, che vuol fare un percorso con altre persone». Obiettiamo, ma dai giornali non è apparso. «Lasci stare. Sono indignatissima con i giornalisti, che avranno anche delle necessità, ma spesso compiono azioni ignobili». Grazie. Grazia Francescato non ride, anzi è seccata, esattamente quanto lo può essere una donna vivace come lei: «Questa volta a distinguersi sono stati il Corriere della Sera e Repubblica». Obiettiamo: sembra di ascoltare D?Alema, testate a parte. «Lei che è venuto sa che il congresso non è stato quello dei giornali. Eppure Corriere e Repubblica, il giorno dopo hanno parlato solo, solo sottolineo, dei referendum. Un tema che avrà occupato sì e no il cinque per cento». Perché? «Perché se non c?è polemica la creano, se non c?è scontro lo fanno. Per loro stessi, per i loro giochi. E se non stai al gioco ti puniscono».
Non è stata una vendetta dei manconiani messi ai margini del nuovo partito? «Non credo. È piuttosto la logica dei giornaloni. La critica va benissimo, è sacrosanta: ma le bugie no. Me l?ha detto anche Paissan e, per confortarmi, mi ha chiamata addirittura Minniti». Addirittura? «Sì. ma noi abbiamo avuto centocinquantamila contatti Internet. E di quelli siamo forti, altro che delle menate dei giornaloni».
Il non profit però non è una menata. Eppure non mi pare di averlo sentito nei vostri discorsi. «Guardi che quello è il mondo da cui provengo: il volontariato, l?ascolto, la condivisione, la solidarietà. Un mondo cruciale per il futuro dei Verdi. Quando ho parlato di empowerment mi riferivo a questo». Si, ma nel concreto che farà? «Il Terzo settore è la parte migliore della società civile …». Non ho più spazio. Mi dica cosa farà non a parole. «Farò reti di alleanze, svilupperò patti di solidarietà tra soggetti diversi della società civile con obiettivi analoghi». Ma se avete litigato anche sull?elezione di Berarducci tra i sette dell?esecutivo, a cui alcuni rimproveravano legami con la Compagnia delle Opere… «C?è chi lo ha fatto notare. Ma allora lo stesso si potrebbe dire di chi è legato ai centri sociali. La verità è che a Chianciano noi abbiamo lanciato alla società civile un?Opa, e quando si fa un?Opa non si arriccia il naso di fronte a nessuno, anzi, ci si mette subito al lavoro».

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